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L’ex ministro Conso indagato nell’ambito della trattativa Stato – mafia

Dopo quello di Nicola Mancino, l’inchiesta della Procura di Palermo si arricchisce di un nome nuovo. Conso è accusato di aver fornito false informazioni ai pm. Nel periodo in cui era Guardasigilli aveva revocato oltre trecento provvedimenti di 41 bis, il carcere duro per i mafiosi.
A cura di Biagio Chiariello
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L ex ministro Conso indagato nell'ambito della trattativa Stato  mafia

Il fascicolo sulla cosiddetta trattativa fra Stato e mafia si riempie di nuovi nomi. Anche Giovanni Conso, ex ministro della Giustizia fino al maggio 1994 e oggi 91enne, è indagato a Palermo con l'accusa di false informazioni a un pubblico ministero. A non convincere i magistrati sono state le dichiarazioni dell'ex guardasigilli relative alla motivazione con cui decise di non rinnovare oltre trecento provvedimenti del regime carcerario duro del 41 bis per vari detenuti mafiosi, fra cui diversi esponenti di spicco di Cosa nostra. «Ho preso quella decisione in totale autonomia per fermare la minaccia di altre stragi e non ci fu nessuna trattativa» disse Conso all'epoca. Ma per l'accusa, invece, proprio l'addolcimento del 41 bis sarebbe stato uno dei punti al centro della trattativa Stato-mafia. Va comunque detto che la Procura non gli contesta né la trattativa né di avere ceduto alle pressioni mafiose, ma solo le false informazioni ai pm. L'iscrizione nel registro degli indagati di Conso arriva a soli quattro giorni da quella dell'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino. Anche per lui l'ipotesi di reato è la falsa testimonianza. «Attenderei di saperne di più. Sono curioso di sapere di cosa mi si accusa». E' il commento a caldo di Giovanni Conso all'Adnkronos sull'iscrizione nel registro degli indagati da parte della Dda di Palermo. «Non so di quali cose false si possa trattare, non so -prosegue Conso- come si concretizzi l'accusa. Qui c'è un grosso equivoco: un conto è l'accusa di aver in qualche modo trattato con la mafia, che non esiste assolutamente, un altro è l'eventuale contestazione di qualcosa che posso aver detto negli interrogatori. Finchè non ne saprò di più non potrò dire altro».

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