“A Milano vivo in un laboratorio con tre figli, di cui uno con autismo”: la storia di Paola, vittima di maltrattamenti

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Paola (nome fittizio) è una donna di 45 anni. Al momento non ha un lavoro e vive insieme ai suoi tre figli in un laboratorio a Milano. Il più grande di loro ha 19 anni ed è un ragazzo con autismo. Quella che ha raccontato a Fanpage.it è una storia personale di violenza e fragilità economica, che si intreccia alle difficoltà che tante persone come lei, in cerca di un alloggio popolare, sono costrette a vivere.
La casa con il mutuo
Tutto comincia circa dieci anni fa, quando Paola compra una casa insieme al compagno di allora, nonché papà dei suoi primi due figli, e insieme iniziano a pagare il mutuo. Poi la loro relazione finisce: lui se ne va e smette di versare la sua quota, mentre Paola resta nell'appartamento insieme ai bambini. "Ho pagato il mutuo da sola finché ho potuto – racconta – ma poi non ci sono più riuscita e la casa è andata all’asta. Ho trovato una casa in affitto e ho cercato di arrangiarmi. Trovavo sempre lavori saltuari e dovendomi gestire i figli da sola era complicato. Il loro padre non li vedeva, non li sentiva e non mi ha dato nessun aiuto economico. Nel frattempo mi sono rivolta ai servizi sociali e il tribunale mi ha dato l'affido esclusivo dei bambini, con un mantenimento di 225 euro per ciascuno".
Il laboratorio utilizzato come casa
Nel frattempo Paola continua a sopravvivere facendo lavoretti qua e là. É proprio durante uno di questi impieghi che conosce l'uomo da cui avrà il suo terzo figlio e la sua vita sembra, per un momento, cambiare: "All'inizio questa persona è stata molto gentile e comprensiva con me e con i miei figli. Poi siamo andati a vivere insieme ed è diventata possessiva. Ha aperto un'attività e ha voluto che andassi a lavorare per lui. Io dipendevo totalmente da lui sia lavorativamente che per la casa. Vivevamo nel laboratorio-casa, che era intestato a lui perché io non avevo un contratto di lavoro".
Le cose peggiorano alla nascita del loro figlio e Paola, su suggerimento della psicologa del consultorio, comincia a cercare un'altra casa per sfuggire agli episodi di maltrattamenti sempre più preoccupanti da parte del compagno. É così che comincia a fare richiesta per una casa popolare: "Ho partecipato a non so quanti bandi, ma nonostante avessi tre figli e un bambino con disabilità tutte le volte c'era qualcuno che arrivava prima di me. Oppure mi dicevano che c'era stato un errore, anche piccolo, nella domanda. Anche i servizi sociali da cui ero seguita non mi hanno mai trovato una soluzione".
I maltrattamenti e gli ostacoli dei centri antiviolenza
Tutto va avanti così fino a quando la situazione in famiglia degenera: "Lui mi voleva sbattere fuori di casa perché era intestata a lui – dice Paola – quindi siamo andati dai Carabinieri. In caserma lui mi ha dato una testata ed è partito tutto l'iter per le misure antiviolenza. I servizi sociali dovevano portarmi in un centro antiviolenza, ma non sono potuta entrarci perché avevo un figlio maschio e maggiorenne". Paola quindi continua a vivere nel laboratorio, dove lui smette di pagare l'affitto. Tra qualche mese il contratto scadrà e lei, insieme ai suoi figli, rischia di rimanere senza casa.
Nel frattempo quello che era diventato ormai il suo ex compagno è stato arrestato, ma dopo tre giorni è uscito dal carcere. "I carabinieri mi avevano detto che mi avrebbero avvisata quando lui sarebbe uscito di prigione. La verità è che l'ho scoperto io perché ho visto che lui era online su Facebook e ho chiesto spiegazioni. Io vivevo dentro al laboratorio che non ha una chiave ma un codice di accesso che lui conosceva. E lui non aveva il braccialetto elettronico perché gliel'hanno messo un mese dopo che è uscito. Potevo ritrovarmelo davanti in qualsiasi istante".
La speranza di una casa Aler
A carico dell'uomo è stato emesso un divieto di allontanamento in attesa che inizi il processo. "Nonostante questa sia la mia situazione, nessuno mi ha trovato la casa. I servizi sociali se non li chiamo io non si fanno sentire. Negli ultimi giorni Aler mi ha dato un appuntamento per una casa: era un bando di ottobre credo, inizialmente non ero entrata in graduatoria nonostante le mie condizioni. Il fatto di essere stata vittima di violenza non ha valore per i punteggi. Forse ora c'è stato uno scorrimento. Ma è comunque una soluzione che mi sono trovata io: nessuno mi ha aiutata".