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Intelligenza artificiale (IA)

Ora anche Vodafone ha scelto un’influencer che non esiste per la sua pubblicità

Le aziende sperimentano influencer creati con intelligenza artificiale per ridurre costi e controllare la comunicazione, ma l’“uncanny valley” e questioni etiche sollevano dubbi sul loro impatto reale.
A cura di Elisabetta Rosso
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Il volto della nuova pubblicità di Vodafone Germania non esiste. È un'influencer artificiale: capelli scuri, felpa rossa, lentiggini e nei che appaiono e scompaiono da un fotogramma all’altro. É verosimile ma tradisce la natura artificiale, e infatti gli utenti sotto il post pubblicato sui social hanno cominciato a chiedere se fosse o meno una persona reale. L'azienda ha confermato: “Stiamo testando diversi stili di pubblicità, questa volta con l’IA”. Ha poi aggiunto: “L’intelligenza artificiale fa ormai parte della vita quotidiana, quindi proviamo anche a inserirla nella comunicazione pubblicitaria”.

Non è la prima volta che Vodafone si affida all’intelligenza artificiale per le sue campagne: già lo scorso anno l’azienda aveva lanciato uno spot interamente generato da IA. Con il continuo sviluppo delle tecnologie generative è probabile che vedremo sempre più aziende sperimentare soluzioni simili. La pubblicità del futuro potrebbe essere popolata da volti che non esistono, ma che riescono comunque a catturare l’attenzione dei consumatori.

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Influencer artificiali: la nuova frontiera della pubblicità

Il fenomeno dei “fake influencer” creati con IA non riguarda solo Vodafone. Secondo un reportage del New York Times, il mercato degli influencere creati co l'IA è in crescita. Tra le più famose c'è Lil’ Miquela, un personaggio digitale sviluppato dalla tech company Dapper Labs, che negli ultimi anni ha partecipato a campagne di brand di alto profilo come Calvin Klein, Prada e BMW.

In realtà già nel 2018 Balmain aveva lanciato una campagna di modelle virtuali, c'era poi stata Imma, l'influencer giapponese volto di Porsche, Ikea, Dior, Puma, Nike, Valentino, Amazon, Calvin Klein e Valentino. Ora però, grazie all’intelligenza artificiale, gli esperimenti maldestri si trasformano in un business remunerativo.

Il lato oscuro degli influencer virtuali: controllo, costi e “uncanny valley”

Gli influencer virtuali permettono alle aziende di avere un controllo totale sulla comunicazione, senza problemi di agenda o comportamenti imprevedibili. Non solo, abbattono i costi e possono essere creata su misura per rispettare le richieste, per esempio, di un brand. Non è detto però che funzionino davvero. Almeno per ora. Sono infatti copie che, per quanto realistiche, tradiscono la natura artificiale degli influencer.

Gli utenti possono percepire un senso di disagio. Alcuni psicologi definiscono questa emozione “uncanny valley”, una sorta di rifiuto cognitivo che il cervello sperimenta quando qualcosa appare quasi umano, ma non del tutto convincente. Rimangono aperti anche interrogativi etici: fino a che punto è accettabile sostituire persone reali con entità artificiali e come questo influirà sulla percezione della realtà e sul rapporto tra consumatore e marchio?

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