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“Vi racconto come sarà il supermercato di domani” : il futuro per Maura Latini di Coop Italia

Intervista a tutto campo alla presidente di Coop Italia, che racconta come faremo la spesa domani e non solo: “I supermercati? Sempre più mercati e sempre meno super. Insetti e carne coltivata? Saranno necessari, per combattere il riscaldamento globale”.
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“Il vecchio supermercato deve diventare il nuovo mercato”. Non è un ritorno al passato quello che disegna Maura Latini, presidente e già amministratrice delegata di Coop Italia, ma la visione di un futuro in cui la componente umana gioca ancora un ruolo fondamentale. Tanto più per una realtà come quella in cui è al vertice, che porta avanti uno spirito cooperativo che davvero sembra essere fuori dal tempo, in un’epoca di disintermediazioni, dove sovente l’unica interazione sociale contemplata è quella tra uomo e macchina. Incontriamo Maura Latini nella sede di Coop di Castel Guelfo, complesso ipermoderno in un quartiere industriale alle porte di Bologna, il cui scopo, ancora una volta, è quello di diventare un polo di interazione sociale per chi gravita attorno a quelle vie di capannoni e condomini. Iniziamo con la solita domanda, quella che tocca a ogni capo d’azienda che passa dalle interviste sul futuro: chiuda gli occhi e ci dica cosa vede. Maura Latini risponde con gli occhi ben aperti: “È difficile predeterminare il futuro – esordisce -, ma alcune tendenze già si intravedono”

Quali?

Beh, quando ci siamo cimentati nel 2015 per l'Expo di Milano nel realizzare il supermercato del futuro ne avevamo individuate almeno due che provammo a sviluppare assieme a Carlo Ratti: il bisogno di informazioni da parte delle persone e la tendenza alla digitalizzazione pressoché totale dello spazio di vendita.

Come avete declinato queste due tendenze, allora?

All'epoca riuscimmo a rappresentare questo connubio tra necessità di informazione e potenzialità del digitale, costruendo un punto vendita in cui i prodotti venivano accompagnati dalle informazioni che si attivavano quando si avvicinavano le persone. Diciamo che all'epoca non si immaginava ancora quanto sarebbero stati pervasivi gli smartphone e i QR Code.

Doveste rifarlo oggi?

Punteremmo sui QR Code di nuova generazione, che hanno delle grandi potenzialità perché permettono di aggiungere ai requisiti di legge anche una quantità importante di informazioni da mettere a disposizione dei clienti. Informazioni che le persone si possono portare a casa anziché leggerle soltanto nei negozi.

Se li porteranno a casa o glieli porterà qualcuno? Lei crede ancora nel punto vendita come il luogo in cui si compra il prodotto?

Io nel punto vendita ci credo ancora molto, perché è un luogo di scambio di informazioni, ma tra persone che ci lavorano e persone che acquistano. Tra poco festeggeremo 170 anni di cooperazione. La relazione fra persone e beni di consumo per noi è un bene, un valore per le persone. Forse tutti quanti noi durante la pandemia abbiamo interpretato la grande crescita degli acquisti online, che era una necessità del momento, come  qualcosa di esponenziale e di inarrestabile. Invece la crescita, finita l’emergenza, è rallentata. E questo ci lascia lo spazio per reinterpretare il nostro negozio.

Come?

Non so se si chiamerà ancora supermercato. Me lo immagino molto simile a un vecchio mercato. Un luogo fisico dove ancora ci sia la possibilità e la volontà di scambiarsi opinioni, informazioni e valore sul cibo.

Facciamo un gioco, proprio sul cibo. Cosa metteremo nel carrello, tra qualche anno? Carne come la conosciamo oggi o carne coltivata?

Penso ci saranno ambedue. Perché sarà impossibile sfamare nove miliardi di persone con la carne come la conosciamo oggi, tanto più in un contesto in cui dovremo ridurre le emissioni di CO2. È ragionevole pensare là dove la scienza troverà la soluzione giusta, che possano coesistere tutte e due le possibilità. Io non demonizzo la carne coltivata. Così come credo, nello stesso tempo, che una rimodulazione degli allevamenti in una chiave di rispetto del territorio, attenzione al benessere animale, qualità del cibo disponibile a un prezzo ragionevole sia parte della soluzione giusta.

