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4 Giugno 2025
12:48

Ecco perché il tuo gatto fa meno o più fusa rispetto agli altri: dipende tutto dalla variazione del “gene purrfect”

No, non è antipatico o simpatico un gatto che fa meno o più fusa: uno studio ha scoperto che la presenza di una variazione genetica determina l'espressione del comportamento nei mici domestici e il motivo è legato alla domesticazione. La chiave, ancora una volta, sembra stare nella relazione con l'uomo.

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Ci sono gatti che non smettono di farle e altri che pare che ne dispensano davvero poche. Le fusa dei mici sono un tratto distintivo che gli appartiene e che a noi umani piace moltissimo ascoltare e ricevere. Ma qual è il motivo per cui, appunto, alcuni soggetti sono più propensi a farle e altri no? Lì dove l'osservazione empirica ci portava a definire gli animali "simpatici" o "antipatici" in base alla messa in atto di questo comportamento, adesso la scienza ci dice che dipende tutto dalla presenza di una variazione genetica che dipende dalla presenza di una modifica del cosiddetto "gene purrfect".

Uno studio condotto da alcuni ricercatori del Wildlife Research Center dell'Università di Kyoto ha infatti identificato una variante genetica correlata alla capacità di fare le fusa da parte dei gatti domestici. La ricerca, pubblicata su PLOS ONE, ha analizzato il gene del recettore degli androgeni (AR) nei Felis catus e la sua influenza rispetto al fare le fusa e anche al modo in cui i gatti usano la vocalizzazione nei confronti delle persone.

280 gatti studiati, ecco la variante genetica che il tuo gatto può avere se non fa le fusa

Gli esperti hanno fatto compilare un questionario, chiamato "Feline Behavioral Assessment and Research Questionnaire (Fe-BARQ)" alle persone di riferimento di ben 280 gatti le cui caratteristiche in comune erano che dovevano essere sia maschi castrati che femmine sterilizzate, di razza mista e che vivono in ambienti casalinghi. Le domande erano formulate in modo tale da poterne ricavare 23 categorie comportamentali da cui estrapolare informazioni precise sulle attitudini e le abitudini di ogni felino. Ciò che è emerso è che i gatti con una forma breve del gene AR mostrano punteggi più alti nel fare le fusa e nella vocalizzazione rivolta alle persone di famiglia, mentre le femmine con questa variante mostrano maggiore aggressività verso gli estranei. Al contrario, i gatti con una forma lunga del gene AR tendono a mostrare meno vocalizzazioni e ad essere proprio più riservati nelle interazioni interspecifiche.

Uno studio che riguarda solo i gatti di famiglia: ecco come gli esseri umani hanno influenzato la genetica

La variabilità di questo gene, però, secondo gli studiosi influenza il repertorio comportamentale solo dei gatti di casa e i ricercatori ci hanno tenuto a specificare che tale studio deve essere appunto non considerato estendibile anche a quelli che vivono in libertà o a specie simili. Ciò è importante da sottolineare perché fa riflettere anche sul tipo di relazione che gli animali hanno instaurato proprio con le persone e come la presenza di questa variante ‘funziona' nel contesto casalingo per l'influenza che noi umani abbiamo avuto sui piccoli felini attraverso la domesticazione.

Il team ha condotto una valutazione comportamentale concentrandosi su animali che vivono appunto in casa e hanno anche raccolto campioni di DNA proprio per analizzare il gene del recettore degli androgeni, confrontandolo con quello di 11 altre specie di felidi.  E' emerso ad esempio che il gatto leopardo e il gatto pescatore, entrambi strettamente imparentati con i gatti domestici, possiedono solo il tipo corto del gene AR, mentre i mici di famiglia presentano tipi più lunghi, non presenti nelle altre specie. "Questi risultati suggeriscono che l'emergere di questi tipi più lunghi potrebbe essere il risultato di cambiamenti genetici associati alla domesticazione e all'allevamento selettivo", hanno concluso gli esperti.

"Quando abbiamo chiamato a raccolta i partecipanti, siamo stati commossi nel ricevere risposte da 265 proprietari di gatti da tutto il Giappone in un solo giorno, oltre a messaggi di affetto. Questo ci ha ricordato il forte interesse del pubblico per la ricerca sui gatti", ha dichiarato il primo autore dello studio, Yume Okamoto.

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