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“Chiudere per il Ramadan non cancella l’identità dello Stato”: parla il preside della scuola ‘Masih’ di Pioltello

Alessandro Fanfoni, preside del ‘Iqbal Masih’ di Pioltello (Milano), ha difeso la scelta presa dal Consiglio d’istituto. Secondo il dirigente, chiudere per l’ultimo giorno di Ramadan “non toglie nulla a nessuno”.
A cura di Enrico Spaccini
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L'istituto comprensivo Iqbal Masih di Pioltello (Milano)
L'istituto comprensivo Iqbal Masih di Pioltello (Milano)

Chiudere la scuola per un giorno per consentire ai bambini di fede islamica di festeggiare la fine del Ramadan con la propria famiglia "non toglie nulla a nessuno, non cancella l’identità culturale dello Stato in cui siamo". Ne è convinto Alessandro Fanfoni, preside dell'istituto comprensivo ‘Iqbal Masih' di Pioltello (Milano) finito al centro del dibattito politico a livello nazionale per aver deciso di non fare lezione il prossimo 10 aprile 2024, giorno del Eid Al-Fitr.

A maggio del 2023 il Consiglio d'istituto aveva approvato all'unanimità la scelta di anticipare il rientro dalle vacanze estive di un giorno e tenere chiuse le scuole dell'infanzia, primarie e le secondarie di primo grado il 10 aprile, ultimo giorno del Ramadan. Come già spiegato nei giorni scorsi, i sette plessi dell'istituto comprensivo ‘Iqbal Masih' contano circa 1.300 studenti e il 43 per cento di loro è di nazionalità non italiana.

In occasione del Eid Al-Fitr, seconda festività più importante della religione islamica, "succedeva che metà di ogni classe fosse assente e la lezione veniva interrotta", ha spiegato a Fanpage.it Mirlko Di Chio, rappresentante dei genitori del Consiglio scolastico e assessore di Pioltello ai servizi sociali. Per questo motivo, tenere chiuso l'istituto quel giorno è apparsa una "scelta di buonsenso, civiltà e vera inclusività, senza alcuna valenza politica".

Quando la notizia si è diffusa, però, ha preso subito una connotazione politica. Il preside Fanfoni, che nel frattempo ha anche ricevuto minacce e intimidazioni, ha dichiarato al Corriere della Sera che "chiudere non è un gesto per farsi benvolere dalla comunità araba", ma anzi: "È semplicemente il riconoscimento della specificità del nostro contesto", dove circa il 20 per cento della popolazione è di origine straniera.

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