Andiamo avanti: tonno e uova, oppure alghe e insetti?

Il tonno se continuiamo così sarà difficile trovarlo in quantità sufficiente per tutti, perché il  pesce sta diminuendo in maniera importante sia a causa della pesca intensiva, sia per le conseguenze del riscaldamento globale, a partire dall'acidificazione degli oceani. Sarà dura mantenere le abitudini di oggi. C'è da cambiare un modello produttivo, un modello di vita, un modello di consumo.E non dobbiamo precluderci nessuna strada, nessuna sperimentazione. Insetti e alghe comprese.

Sempre a proposito di salvare il pianeta: troveremo più prodotti a chilometro zero o frutta verdura tutto l'anno proveniente da ogni angolo del mondo?

Questa è una domanda complessa, perché in realtà quello che troviamo sugli scaffali è indotto dalla domanda dei consumatori. E le persone pretendono di avere tutto, tutto l'anno, in qualunque momento e spesso si indignano se i prodotti che offriamo, per esempio, non sono solo di coltivazione italiana, perché probabilmente non sanno più che l'Italia non può produrre tutto l'anno tutti i prodotti, perché non esistono, perché esiste la stagionalità. Ancora una volta: è un problema anche culturale, di informazione. Noi ci dobbiamo attrezzare per mettere a disposizione quello che le persone vogliono, anche se a volte sembra irragionevole, trovando le soluzioni, se ci sono, perché questo possa essere fatto con il giusto impatto ambientale. Non è un equilibrio semplice da trovare.

Parlando di equilibri e parlando di supermercati del futuro, si deve parlare anche per forza di lavoro e di chi nei supermercati lavora. Fra l'altro, lei ha iniziato come cassiera. Oggi abbiamo sempre di più casse automatiche, alcuni supermercati sono addirittura senza casse. Siamo destinati a fare la spesa senza incontrare esseri umani?

Io penso che sia ragionevole pensare che la digitalizzazione ci aiuti a modificare i nostri assetti di oggi, andando a semplificare e rendere anche meno costosi tutti quegli elementi che non portano a valore aggiunto per il cliente. Quindi no, le casse non potranno mai essere quelle di oggi. Però non significa che questo non ci faccia porre la massima attenzione per l'occupazione delle persone. E non solo per salvaguardare posti di lavoro, intendiamoci: avere  persone che lavorano nei punti vendita che siano maggiormente dedicate al cliente sarà un grande valore aggiunto. Immagino un ruolo attivo del nostro personale dedicato e formato, in un supermercato che, oltre a vendere prodotti, li racconta sia con le persone fisiche che con le informazioni digitali.

Insomma, ancora una volta sempre più mercato e sempre meno supermercato…

Sì, potrebbe essere un ritorno al passato del mercato, con tutte le innovazioni digitali che lo rendono più più attuale, più completo e più fruibile nei modi che ciascuna persona trova più coerente con il proprio stile di vita, con il proprio lavoro, con il proprio modo di fruire anche la città. Perché anche le città cambieranno.

Ma al supermercato ci andremo sempre in automobile? Parcheggiando su enormi spianate d’asfalto ai margini delle città? Mi dica che non sarà così…

Lo spero anche io. Oggi i supermercati sono frutto della società degli anni ‘80-’90, quando si sono sviluppate la nuova mobilità delle persone e le città di oggi. Stiamo già facendo delle attività importanti per adeguarlo, molto semplicemente con l’inserimento delle colonnine per le ricariche elettriche a disposizione dei clienti. O con le rastrelliere per le biciclette per accogliere i monopattini. Certo, servirebbe un pensiero un po ‘più di prospettiva, non nostro, ma del Paese. Perché per cambiare i modelli di consumo è necessario ridisegnare le città. E questo non lo possiamo fare noi. E poi mi lasci aggiungere una cosa.

Prego

Va benissimo ridurre le auto che si spostano verso i supermercati, ma come la mettiamo con gli acquisti online che con un click fanno movimentare merce dall'Asia fino alle nostre case con consegne individuali, con tutto il personale a supporto della logistica, che sia per il trasporto, che sia per la gestione dei magazzini, molto spesso precario e senza diritti. Anche questa è una questione di sostenibilità ambientale e sociale. Ci vorrebbe un po’ più di attenzione pure su questo.

