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Parlare con i cartomanti sui social è pericoloso: “Vi spiego che fine fanno i vostri segreti”

La migrazione digitale dell’ultraterreno porta a una serie di effetti collaterali che spesso vengono ignorati e sottovalutati. Un pessima idea, soprattutto se parliamo di infromazioni che possono mettere a rischio la privacy e la reputazione di un cliente.
Intervista a Nicola Bernardi
Presidente di Federprivacy. 
A cura di Elisabetta Rosso
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C'è chi domanda se troverà mai l'amore, chi confida relazioni extraconiugali, problemi di salute, questioni di lavoro, famiglia, amicizie. Insomma, i segreti. Dall'altra parte dello schermo qualcuno dà risposte. Dalla pandemia sono aumentate le letture di tarocchi online, chiromanzia in webcam, gli inflencer di chiaroveggenza hanno invaso Instagram e TikTok. Basta un click per sapere se lui ti ama davvero.

In Italia, nel 2024 sono circa 12 milioni, circa il 20% della popolazione complessiva, le persone che consultano maghi, cartomanti, o guaritori. La migrazione digitale dell'ultraterreno però porta in grembo una serie di effetti collaterali che spesso vengono ignorati e sottovalutati. Un pessima idea, soprattutto se parliamo di segreti che possono mettere a rischio la privacy e la reputazione di un cliente. Per capire meglio abbiamo parlato con Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy.

Sempre più persone online si rivolgono a piattaforme o influencer di chiaroveggenza, cosa succede durante questi incontri?

A chi si rivolge a queste piattaforme per ottenere una predizione su determinati aspetti del proprio futuro, in genere viene chiesto di fornire un quadro dettagliato di tutti i particolari di una specifica situazione, quella per cui si consulta la chiaroveggente.

Per esempio?

Diverse informazioni, sulle relazioni, le condizioni di salute, gli affari, le persone coinvolte, i segni zodiacali, orientamenti sessuali, opinioni politiche, religiose, filosofiche. Più elementi vengono forniti dal cliente, e più l’operatore sarà poi agevolato per fare la predizione richiesta attraverso varie modalità come chiromanzia, cartomanzia, oroscopi, ed altre pratiche divinatorie e capacità paranormali che il chiaroveggente possederebbe.

Quando è nato questo fenomeno?

Fino a qualche decennio fa i chiaroveggenti si facevano pubblicità tramite la tv e manifesti affissi per le strade, e ricevano esclusivamente presso i loro studi, per cui le conversazioni tra loro e i clienti si svolgevano tra quattro mura con una buona probabilità che quello che veniva detto rimanesse confidenziale e riservato.

Poi è arrivato Internet. 

Esatto. All’inizio degli anni duemila, come è avvenuto con banche, agenzie di viaggio e molte altre attività che si sono progressivamente spostate all’ambiente digitale, anche i servizi di chiaroveggenza si sono modernizzati e hanno iniziato a essere proposti online. Ma la rapida accelerazione della diffusione dei servizi di chiaroveggenza sul web si è osservata più di recente nel periodo della pandemia, in cui milioni di persone erano costrette a trascorrere molto tempo a casa con la crescente ansia di voler conoscere la piega che avrebbe preso la loro vita, e molti hanno iniziato a cercare di scrutare il futuro attraverso piattaforme online e app.

Cosa rivelano i clienti?

Quando si rivolgono a un chiaroveggente, di solito i clienti desiderano sapere come andranno le loro relazioni sentimentali, la carriera, la salute, o certe vicissitudini familiari, e per questo giocano a carte scoperte raccontando ogni dettaglio della loro sfera privata senza annacquare o travisare alcun aspetto, proprio come farebbe un paziente che si confida in modo schietto e aperto con il proprio medico di fiducia per poter ricevere le migliori cure.

Quindi principalmente segreti. 

I clienti essendo coinvolti emotivamente finiscono per rivelare molte informazioni sensibili sul proprio conto, dalla situazione economica a eventuali relazioni sentimentali clandestine, e altri particolari che in genere non confiderebbero neanche al loro migliore amico.

Quali dati sono più pericolosi se condivisi?

Sicuramente le informazioni che comportano maggiori pericoli sono quelle che se fossero conosciute da malintenzionati esporrebbero il cliente a potenziali ricatti, estorsioni, furti, o danni reputazionali. Ovviamente, i rischi aumentano esponenzialmente in base al maggiore grado di confidenzialità delle informazioni che vengono condivise.

Si spieghi meglio.

