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Marò, l’India avverte: “Sì a dialogo, ma nostri magistrati sono liberi e imparziali”

Dopo le polemiche degli ultimi giorni interviene il portavoce del Governo indiano: “Roma-New Delhi parlano, ma il tema è all’esame dei magistrati”.
A cura di Redazione
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Come vi avevamo raccontato, solo qualche settimana fa sia in Italia che in India si era riaperta la polemica sulla questione marò, dopo una prima "ammissione" della possibilità di discussione intorno alla proposta italiana per la soluzione della vicenda giudiziaria che riguarda i due fucilieri della Marina. Dopo le polemiche degli ultimi giorni, con messaggi di "apertura e chiusura" che si sono avvicendati in maniera anche schizofrenica (e nel mezzo, tanta polemica politica, soprattutto internamente agli schieramenti parlamentari italiani), interviene direttamente il portavoce del Governo indiano.

Un intervento che in qualche modo fa chiarezza sulla questione, mettendo dei punti fermi essenziali per capire l'evolversi della situazioni: sostanzialmente la questione è "giudiziaria" e, nonostante non si sia interrotto il dialogo diplomatico, a dirimere la questione devono essere i magistrati indiani. "Non è semplice dire a che punto sia la situazione", ha spiegato il portavoce del Governo, "perché fondamentalmente questa questione è in mano alla giustizia e dovrà andare attraverso un percorso legale e arrivare ad una decisione della magistratura affinché si possa andare avanti". Del resto, spiega ancora Syed Akbaruddin, "non è solo una discussione fra due esecutivi, ma è un tema all'esame della magistratura indiana" e, su questo punto l'esponente del Governo non transige, "i giudici del nostro Paese sono liberi, indipendenti, trasparenti ed imparziali". Sulla proroga della permanenza di Massimiliano Latorre, poi una precisazione: il Governo indiano non era contrario alla richiesta del Governo italiano, ma "la Corte Suprema ha assunto una posizione fortemente contraria a questa richiesta, per cui i legali hanno ritirato l'istanza". Insomma, per il momento da New Delhi alzano le mani e ricordano che la responsabilità è comunque della magistratura indiana.

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