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A piedi da Como a Capo Finisterre, il viaggio del 19enne comasco Cesare: “Non fermatevi di fronte a nulla, la gente ha molto da dare”

Cesare Isella, 19enne del comasco, è partito da casa sua per raggiungere Capo Finisterre a piedi. Tramite i suoi profili social, contatta le persone che lo ospiteranno per ogni tappa. A Fanpage.it ha raccontato del suo progetto.
A cura di Vittoria Brighenti
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Zaino in spalla, scarpe comode e voglia di cambiare il suo futuro. Cesare Isella, 19enne residente in provincia di Como, è partito lo scorso 7 settembre da casa sua e raggiungerà Capo Finisterre a piedi. Quest’anno si è diplomato al liceo scientifico “Alessandro Volta” e spinto dalla sua intraprendenza, ha deciso di fare questo lungo viaggio da solo, per conoscere quante più persone possibili e puntare tutto sulla loro ospitalità. In totale, Cesare stima quasi 3mila chilometri di strada. Verso dicembre conta di raggiungere la tappa finale, per poi tornare in aereo.

Partito da casa sua nel comasco, ha raggiunto Milano, Pavia e ora è in Liguria. Il suo viaggio continuerà attraversando il sud della Francia per poi proseguire con il vero Cammino di Santiago. Il suo progetto è quello di arrivare a Capo Finisterre, la "vera fine del Cammino di Santiago", con il suo zaino leggero e affidandosi solamente all’ospitalità delle persone incontrate durante il cammino. 

A Fanpage.it ha raccontato com'è nata l'idea del suo progetto e di come sta andando.

Che cosa ti ha spinto a partire per questo viaggio? C’è stato un momento preciso in cui lo hai deciso? 

Non saprei identificare un momento preciso, direi il periodo prima e durante la maturità, quindi verso maggio-giugno. Era da tempo che non sapevo cosa fare dopo le scuole superiori, l’unica cosa che mi porto dietro è che non mi piacciono le materie scientifiche, non ci ho mai capito niente e non mi sono mai piaciute. Ho tentato qualche test per l’università senza impegnarmi più di tanto, la scuola non stava andando bene e nemmeno altre situazioni esterne. Non sapevo proprio che direzione dare alla mia vita, mi sentivo perso. Allora ho pensato: “Vabbè partiamo”.

Quanto tempo ci hai messo per preparare tutto, sia mentalmente che praticamente?

Sono una persona abbastanza disorganizzata, dal momento in cui ho iniziato a sognare questo viaggio mi sono informato sul percorso e basta. Una volta partito ho perso qualcosa in giro, mi mancavano cose nello zaino quindi le ho dovute comprare per strada ma non sono preoccupato, è esattamente quello che cercavo: il fatto di non avere impegni, orari, essere libero. Se mi manca qualcosa cerco una soluzione.

Hai tutto l’itinerario pronto?

Per ora ho una traccia. Io sono partito da casa mia a Como, da lì sono andato verso Mariano Comense, dove ho dormito dai miei nonni. Poi ho fatto Milano, Pavia, ho attraversato la Pianura Padana passando da Dorno, Voghera e Tortona. Ho proseguito poi per Genova e adesso sto facendo la costa ligure. Passerò per il sud della Francia e poi inizierà il vero cammino. Oggi (ieri, mercoledì 17 settembre) sono a Spotorno, tappa al mare per un po' di relax.

Come mai hai scelto Capo Finisterre come tappa finale?

Non sono partito con l'idea di arrivare alla fine del Cammino di Santiago per vedere la cattedrale, come fanno tuti. Poi con il tempo la mia percezione è cambiata e ora sono carichissimo di arrivare lì, di vedere l’Atlantico e quella che un tempo era considerata la “fine del mondo”. Quello che cerco in ogni caso è il viaggio che c’è e ci sarà nel mezzo.

Sei partito con niente di organizzato, dove mangi ogni giorno, dove dormi e come trovi un posto dove stare?

