Nel 2026 ci sarà un componente per pc che sarà introvabile: il motivo è sempre l’IA

Se stai pensando di potenziare il tuo PC da gaming o di acquistare una scheda RAM più efficiente, l'anno che sta per cominciare potrebbe riservare sorprese poco piacevoli. Il mercato delle componenti per PC attraversa infatti una fase di forte squilibrio, destinata a protrarsi almeno fino al 2026 inoltrato. RAM e SSD, ormai elementi centrali di qualsiasi dispositivo elettronico, stanno diventando sempre più difficili da reperire e, soprattutto, sempre più costosi. È sufficiente dare uno sguardo ai principali siti di e-commerce per accorgersi che molti fornitori segnalano, soprattutto per i chip più performanti (come la nuova generazione di RAM DDR5) tempi di consegna dilatati, anche di diversi mesi.
Gli appassionati di assemblaggio e i produttori di hardware consumer sono stati i primi ad accorgersene, ma la pressione sulla filiera riguarda ormai l'intero settore tecnologico, dagli smartphone ai notebook, fino alle console. Il motivo? L'intero segmento produttivo sembra ormai volersi concentrare solo sullo sviluppo dell'intelligenza artificiale, ben più promettente in termini di prospettive e, ovviamente, di profitti.
Che cosa sono RAM e DRAM
La RAM (Random Access Memory) è la memoria di lavoro del computer e serve a conservare temporaneamente dati e istruzioni mentre il sistema è in funzione. La DRAM (Dynamic RAM) è invece la tecnologia più diffusa con cui questa memoria viene realizzata, sia nei PC sia nei server. Senza RAM sufficiente, qualsiasi dispositivo diventa più lento e meno reattivo. Anche gli SSD (Solid State Drive), pur basandosi su memorie NAND, come quelle di fotocamere e smartphone, utilizzano piccole quantità di DRAM per gestire cache e prestazioni, motivo per cui la crisi delle memorie non riguarda (e non riguarderà un solo tipo di prodotto).
Perché l'IA ha fame di memoria
Per capire perché il prossimo potrebbe essere un autentico annus horribilis per chiunque vorrà cambiare o potenziare la RAM dei propri dispositivi bisogna volgere lo sguardo verso l'esplosione dell'intelligenza artificiale, vero punto di rottura del panorama tecnologico globale. I grandi modelli generativi dell'IA richiedono infatti infrastrutture enormi, alimentate da data center che consumano quantità senza precedenti di chip e supporti di memoria. Server dedicati all’addestramento e all’inferenza assorbono RAM ad alta densità, DRAM tradizionale e soprattutto HBM (High Bandwidth Memory), una variante più costosa e complessa, progettata per lavorare con i processori grafici più avanzati.
Come ha osservato al portale The Verge Jeff Janukowicz di International Data Corporation, la DRAM è ormai "incorporata in ogni parte della nostra società digitale", ma oggi una parte crescente di questa produzione finisce nei data center IA. Ciò accade perché, a differenza dei PC domestici, i sistemi di intelligenza artificiale lavorano su volumi di dati giganteschi e in modo continuo. Ogni modello richiede pertanto migliaia di server che devono accedere rapidamente a enormi quantità di informazioni. Proprio per questo motivo le aziende AI sono dunque disposte a pagare di più pur di assicurarsi forniture stabili.
Per i produttori di memoria, questi contratti sono molto più redditizi rispetto al mercato consumer, spingendoli a ricollocare la capacità produttiva verso gli sviluppatori di IA, penalizzando i privati cittadini e gli altri settori tecnologici maggiormente improntati sulla produzione di beni di consumo.
Un oligopolio che decide il mercato
A rendere ancora più complessa la situazione contribuisce il fatto che, a oggi, questo specifico settore produttivo è oggi controllato quasi interamente da tre aziende: la SK Hynix, la Samsung e la Micron, che insieme detengono circa il 93% del mercato globale. SK Hynix guida con una quota intorno al 38%, seguita da Samsung e dall’americana Micron. Negli ultimi mesi questi gruppi hanno siglato accordi strategici con i colossi dell'IA impegnando una parte rilevante della loro produzione futura.
Secondo diverse analisi, una singola iniziativa legata ai data center potrebbe assorbire fino al 40% dell’output mondiale di memoria. Non a caso Micron ha deciso di ridimensionare il brand consumer Crucial, da quasi trent'anni un vero punto di riferimento per qualunque privato che volesse assemblare un computer a elevate prestazioni. Anche la stessa Samsung, fresca di partnership Open AI, ha dichiarato di voler privilegiare la "redditività di lungo periodo" rispetto a una rapida espansione produttiva.
Prezzi in salita e scaffali più vuoti
Le conseguenze sono già visibili per tutti gli appassionati del mondo tech. I prezzi delle RAM per PC sono raddoppiati o triplicati in pochi mesi, e gli SSD stanno seguendo la stessa traiettoria. In alcuni mercati asiatici sono comparsi persino razionamenti, con limiti al numero di moduli acquistabili per cliente. Una situazione simile a quanto accaduto nei mesi immediatamente successivi alla pandemia. I produttori di notebook e smartphone hanno anche iniziato a valutare compromessi su altri componenti o aumenti di listino. "Se non sei un cliente server, diventi una priorità secondaria", ha sintetizzato, sempre a The Verge, l'analista Shrish Pant.
Cosa aspettarsi nel breve e nel lungo periodo
Nel breve termine, il 2026 potrebbe rivelarsi un anno complesso per chiunque voglia aggiornare o riparare un PC: meno scelta, prezzi elevati e tempi di consegna incerti. Sul lungo periodo, la situazione solleva interrogativi più ampi sulla dipendenza da un oligopolio e sulla capacità dell’industria di bilanciare innovazione e accessibilità. Gli investimenti in nuovi impianti sono previsti, ma i primi effetti concreti non arriveranno prima del 2027. Fino ad allora, la memoria rischia di diventare uno dei colli di bottiglia più critici dell'era digitale, simbolo di un’industria sempre più trainata dall’intelligenza artificiale.