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L’IA “Workslop” sta diventando un problema sul posto di lavoro: cos’è e come evitarlo

Il “workslop” invade uffici e aziende: testi prodotti dall’IA che appaiono curati, ma in realtà generano sprechi economici, frustrazione e cali di produttività.
A cura di Elisabetta Rosso
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Nel 2022, poco dopo il lancio di ChatGPT, Jeff Hancock – professore di Stanford – iniziò a notare qualcosa di strano nei compiti dei suoi studenti. Gli elaborati sembravano ben scritti a prima vista, ma a un’analisi più attenta risultavano vuoti, ridondanti, privi di spessore. Ancora più sospetto: diversi testi condividevano lo stesso stile prolisso e poco incisivo. Oggi questo fenomeno ha un nome: workslop.

Secondo le ricerche condotte da BetterUp Labs e dal Social Media Lab di Stanford (guidato da Hancock), il workslop è il prodotto di contenuti generati dall’intelligenza artificiale che sembrano lavoro ben fatto, ma che in realtà non apportano alcun contributo concreto.

Per esempio: e-mail troppo lunghe e vaghe, presentazioni piene di frasi altisonanti ma prive di dati utili, codice informatico incompleto, report confusi. Tutti hanno lo stesso effetto: costringere chi li riceve a perdere tempo per correggerli, completarli o rifarli da capo.

Il costo nascosto del workslop: soldi e salute mentale

In un recente sondaggio condotto su 1.150 lavoratori statunitensi, il 40% ha dichiarato di aver ricevuto workslop nell’ultimo mese. In media, i ricercatori stimano che il 15% dei contenuti che circolano nei loro team rientri in questa categoria.

Il danno non è solo organizzativo, ma anche economico.I lavoratori che hanno partecipato al test hanno spiegato che impiegano quasi due ore a settimana per rimediare ai workslop. Un tempo che, tradotto in stipendi, equivale a circa 186 dollari al mese per persona. In un’azienda da 10.000 dipendenti, significa oltre 9 milioni di dollari l’anno bruciati in produttività persa.

Ma c’è anche un costo psicologico: il 53% degli intervistati prova fastidio, il 38% è confuso e il 22% addirittura offeso quando riceve questi contenuti. Molti finiscono per dubitare delle capacità e dell’affidabilità dei colleghi che li hanno inviati.

“Per anni abbiamo conosciuto il lavoro superficiale, ma almeno richiedeva un minimo di impegno – scrive Hancock. – Con l’AI, invece, è possibile produrre una quantità enorme di contenuti inutili in pochissimo tempo, scaricando il peso sugli altri”.

Come ridurre l'IA workslop

Gli esperti sono chiari: non è l’uso dell’intelligenza artificiale in sé a essere il problema, ma l’assenza di regole e buone pratiche. Le aziende dovrebbero adottare linee guida precise sull’uso dell’AI, incoraggiando i team a dichiarare quando ricorrono a questi strumenti e per quali obiettivi. Solo così, chi riceve il lavoro può comprenderne i limiti ed eventualmente integrarlo.

Non solo, è fondamentale è anche promuovere una cultura della qualità: discutere apertamente di come utilizzare al meglio l’AI, verificare i contenuti e ricordare che la tecnologia dovrebbe potenziare – e non sostituire – le competenze umane. Serve infine imparare a utilizzare correttamente l'IA, le anziende quindi dovrebbero investire in corsi di formazione per i dipendenti. 

“L’AI può essere straordinaria – spiegano i ricercatori – ma se diventa solo un copia-e-incolla che annulla il contributo umano, allora smette di essere uno strumento utile e si trasforma in un freno alla produttività”.

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