“Vivremo in città senza automobili e senza rumore”: il futuro secondo Nicola Monti di Edison

Intervista a tutto campo con l’amministratore delegato di Edison: “La transizione energetica non si fa con la bacchetta magica. Avremo bisogno ancora del gas e di nuove tecnologie come le batterie a flusso e l’eolico offshore. Il nucleare? È necessario”.
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“Vedo un futuro senza rumore”. È spiazzante la risposta di Nicola Monti, amministratore delegato di Edison, alla domanda che facciamo a tutti i capi d’azienda quando iniziamo la nostra conversazione sul domani. 61 anni, laureato in ingegneria civile, Monti e oggi ci accoglie nella sede di una delle storiche realtà italiane che operano sul mercato dell’energia, e che prende il nome da uno dei più grandi inventori del ventesimo secolo.

In che senso un futuro senza rumore?

Se chiudo gli occhi mi immagino un ambiente che ci renda tutti più tranquilli, più sereni, con più luce. È una visione che riguarda anche l'energia e il modo in cui viviamo gli spazi comuni, le città: una delle caratteristiche dell’auto elettrica, ad esempio, è che non fa rumore.

Partiamo da qua, allora: voi siete un'azienda che produce, che compra e che vende energia. Come si fa la transizione energetica? Alcuni dicono puntare sulle rinnovabili, altri dicono che è meglio un mix con nucleare e idrogeno. Secondo lei?

La transizione non si fa con la bacchetta magica. E non c'è una ricetta, una soluzione unica. Dobbiamo sicuramente ridurre l'utilizzo di combustibili fossili, che sono i principali responsabili delle emissioni. Per chi fa produzione di energia elettrica, come noi, è necessario cambiare il mix. E in questo il nucleare sarà d’aiuto, sicuramente.

Cambiare il mix vuol dire smettere di usare anche il gas naturale?

No. Continueremo a utilizzare il gas ancora per 25,30 anni, perché transizione non vuol dire cambiare dalla sera alla mattina il modo in cui produciamo e consumiamo, ma vuol dire fare un percorso, avendo comunque disponibilità di energia in modo continuativo e con un costo alla portata di tutti. Questo è un problema serio già nell’Occidente sviluppato, ma è un modello che vale a maggior ragione per quei Paesi che hanno un problema di carenza strutturale di produzione e di fornitura di energia. Dobbiamo trovare delle soluzioni che siano applicabili a tutti. La tecnologia ci deve aiutare.

Quando parla di tecnologia, di nuove tecnologie, a cosa si riferisce?

Alla produzione di idrogeno, per esempio. All'eolico offshore. Alle diverse tecnologie sulle batterie di accumulo per le reti. All nuovo nucleare, che oggi ha ancora costi molto alti. Alla fusione nucleare che magari vedremo fra qualche decennio. O alla cattura della Co2 in atmosfera, che ci potrebbe permettere di continuare a utilizzare combustibili fossili. Abbiamo un panorama di soluzioni tecnologiche che potrebbero darci un grande contributo durante il percorso di transizione. Alla fine di questo percorso, se saremo capaci di utilizzare bene la tecnologia e industrializzare quelle tecnologie che si dimostreranno più promettenti e più efficienti, allora veramente arriveremo a un obiettivo di annullamento delle emissioni che non sarà solo a beneficio dei paesi ricchi che si possono permettere di finanziare nuove tecnologie, nuove industrie, ma sarà un modello che riusciremo a esportare in tutto il mondo.

Le contraddizioni in questo fase di transizione sono evidenti. È finita da pochi mesi Cop 28 e due dati mi hanno colpito. Il primo è che le emissioni comunque stanno continuando ad aumentare su scala globale, anziché diminuire. Il secondo è che aumentano anche in ragione della nostra volontà di decarbonizzazione: ad esempio, l'Indonesia, nel 2023, ha visto crescere a dismisura il proprio consumo di una fonte energetica come il carbone, per estrarre il nichel che serve per fare le batterie elettriche per la decarbonizzazione. Come si esce da questo paradosso?

Se ne esce andando avanti. Ad esempio, le batterie ci serviranno per la mobilità elettrica. Però se oggi facciamo un ciclo integrale, quello che si chiama well to wheel, dal pozzo alla ruota per un'auto elettrica, vediamo che il vantaggio non è ancora evidente. Questo però non vuol dire che la direzione non sia quella. Non dobbiamo smettere di produrre batterie elettriche, per intenderci: dobbiamo smettere di produrre energia dal carbone. Ad esempio, sostituendo il carbone col gas, una scelta che già da sola ci permette di abbattere del 30% le emissioni. Questo è un po l'ideologia da rompere, quella secondo cui si può cambiare modello dalla sera alla mattina, o altrimenti tanto vale rimanere così.

Perché non crede che si possa passare direttamente dal carbone alle rinnovabili, ma si debba necessariamente passare dagli idrocarburi come il gas naturale?

Perché quel modello non è ancora pronto, non è ancora sostenibile economicamente. Il costo dell'energia è un elemento fondamentale e competitivo per l'industria di un Paese. Non si possono fare delle scelte che ci allontanano dalla competitività energetica.

C’è anche un tema di materie prime. Noi fino a oggi siamo stati dipendenti da tutti quei Paesi che producevano fonti fossili che estraevano combustibili fossili, estraevano e affidavano combustibili fossili. Domani rischiamo di diventare dipendenti da quei Paesi che estraggono i cosiddetti minerali rari per produrre componentistica per batterie elettriche, smartphone, chip?

Non credo. O meglio: non credo avremo solo un mondo fatto da impianti fotovoltaici e batterie di accumulo, perché allora sposteremo la dipendenza, per esempio suimateriali rari di cui siamo poveri. Credo piuttosto che le scelte tecnologiche si fonderanno su diversi modi di produrre energia, come ii pompaggio, o le batterie a flusso che hanno bisogno di elementi differenti.