Ad esempio, rischierà poco o nulla una cliente che vuole sapere se il suo attuale partner sarà o meno l’amore della sua vita; ma rischierebbe maggiormente se confidasse di essere sposata e quindi che ha la relazione con l’amante in segreto a insaputa del proprio coniuge. Ma il rischio sarebbe ancora più alto se, oltre ad essere sposata, lei rivelasse che l’amante con cui tradisce il proprio partner è un politico o un ricco imprenditore.

È ovvio che a quel punto le informazioni di cui il chiaroveggente viene a conoscenza diventano potenzialmente esplosive, e possono avere gravi conseguenze, come ci hanno evidenziato recenti anche fatti di cronaca in cui erano coinvolti personaggi delle istituzioni.

Quindi i clienti si espongono a possibili ricatti. 

Fare delle confidenze “bollenti” sulla propria sfera privata a un chiaroveggente comporta un certo rischio, ed è quindi fondamentale rivolgersi solo a professionisti in cui si ripone la massima fiducia, tenendo comunque presente che l’art. 622 del Codice Penale punisce con la reclusione fino ad un anno chi compie il reato di rivelazione di segreto professionale.

Vale anche per i medium?

Certo, la legge impone anche a medium e indovini di mantenere il massimo riserbo sulle informazioni di cui vengono a conoscenza.

Al di là della legge i dati potrebbero essere però hackerati.

È questo il rischio principale, l’eventuale memorizzazione e conservazione di quei dati su supporti tecnologici e server potrebbero essere oggetto di attacchi informatici, accessi abusivi, divulgazioni accidentali, o semplicemente consultazione da parte di una pluralità di addetti che possono avere vari ruoli all’interno di attività erogate in modalità digitale attraverso app o piattaforme online. In questo caso il pericolo che quelle informazioni vadano a finire nelle mani sbagliate o divengano di dominio pubblico è tutt’altro che remoto.

Cosa fanno queste piattaforme con i dati dei clienti?

Cercando sui motori di ricerca si trovano molte piattaforme e app che offrono servizi di chiaroveggenza online, e se si va a curiosare ci si rende conto che non è facile comprendere cosa ci facciano realmente con i dati dei clienti. Ci sono approcci che lasciano aperti molti dubbi.

Quali?

Ci sono piattaforme e app che non danno alcuna evidenza del loro rispetto delle norme sulla privacy, perché non forniscono alcuna informativa e neppure recapiti di contatto per gli utenti che volessero esercitare i diritti che sono loro riconosciuti dal GDPR. E lo stesso Regolamento europeo sulla protezione dei dati obbliga i soggetti che trattano dati sensibili su larga scala a dotarsi di un Data Protection Officer, ma questa figura sembra sconosciuta a queste piattaforme.

E per quanto riguarda la conservazione dei dati?

Ecco c'è un secondo tipo di approccio che solleva molti dubbi. Ci sono diverse piattaforme e app che sono altamente strutturate sotto il profilo dei dati personali, e curano ogni adempimento legale del GDPR, ma se si va a leggere le loro informative ci si accorge che a quanto pare i dati dei clienti che si avvalgono di quei servizi di chiaroveggenza online non cessano di essere utilizzati una volta terminata la consultazione, come si aspetterebbero i diretti interessati.

Le policy che vengono accettate dai clienti prevedono invece molti trattamenti di dati, conservazione di registrazioni per lunghi periodi, e non sempre le modalità sono chiare e trasparenti come richiederebbe il GDPR.

Ci sono stati dei casi nell'ultimo periodo?

Di recente il garante della privacy francese ha sanzionato per 400mila euro due società che offrono consultazioni di chiaroveggenza a distanza, perchè registravano sistematicamente tutte le conversazioni che avevano con i propri clienti, arrivando a memorizzare i dati fino a 6 anni per finalità di marketing, e conservando le registrazioni con il pretesto di dover monitorare la qualità del servizio fornito, ma anche usandole poi come casi di studio per fare il training ai propri dipendenti.

Tutto questo all'insaputa dei clienti?

Non è chiaro se i clienti fossero consapevoli che tutto quello che rivelavano ai chiaroveggenti veniva memorizzato e messo agli atti, l’autorità ha comunque sanzionato il trattamento illecito di dati personali effettuato senza un esplicito consenso da parte degli interessati, i quali anche dopo la consultazione richiesta continuavano a ricevere per lungo tempo mail e messaggi promozionali.

Cosa dovrebbe fare quindi una persona che vuole consultare un medium online?

Chi intende avvalersi di questo tipo di servizi deve sicuramente prestare molta attenzione, perché o per troppa superficialità o per troppa burocraticità la privacy presenta spesso delle criticità che non possono essere tralasciate quando si devono raccontare i fatti intimi della propria vita.

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