La politica che mi sono dato per questo viaggio è quello di essere accolto, accogliere ciò che mi viene dato e chiedere aiuto. Il giorno prima, spesso il giorno stesso, decido definitivamente dove voglio arrivare. Da lì inizio a muovermi seguendo vari contatti oppure tramite alcuni gruppi di scout. Di conseguenza capisco dove posso dormire o mangiare.

Hai mai ricevuto un no?

Sì, ma lo comprendo. Arrivando a Milano, non sapevo chi contattare e ho scritto addirittura a influencer a caso. Uno mi ha risposto di no, ma la gente che lo fa non sto a accusarla. Comprendo che non è da tutti che uno ti scriva chiedendo di ospitarlo o dargli una mano. Apprezzo molto chi lo fa, sarebbe bello se lo facessimo tutti.

Qual è stato l'incontro più toccante finora?

È difficile definirne uno, perché ne ho avuti già tanti. Ogni giorno incontro un sacco di persone, quello che voglio veramente è un incontro con esse. Mi basta una mezz’oretta di chiacchiere con chi mi dà un passaggio o bere qualcosa con chi mi ospita. Tutti coloro che ho incontrato mi hanno dato tanto, mi colpisce quanto le persone abbiano da dare e quanto la vita di ognuno di noi sia diversa. Ognuno ha le proprie esperienze che dall'esterno possono sembrare strane, ma è proprio quello il bello. Mi piace vedere il mondo da una prospettiva diversa, vedere anche l'amore che le persone mettono in ciò che fanno. Per esempio a Voghera ho conosciuto un ragazzo il cui sogno al momento è battere il Guinness World Record per il fiammifero più grande del mondo. È proprio questo ciò che mi piace e che mi appassiona di questo viaggio. Scoprire le persone, le loro storie, così diverse tra loro, ma legate dal fatto che tutte hanno da dare tantissimo.

La situazione più difficile da affrontare è la stanchezza fisica più che quella mentale?

Sì, assolutamente. Poi a volte vanno a braccetto. L’ho sentita molto nei giorni in cui camminavo nella pianura Padana, in cui c’erano solo campi con paesaggi tutti uguali. Ho fatto un po’ di fatica.

E hai mai avuto paura?

Io sono uno scout da anni, con loro ho sempre dormito in giro e in tenda. Quando mi sono trovato per la prima volta del tutto da solo in tenda in mezzo al bosco ho sentito veramente la paura. Ho chiamato i miei amici che si sono dati i turni per passare tempo in chiamata con me aspettando che mi addormentassi. Mi toccherà sicuramente riprovare quest’esperienza e dovrò affrontare questa mia paura, che più che per gli animali è anche per le persone che sarebbero potute arrivare. So che è irrazionale perché non succede nulla, ma in un bosco da solo non sai mai chi possa passare.

Come mai hai deciso di raccontare tutto sui social? 

In realtà non è stata una mia decisione e forse il rapporto con i social è proprio la mia più grande paura. Tendenzialmente sul mio profilo non ho praticamente mai pubblicato nulla, non sono mai stato una persona molto social. Vedendo però tutto l’interesse delle persone in ciò che stavo facendo e tutto il cuore che anche loro ci mettevano, ho deciso di farlo. Mi chiedono di aggiornarli e di fargli sapere come va, tramite i miei video posso raggiungere tutti.

Hai un messaggio per chi sogna di fare un viaggio simile al tuo ma non trova il coraggio?

Non saprei come trovare la formula per dare coraggio a qualcuno. Io penso di aver fatto una scelta alternativa di vita, me lo dicono in tanti. Ho provato a creare un'altra strada, non mi sento coraggioso, ho paura di un sacco di cose. La mia preoccupazione più grande era dire della mia esperienza alla “società”, ho finito il liceo, dovrei andare all’università, trovarmi un lavoro, e invece a 19 anni ho preso, sono partito e sto camminando in giro chiedendo ospitalità alla gente.
Il mio consiglio è quello di non fermarsi di fronte a nulla, la gente ha molto da dare. Il mio progetto è diventato anche di coloro che mi supportano da lontano: di chi già mi conosceva a Como e di chi sto incontrando nel mio viaggio. Loro mi dicono di avere fiducia, e sto imparando che una soluzione, alla fine, la si trova sempre.

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