Ha detto una parola chiave, prima: “consumo”. Un altro dei grandi temi legati al consumo è quello dello spreco alimentare. La data di scadenza dei prodotti molto spesso è una tagliola che porta le persone a eliminare, a buttare via dei cibi non ancora consumati…

È un problema molto serio, questo.  Noi già oggi facciamo cose a cui tengo molto, come donare l'invenduto dei prodotti freschi dall'ortofrutta, la carne, il pane. – non prodotti a scadenza – ad associazioni come la Caritas. Questa merce finisce nelle mense dei poveri e quindi finisce nei territori dove ciascuno ha bisogno di materie prime per allestire le mense. Si tratta di circa 24 milioni l'anno di merci, numeri importanti che ci rendono felici.

Nel mondo del futuro, e pure in quello del presente, c’è un tema enorme che si chiama disuguaglianza sociale…

Noi abbiamo l'ambizione grande, di mettere a disposizione di tutti cibo buono, sano, sicuro, rispettoso dell'ambiente al prezzo più basso possibile che significa un prezzo giusto. La nostra ambizione è di mettere a disposizione di tutte le fasce di reddito dei prodotti che abbiano questi contenuti di sicurezza e di etica.

Un’altra cosa a cui ci siamo abituati in questi anni è l'idea che i negozi siano aperti 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Questa cosa cozza con la vostra filosofia aziendale e come come la interpretate a livello di mercato?

Coop già adesso ha fatto e farà delle scelte simboliche importanti: la chiusura del primo maggio, la chiusura per la festa della Repubblica, la chiusura per Natale L'apertura, sempre a tutte le ore ha un costo non solo per la vita delle persone, ma ha un costo anche per le imprese e questo costo inevitabilmente poi lo ripagheranno le persone laddove avviene, perché l'impresa, i propri costi poi li trasferisce anche nei prezzi dei prodotti. Non crediamo che consumare richieda di avere 24 ore su 24 la disponibilità di tutto. C'è da trovare un punto di equilibrio.

Se oggi si parla di aperture 24/7, di un cambiamento di orari di lavoro, è anche perché sempre più donne lavorano e ce ne sono sempre meno che fanno le casalinghe, come succedeva nel Novecento. Tante donne lavorano, dicevo, ma poche come lei sono ai vertici delle imprese. Come mai?

Me lo faccia dire: magari tante donne lavorassero. Non è esattamente così perché in realtà anche durante la pandemia chi ha perso il lavoro dopo pochi mesi sono state proprio le donne.  Hanno perso il lavoro le donne perché sono la parte più fragile della società. Le donne hanno sulle spalle il più alto peso dell'attività di cura per i figli, così come per per gli anziani. Non sono supportate da servizi come asili nido che potrebbero aiutare anche nella scelta lavorativa, mediamente guadagnano meno degli uomini e molto spesso è la donna che rinuncia al lavoro. È una grande ingiustizia ed è una grande perdita economica per le imprese. Significa tarparsi le ali da soli. C’è bisogno di un grande passo avanti culturale nel nostro Paese e nelle istituzioni.

Donne al vertice delle aziende vuol dire anche una nuova dimensione valoriale che viene portata all'interno delle stesse. Lei è una donna ed è al vertice di un'importante realtà cooperativa come Coop Italia, quali sono i tre valori che caratterizzano il suo agire che si porterebbe nel futuro?

Ma io al primo posto penso, credo sono convinta che l'etica e l'equità siano valori che sono sempre stati importanti ma nel futuro lo saranno ancora di più, proprio perché si stanno polarizzando le ricchezze, L'altro elemento importante a cui io tengo molto è la partecipazione, la collaborazione. E poi pensando a un'impresa, non posso non pensare all'efficienza delle scelte che si fanno, quell’efficienza che permette di trovare le risorse economiche da mettere a disposizione dell'impresa stessa per sviluppare al meglio la propria missione. Posso dire un quarto valore?

Qual è?

L’esempio. Chi che ha la responsabilità di coordinare le persone deve dare l'esempio.

Un'ultima domanda, dedicata soprattutto a chi è più giovane. Gli ultimi anni sono stati terribili, ci sono state pandemie, guerre, un disastro. Perché una ragazza o un ragazzo oggi però dovrebbero essere ottimisti secondo lei, e guardare con ottimismo al futuro?

Perché il futuro è loro. Dipende da loro.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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