Perché il gruppo Mia Moglie aveva così tanti iscritti, la psicologa: “Non è perversione, il punto è il potere”

Prima che venisse definitamente rimosso da Meta, il gruppo Facebook Mia Moglie, attivo da anni, aveva raggiunto quasi 32.000 iscritti. Fanpage.it lo ha visionato quando era ancora aperto a chiunque. Al suo interno circolavano centinaia di foto intime di donne, la maggior parte erano state evidentemente scattate e condivise senza il loro consenso. A pubblicarle erano quasi sempre uomini (la maggior parte degli iscritti pubblicavano in anonimato) che si presentavano come i mariti o i compagni delle donne che esponevano a migliaia di sconosciuti.
Purtroppo Mia moglie non è l'unico gruppo nato sul web dove uomini, di ogni età ed estrazione socio-culturale, si riuniscono ed alimentano a vicenda la loro misoginia, consapevole o meno, poco conta. Una recente inchiesta di Fanpage.it ha mostrato cosa succede dentro la comunità Black Pill su Telegram, dove gli uomini dicono apertamente di volere stuprare le Non Persone (NP). Così le chiamano le donne.
Nonostante ciò, tutt'oggi sotto i post di chi con rabbia e frustrazione ha denunciato il gruppo Mia Moglie, si leggono ancora decine di commenti che negano la gravità di quanto succedeva al suo interno. C'è anche chi scrive: "C'ero anch'io, non veniva condiviso niente di che". La psicoanalista Giorgia Fracca ha spiegato a Fanpage.it i meccanismi psicologici e sociali da cui si sviluppano questi gruppi e perché per migliaia di uomini farne parte non è poi così grave.
Dietro a gruppi come “Mia moglie” quali meccanismi psicologici si nascondono?
Come tutti i fenomeni, anche quello che porta alla creazione di queste comunità virtuali misogine è sovradeterminato, nel senso che possono esistere più cause alla base dello stesso comportamento.
Qualcuno ha definito gli iscritti al gruppo pervertiti o malati. Ma si può parlare davvero di perversione?
Allora, in realtà in questo fenomeno io non vedo i tratti della perversione, che ha tutto un altro insieme di significati. Quello che vedo sicuramente è un bisogno di riportare la donna al livello di oggetto e quindi di respingerla in una posizione di sottomissione.
Da dove nasce questo bisogno?
Da sempre, dall’origine della civiltà il corpo della donna è stato rappresentato come un oggetto. Potremmo dire che il corpo femminile è stato il primo vero oggetto di scambio: alcuni antropologi fanno risalire la nascita della civiltà e la costruzione della società estesa proprio alla pratica da parte degli uomini dell'esogamia, ovvero l’uscita dal clan di appartenenza per scambiare le proprie donne con quelle di altri gruppi. Il corpo femminile, dunque, è stato sin dall’inizio concepito come oggetto di transazione, come merce dotata di valore.
Qual è il legame con questi gruppi?
Con l’emancipazione della donna, molti uomini sentono che stanno perdendo i propri privilegi di uomini bianchi che avevano fino a qualche decennio fa. Questo li fa sentire vittime, pur essendo ancora la categoria più privilegiata, e quindi sviluppano un desiderio di rivalsa che può manifestarsi in questo ritorno all'oggettivazione del corpo femminile.
Le comunità virtuali misogine raccolgono proprio questo senso di privazione di quelli che percepiscono come i loro diritti “naturali” di maschi: sono uno spazio in cui sentono che si stanno riappropriando di questi loro diritti riconquistando il potere sul corpo delle donne.
Perché è così difficile riconoscere alla donna il possesso esclusivo del suo corpo?
Da sempre la libertà della donna è qualcosa che incute timore: molte culture antiche rappresentano come inquietante la donna non sottomessa. Nelle religioni pre-cristiane ricorre spesso la figura di una divinità femminile distruttiva: negli antichi Sumeri, ad esempio, Ishtar era la dea della passione e della distruzione. In India la dea Kali rappresenta allo stesso tempo vita e morte. Anche figure mitologiche come Medea incarnano l’idea che la ribellione femminile si accompagni sempre alla distruzione. La libertà della donna, portatrice di vita, viene percepita anche come portatrice di morte, e quindi come minaccia.
Quindi questi gruppi sono anche un effetto dell’emancipazione femminile?
Esattamente, negli ultimi decenni l’emancipazione femminile ha rafforzato questo timore verso la donna non sottomessa. Le donne non sono più soltanto casalinghe o figure indispensabili alla gestione della famiglia. Lo schema della famiglia matriarcale in cui la donna è indispensabile ma dentro le mura domestiche si sta sgretolando: la vera liberazione consiste proprio nel liberarsi dall’idea di dover essere indispensabili per qualcun altro. Oggi le donne possono lavorare, costruirsi un futuro autonomo ed essere indispensabili a se stesse.
Questi gruppi sembrano essere accomunati da una sorta di omertà. Da dove nasce?
Questo cambiamento spaventa molti uomini e li porta a voler fare gruppo. In queste comunità, e il caso dei 32.000 iscritti su Mia moglie è esemplare, c’è infatti uno spirito di fratellanza, di un orda primordiale in cui la regola della civiltà di portare rispetto alla donna salta. Più che di una perversione stiamo parlando di un meccanismo di difesa poco elaborato alla paura che la donna emancipata possa distruggere quel sistema identitario che sentono minacciato e il modo per difenderlo è esercitare il controllo sul corpo delle donne.
Non a caso, uno dei primi diritti messi in discussione nell’America trumpiana – e Trump è stato votato anche per queso – è stato quello all’aborto: la limitazione delll’autodeterminazione femminile si realizza per prima cosa riaffermando il controllo maschile sul corpo delle donne.
Diversi uomini hanno commentato il caso Mia moglie dicendo che le donne su OnlyFans hanno contribuito a questi fenomeni. Eppure la differenza è evidente: qui non sono le donne ad aver scelto.
In realtà questo ragionamento è la prova di quello che stiamo dicendo. Se il corpo della donna è considerato un oggetto di valore, che sia io donna a disporne, ovvero ad avere potere su di esso, è molto diverso dalla situazione in cui è un uomo a credere di avere potere sul mio corpo perché mi ha sposata o semplicemente mi ha portato a cena fuori. Quello che questi uomini non riescono ad accettare è la libertà delle donne di disporre del proprio corpo.
Ma c’è anche chi invece dice che in fondo erano solo foto pubblicate così per goliardia.
Chi non vede la gravità è perché non riesce a vedere la persona oltre al corpo. Questa difficoltà a riconoscere la gravità del fenomeno mette in luce la fatica che fanno gli uomini, anche contemporanei, a capire e a riconoscere che dietro il corpo di una donna c’è una persona. Nel loro modo di percepire la realtà, in fondo, non è così grave scherzare con il corpo femminile perché non è altro che un oggetto e un oggetto non si offende, non ha emozioni o una dignità.