Batterie a flusso?

Sono batterie in fase prototipale, non ancora sviluppate industrialmente, ma probabilmente saranno quelle più efficienti per fare grandi stoccaggi a livello di rete elettrica.

A proposito di rete elettrica. Cito un dato che ho letto sul vostro sito internet: il 75% dell'energia che consumiamo la consumiamo nelle grandi città. Quindi il tema della decarbonizzazione è anche un tema di trasformazione urbana. Ecco, secondo lei, come devono cambiare le città per aiutarci a decarbonizzare? 

Quando parliamo di città italiane, parliamo di realtà urbane che hanno una pianta medievale che certamente non erano concepite per avere il traffico che c'è oggi. Io vedo un futuro dove non solo ci sarà un cambiamento dalla mobilità attuale a quelle elettrica, ma anche dove i centri urbani saranno tutti pedonali. Ovviamente questo vuol dire poi investire nei trasporti pubblici in modo più efficiente,  più diffuso. Così come l'isolamento termico degli edifici diventa importantissimo.

Cambiamo argomento. Le leggo una frase: “Entro breve tempo i libri saranno obsoleti nelle scuole. Sarà possibile conoscere ogni branca del sapere umano con l'aiuto di documentari. Il nostro sistema scolastico cambierà radicalmente nell'arco di dieci anni. Chi l'ha detta questa frase?

Non lo so, mi sembra abbastanza attuale.

L’ha detta Thomas Edison, 100 anni fa. Ora però voglio fare lo stesso gioco con lei che di Edison è amministratore delegato. Entro breve tempo cosa diventerà obsoleto, secondo lei? 

Edison è sempre stato un grande visionario. E mi sembrava abbastanza attuale questa affermazione, anche se ha cent'anni, perché pure io credo che la scrittura, la carta o i libri andranno a scomparire. Utilizzeremo la carta probabilmente solo per gli imballaggi, i libri diventeranno come i dischi di vinile.

Allora adesso le faccio fare un altro gioco. Pensiamo al 2030: io le dico un po ‘di oggetti e lei mi dice se secondo lei, in relazione alla produzione e all’uso di questi oggetti, noi riusciremo a ridurre in modo significativo le emissioni di CO2 in atmosfera. Cominciamo con le automobili. 

Sì, credo che da qui al 2030 faremo un significativo passo di riduzione, andando a aumentare la percentuale di auto elettriche.

Aeroplani?

No, qui la tecnologia è indietro rispetto a un obiettivo così di breve termine. 2030 è dopodomani, in un'industria che si deve trasformare.

Case?

Qui è più che altro una questione di disponibilità economico finanziaria per poter mettere in campo quelle misure che servono per per fare gli isolamenti negli edifici. Abbiamo visto quanto è gravato sulle finanze pubbliche il bonus 110%. Da qui al 2030 faremo grandi passi in avanti, ma credo che l’Italia rimarrà indietro rispetto ad altri Paesi.

Cibo?

Io credo che qui ci sarà un passo importante, non solo per il 2030, ma anche per le generazioni future. Non dico che non mangeremo più carne, ma se ne mangerà decisamente molto, molto meno.

Magari si mangerà anche carne di animali che oggi non mangiamo tipo gli insetti?

Assolutamente. E poi si mangeranno sicuramente più verdure e legumi. Magari non saremo tutti vegani o vegetariani, ma credo che la percentuale di persone che mangerà meno carne sarà sempre molto più alta.

Adesso le faccio una domanda più legata al suo ruolo. Lei è uno dei più importanti manager in Italia di una delle aziende più grandi di questo Paese e ha una caratteristica che la contraddistingue con la grande maggioranza dei suoi colleghi, cioè che è maschio. In Italia c'è una grande difficoltà occupazionale, ma soprattutto, diciamo ad accedere a posizioni di vertice per le donne.Secondo lei come mai? E come si può invertire questa tendenza?

Io sono convinto che da qua a dieci anni noi avremo esattamente le stesse possibilità di nominare in posizioni dirigenziali posizioni apicali delle donne. È una questione di tempo. Ci sono delle regole oggi che che obbligano la società, le società quotate, ad avere una certa percentuale di donne nei consigli, che noi ovviamente adottiamo. Questo serve a creare  una cultura che sia molto più bilanciata. Io credo che abbiamo bisogno ancora di cinque, dieci anni. Ma la strada è tracciata.

Lei quali valori che si porterebbe nel futuro, se dovesse sceglierne tre?

La curiosità è il primo. Il secondo è il rispetto per gli altri, che serve per avere una società serena e per apprezzare quelle che sono le diversità che ci offre il mondo. Il terzo è lo spirito imprenditoriale, l'energia, la voglia di fare. Queste sono, secondo me, le tre componenti che servono per guardare con ottimismo al futuro. Curiosità, rispetto e voglia di fare.

Lei ci ha raccontato un futuro migliore, ci ha contato un futuro meno rumoroso, un futuro dove ridurremo di molto le emissioni di CO2. Ci ha raccontato un futuro in cui ci saranno più donne che lavorano, più donne in posizioni apicali, anche in quei settori dove oggi ce ne sono di meno.Ma se dovesse dire una cosa, se dovesse dire una sola cosa per convincere un giovane, una persona giovane che oggi sta vivendo un presente di pandemie di di guerre, di crisi economiche che deve essere ottimista guardando al futuro, cosa gli direbbe?

Innanzitutto che ha la fortuna di essere giovane, cioè autore del proprio destino, Bisogna avere la consapevolezza di avere l’energia, le possibilità e la voglia di cambiare il mondo.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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