Israele approva la costruzione di 1.200 case nei territori palestinesi

Quando mancano solo tre giorni alla ripresa dei negoziati di pace israelo-palestinesi il ministro degli alloggi ha annunciato la costruzione di 1200 nuovi appartamenti nelle colonie. Non si ha notizia di alcun commento da parte palestinese, ma l'intenzione del governo israeliano non è di buon auspicio in vista dei colloqui, che sono congelati da circa 5 anni. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas aveva a lungo posto come condizione per la ripresa di un dialogo quella dell'immediata interruzione degli insediamenti israeliani, che invece proseguono incessantemente in Cisgiordania e Gerusalemme Est, dove ormai i coloni sono 560mila.
Abbas, tuttavia, ha accettato di iniziare i colloqui di pace, accontentandosi della liberazione di 104 prigionieri palestinesi. Stamattina Uri Ariel, ministro israeliano degli alloggi, ha dato il via libera alla costruzione di 1.187 appartamenti. Di questi 793 saranno costruiti nei quartieri per ebrei di Gerusalemme Est, annessa da Israele dopo la guerra del 1967 (operazione, tuttavia, non riconosciuta dalla maggioranza della comunità internazionale). Altra 394 case verranno edificate in Cisgiordania. L'operazione di Israele è tuttavia molto discutibile e pone un potente freno alla possibilità di costruire uno stato palestinese. A chi lo ha criticato, il ministro Ariel – membro di spicco di un partito di coloni israeliani – ha detto: "Nessun paese al mondo prende ordini da altri paesi circa la possibilità di costruire case. Continueremo perciò a farlo perché è la cosa migliore per il sionismo e per l'economia israeliana".
Un dossier dell'Onu del mese di gennaio ha condannato la politica coloniale israeliana. “Israele – si legge nel rapporto – deve cessare tutte le attività di insediamento senza precondizioni e deve immediatamente avviare un processo di ritiro di tutti i coloni”. L'indagine, per conto dell'Onu, è stata condotta dalla giudice francese Christine Chanet, coadiuvata da membri di Pakistan e Botswana.