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Assistenza negata a Roberta, bimba di 6 anni con una malattia rarissima: “Non potrà più andare a scuola”

Roberta ha sei anni ed è affetta da una malattia rarissima. Si trovava in vacanza con la sua famiglia quando è stato comunicato loro che, al loro rientro da Milano, la piccola non avrà più assistenza domiciliare: “C’è il rischio che non possa più andare a scuola”.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Dal 27 agosto, quando torneremo a Milano, Roberta non avrà più assistenza, non potrà iniziare la scuola elementare, mia moglie non potrà tornare a insegnare o probabilmente io non potrò andare a lavoro. Questo perché uno dei due dovrà rimanere a casa con la piccola": a dirlo in un video su Facebook e a Fanpage.it è Fortunato Nicoletti, papà della piccola Roberta, che già a inizio luglio aveva denunciato l'assenza di un infermiere che consentisse a sua figlia di poter frequentare il centro estivo.

La comunicazione durante le vacanze

Roberta ha sei anni ed è affetta da una malattia rarissima, soffre infatti di displasia campomelica acampomelica che interessa l'apparato scheletrico: "Il suo è l'unico caso in Italia", spiega Nicoletti. A causa di questa patologia genetica, la piccola non è autonoma e necessita quindi di un assistenza continua di infermieri, logopedisti e fisioterapisti. Assistenza che quindi non può essere mai interrotta.

Eppure, durante le vacanze estive, viene comunicato alla famiglia che, una volta rientrata nel capoluogo meneghino, la piccola non sarebbe più stata assistita a domicilio: "Solitamente, dopo quindici giorni di assenza continua della persona – spiega il padre di Roberta che ripercorre quanto accaduto nelle ultime settimane – l'assistenza viene interrotta salvo poi essere riattivata una volta rientrati. Per cinque anni è sempre stato così. Il 3 agosto l'ente erogatore, la Fondazione Maddalena Grassi, ha così interrotto il servizio. Alla nostra richiesta di riattivarlo il 29 agosto, c'è stato risposto con una Pec, inviata dall'ufficio legale della Fondazione, dove veniva comunicato che l'assistenza sarebbe stata interrotta definitivamente".

La denuncia della famiglia Nicoletti

Ricevuta la notizia, padre e madre decidono di inviare una durissima e-mail ai vertici dell'agenzia di tutela della Salute, di Regione Lombardia e dell'Azienda socio-sanitaria territoriale: "Subito dopo veniamo contattati telefonicamente dalla direttrice socio-sanitaria della Fondazione che conferma l'interruzione unilaterale e ingiustificata dell'assistenza di Roberta".

Non è chiaro se questo disagio sia stato causato ad altre famiglie o solo a quella della bimba di sei anni. Per Fortunato Nicoletti però è più probabile che loro siano stati gli unici a essere coinvolti: "È probabile che sia accaduto perché nelle settimane scorse abbiamo denunciato in Procura la mancata continuità assistenziale di cui è vittima sia Roberta che altri bambini. Noi però non abbiamo denunciato la Fondazione, ma il sistema".

Certo è che, come spiega sempre Nicoletti, le mancanze della Fondazione erano chiare: "Forse ha dato fastidio che qualcuno le mettesse in luce. E forse per una ritorsione, e celandosi dietro problemi organizzativi già esistenti sia prima che durante il covid, hanno sospeso l'assistenza domiciliare, ma ripeto non c'è stata alcuna comunicazione".

I timori del padre di Roberta

Il padre di Roberta già a giugno era certo che questo provvedimento sarebbe stato presto preso: "Il 17 giugno avevo annunciato, tramite un'email inviata alla dottoressa Ambrosoni dell'Asst, il timore che venisse interrotta l'assistenza proprio perché i rapporti tra noi e la Fondazione si erano formalizzati rispetto a prima".

Perché non si può interrompere l'assistenza domiciliare

Viene da chiedersi se sia possibile interrompere l'assistenza così dal nulla soprattutto per casi come quello di Roberta: "Da un punto di vista normativo non potrebbero farlo perché – spiega ancora Nicoletti – non si può abbandonare una bambina come Roberta senza che l'ente abbia provveduto a trovarne uno alternativo che possa fornire assistenza o sempre che non abbia deciso così la famiglia".

Il 3 agosto però non è stata prospettata alcuna alternativa: "C'è un colpevole chiaro che è la Fondazione, ma ci sono dei mandanti celati che sono Regione Lombardia, Ats, città metropolitana, Asst perché consentono che vi sia un sistema dove c'è un potere enorme da parte di questi enti privati accreditati che lucrano sulla pelle delle famiglie, sulla malattia e disabilità di bambini, ragazzi e adulti. Nessuno fa nulla affinché questo sistemi cambi né a livello provinciale né regionale né a livello nazionale".

Non mancano infatti le critiche al Governo: "Ancora oggi non sono state stabilite regole precise per l'assistenza domiciliare. Questo ce lo dice anche il Pnrr (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza) dove l'unico obiettivo è quello di alzare al 10 per cento la presa in carico degli over 65. Questo significa quindi che non vengono presi in considerazione bambini disabili, non esistono minori, non esistono persone fragili o con malattie rare".

Per queste persone le norme relative all'assistenza continueranno a presentare lacune enormi: "Nessuno sa cosa fare, come prendere in carico questi bambini. Nonostante ci siano dei Lea (Livelli essenziali di assistenza), che stabiliscono quali siano le cose minime da fare. Parliamo di una bambina che a settembre dovrà iniziare la scuola, ma che senza assistenza infermieristica specializzata non potrà frequentarla".

La diffida presentata dalla famiglia di Roberta

Come spiegato a Fanpage.it da Fortunato Nicoletti proprio nella giornata di oggi, lunedì 22 agosto, è stata inviata una Pec di diffida all'ente – e per conoscenza anche a Regione Lombardia – dove viene chiesto di che venga riattivata l'assistenza entro due giorni: "Altrimenti ci rivolgeremo a un giudice o alla Procura con un ricorso d'urgenza. Ci riserviamo inoltre di denunciare l'ente per le dichiarazioni rese nei miei confronti". Il direttore generale avrebbe infatti chiesto alla famiglia di abbassare i toni e avrebbe inoltre sostenuto che gli operatori della Fondazione sarebbero stati minacciati tanto da valutare azioni legali: per questo motivo, Nicoletti ha spiegato che si riserva di decidere se presentare una denuncia per diffamazione.

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