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Com’è andato il primo giorno di medicina senza test alla Bicocca di Milano: “Oltre 1000 studenti in più in un anno”

Al via le lezioni senza test d’ingresso. Dai 162 studenti di Medicina dell’anno scorso alla Bicocca di Milano, ieri erano più di 1200: “Abbiamo lavorato tutta l’estate. Siamo riusciti a garantire didattica in presenza a tutti coloro che lo hanno chiesto, che sono oltre mille persone”, ha detto a Fanpage.it Giuseppe Carrà, direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca.
A cura di Vittoria Brighenti
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Bicocca
Il primo giorno alla Facoltà di Medicina dell’Università Bicocca (Fonte: Università Bicocca)

È iniziato ieri il semestre senza numero chiuso nelle facoltà di medicina delle università pubbliche. In questi mesi, gli studenti italiani frequenteranno tre corsi: chimica e propedeutica biochimica, fisica e biologia. Al termine ci saranno due sessioni di esame: una il 20 novembre e una il 10 dicembre. In base agli esiti di questi tre esami si andrà a comporre una graduatoria nazionale dove, a seconda della posizione, lo studente avrà la possibilità di scegliere la sede dove proseguire per i successivi cinque anni e mezzo il corso di laurea in Medicina e Biologia.

Per l'università Milano-Bicocca, passare da accogliere 162 studenti di medicina (l'anno scorso) a più di 1.200 non è stato sforzo da poco: "Investiamo costantemente in infrastrutture moderne e tecnologiche, per offrire agli studenti spazi di studio, laboratori all'avanguardia e servizi efficienti", ha spiegato la rettrice Giovanna Iannantuoni nel suo giro di saluti. "Il nostro obiettivo è formare professionisti competenti nei loro settori, ma anche cittadini consapevoli, responsabili e capaci di affrontare le sfide di una società in continua evoluzione. La Bicocca vuole essere un luogo aperto, inclusivo e proiettato verso il futuro, un'università che accompagna gli studenti dalla formazione all'inserimento nel mondo del lavoro".

A raccontare com’è andato il primo giorno e l'importanza di questo cambiamento per il mondo universitario a Fanpage.it è stato Giuseppe Carrà, direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Università di Milano-Bicocca e professore di Psichiatria nell'ateneo.

Quali sono state le motivazioni che hanno spinto a lanciare questa sperimentazione proprio ora?

É stata una scelta del governo. Di certo il sistema precedente era tutt'altro che perfetto, aveva dato luogo a fenomeni abbastanza deprecabili in termini di impatto sulla società civile. Al momento darei solo un pregiudizio, quando ci saranno i primi dati su cui fare una valutazione, se il governo ce lo chiederà, metteremo a disposizione le nostre capacità e le nostre competenze per verificare ciò che è andato bene o ciò che è andato male. Quello che non è stato fatto è una valutazione preliminare dell’impatto. La metodologia della ricerca avrebbe consentito una previsione, ma non è stata fatta. Questo è un vero rammarico.

Non teme che questa apertura possa generare aspettative che poi verranno deluse, dato che molti studenti poi non potranno proseguire?

L'equivoco c'è stato e ci continua a essere perché si è confusa l'abolizione del test d'ingresso con l'abolizione del numero programmato. Equivoco che si poteva evitare con una buona comunicazione. Nel mio ateneo di Milano-Bicocca sono anni che aumentiamo il numero di matricole, ma ciò non può essere infinito. Servono strutture per fare didattica, che sono, per definizione finite. Salvo che non si voglia fare come stanno facendo alcuni atenei, in particolare privati, ovvero spingere sulle immatricolazioni, peraltro con richieste economiche notevoli, per poi avere poche attività formative e critiche sulle strutture sanitarie. Questo non mi sembra il modo più adeguato di formare i medici che andranno a curare i cittadini italiani.

Dal punto di vista organizzativo come avete gestito l'afflusso di centinaia di studenti in più rispetto all'anno scorso, c'è un rischio di sovraffollamento delle aule e di un abbassamento della qualità della didattica?

Noi abbiamo fatto i salti mortali con grande impegno e creatività. Io devo essere grato a tutta la componente docente, amministrativa e tecnica che quest'anno ha rinunciato alle ferie. Abbiamo lavorato tutta l'estate. Siamo riusciti a garantire didattica in presenza a tutti coloro che lo hanno chiesto, che sono oltre mille persone. Abbiamo voluto lasciare solo una quota residuale di didattica in streaming e questa è stata una scelta di cui siamo molto convinti. Inoltre, abbiamo previsto un’attività di tutoraggio sia in presenza che online a conclusione delle lezioni con prove di autovalutazione che consentiranno allo studente di comprendere la sua preparazione in vista degli esami. Tutto ciò ci sembra un’alternativa pubblica di qualità per lo studente meritevole.

Secondo lei vivere qualche mese da studente di medicina può davvero aiutare a capire se è la strada giusta?

Assolutamente sì. Gli studenti sono esposti all’esperienza della didattica tradizionale con i docenti e se saranno in difficoltà avranno la possibilità di prenotare 4 ore di tutoraggio per recuperare. Queste sono tutte esperienze concrete, diamo ai ragazzi un assaggio della vita nel campus, per noi molto importante. Università è studiare ma anche crescere e vivere: il rammarico è che molti ragazzi interromperanno il loro percorso da noi. Non è detto infatti che chi ha svolto il semestre in Bicocca riuscirà a posizionarsi in graduatoria per scegliere di continuare.

Nella giornata di ieri, sono emersi i primi disagi o criticità? Vi siete accorti che c’è qualcosa da migliorare o cambiare?

Abbiamo pensato veramente a tutto, se c’è qualcosa da cambiare sono piccole cose. Ieri abbiamo avuto qualche intoppo con alcuni software che sembravano essere stati ampiamente collaudati, ma gli informatici, che quest’estate hanno lavorato duramente, hanno risolto il problema in diretta.

Con questo cambiamento vede una possibile trasformazione del sistema italiano verso questa direzione?

Questa sperimentazione è prevista per almeno due anni accademici. A mio modesto avviso, servirà un’analisi per capire cosa è andato bene e cosa è andato male. Una questione che non va dimenticata è che questo sistema è stato assegnato agli atenei pubblici, quelli privati continuano con il vecchio sistema con il test di selezione. Personalmente non credo che in un contesto di adeguatezza istituzionale si possa andare avanti con meccanismi così diversi, che però fanno riferimento alla medesima popolazione studentesca.

Esiste e se sì, qual è l’immagine di medico che la vostra facoltà vuole formare e che ruolo può avere il semestre aperto nel costruirlo?

Il medico del futuro è quello che andrà a lavorare in un sistema sanitario nazionale, che è noto avere criticità negli ultimi anni. Essendo un ateneo pubblico abbiamo un dovere nei confronti di questo sistema. Se poi questo cadrà e in che misura lo farà, dipenderà da altri fattori e da altri soggetti. È però molto triste assistere ormai da dieci anni al fenomeno per cui formiamo degli ottimi lavoratori che regaliamo all’estero.

Se fosse lei oggi al posto di un ragazzo che vuole diventare medico, sceglierebbe il semestre aperto o continuerebbe con il puntare sul test d'ingresso?

Io volevo fare il medico e in questi giorni ho incontrato numerosi ragazzi che vogliono diventarlo. Non basta la tenacia, chi vuole farlo sa che dovrà esporsi a percorsi che metteranno a dura prova le sue energie e la sua flessibilità. Lo studente bravo in medicina c’è sempre stato e sempre ci sarà, per questo si adatterà ai cambiamenti organizzativi e normativi.

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