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Alessandro Capelli nuovo segretario Pd a Milano: “Troppe persone si sentono escluse in questa città”

L’intervista di Alessandro Capelli, nuovo segretario del Partito Democratico metropolitano di Milano dopo Silvia Roggiani, a Fanpage.it.
A cura di Francesca Del Boca
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Alessandro Capelli (Instagram)
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È lui il nuovo segretario del Partito Democratico a Milano. Alessandro Capelli, 38 anni, ha battuto lo sfidante (coetaneo) Santo Minniti con il 66,5 per cento dei voti degli iscritti all'area metropolitana: prende oggi il posto di Silvia Roggiani, appena nominata segretaria regionale in Lombardia. "Con me inizia una nuova pagina per il Pd Milano Metropolitana, da scrivere tutte e tutti insieme", annuncia già l'ex responsabile delle politiche giovanili della giunta Pisapia.

Come è andato quest'ultimo mese di campagna elettorale?

Decisamente bello e intenso. E credo anche utile per il Partito Democratico: ho fatto decine e decine di incontri in tutta l'area metropolitana parlando con i nostri iscritti e amministratori e, allo stesso tempo, con diverse anime della società civile.

Ha detto che oggi inizia una nuova pagina per il Partito Democratico milanese. In che senso?

Premetto che dopo il confronto congressuale, torna da oggi a esistere una sola bandiera – quella del Partito Democratico – perché la pagina che dobbiamo scrivere riguarda chiunque, e io ovviamente sarò il segretario di tutti e di tutte. Detto questo, abbiamo davanti tre grandi sfide. La prima è la costruzione di un Partito Democratico davvero metropolitano, ovvero di una città da 3 milioni e 200mila abitanti. Pensiamo al tema dell'abitare, della mobilità sostenibile, del consumo di suolo, dello sviluppo… sono tematiche che dobbiamo affrontare nell'ottica di un'unica grande città.

La seconda sfida?

Poi c'è il tema del futuro della città di Milano. Dobbiamo essere orgogliosi del lavoro fatto in questi ultimi 12 anni da quando abbiamo riconquistato la città dalla destra, ma dobbiamo anche essere consapevoli del fatto che oggi abbiamo una città che cresce molto, sì, ma da cui troppe persone si sentono escluse. Dobbiamo far sì che Milano rimanga un luogo per tutte e per tutti.

Come?

Con un partito protagonista, al fianco del sindaco, della giunta, del consiglio comunale e dei municipi, per ricostruire quella coalizione civica e sociale che dal 2011 ha accompagnato il cambiamento della nostra città e rilanciare l’azione politica di tutto il centrosinistra.

Come cambierà il Partito Democratico milanese?

Vorrei un partito contemporaneo, protagonista, coraggioso, primo alleato dei nostri amministratori, ma allo stesso tempo con due piedi nella società. La prima mossa, ad esempio, sarà quella di chiedere un incontro ai lavoratori di Grancasa di Paderno Dugnano, che si trovano in una situazione molto difficile. E un'azione di volantinaggio sul tema del consenso e della violenza di genere, diffusa principalmente nei luoghi della movida.

Santo Minniti, avversario di questo ultimo congresso metropolitano, ha commentato: "Avevamo tutti contro, ci dicevano che superare il 15 per cento sarebbe stato un miracolo". L'esito della sfida era già scontato?

Come si è dimostrato, è stata una sfida aperta e vera. Gli iscritti e le iscritte si sono liberamente espressi all'interno di una competizione reale e utile. Ringrazio infatti anche Santo Minniti e i suoi sostenitori, che hanno permesso a me e al Partito di poter crescere ancora di più. Ma ora lasciamoci questo congresso alle spalle, e guardiamo avanti tutti insieme.

L'affluenza però risulta in calo rispetto agli ultimi due congressi: ieri nei 160 circoli metropolitani, di cui 44 in città, hanno votato circa 4.500 democratici iscritti (contro gli 8mila del 2013 e i 6mila del 2018). C'è un problema?

Sicuramente un grande impegno che dobbiamo assumerci tutti è lavorare per coinvolgere di più i nostri iscritti, non solo durante le votazioni. E inoltre dobbiamo aprire il più possibile l’agire politico del partito a chi ha votato alle ultime primarie.

Quindi appoggia la linea Schlein di aprire il più possibile il Pd ai militanti di ogni genere, e non ai soli iscritti.

Senza dubbio dobbiamo lavorare per aprire quanto più possibile il Partito Democratico perché diventi sempre di più la casa di tutti gli elettori del centrosinistra, ovviamente in forma contemporanea. Rafforzando però, nel frattempo, le prerogative dei nostri iscritti: penso ad esempio alla sperimentazione dei referendum interni, che a Milano vorremmo mettere in campo già l'anno prossimo.

E le primarie?

Primarie certo. E insieme, apertura all'esterno e valorizzazione degli iscritti.

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