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L’ex ministro Francesco Profumo a Fanpage.it: “Dobbiamo abituarci a studiare anche dopo la laurea”

Francesco Profumo ha ricoperto diversi ruoli nel mondo dell’Istruzione. Negli ultimi anni è stato ministro dell’Istruzione, presidente del CNR e rettore del Politecnico di Torino. Ora guida OPIT, un’istituzione accademica che si occupa di corsi in materie STEM legate al digitale.
Intervista a Francesco Profumo
Ex ministro dell'Istruzione, ex presidente del Cnr, ex rettore del Politecnico di Torino e ora rettore di OPIT
A cura di Valerio Berra
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Per un’ora a settimana gli studenti delle quarte e delle quinte dell’istituto superiore Marconi Pieralisi studieranno l’intelligenza artificiale. La scuola Marconi Pieralisi si trova a Jesi, città da circa 40.000 abitanti in provincia di Ancona nota tra le altre cose per aver dato i natali a Roberto Mancini. È difficile che entro il prossimo anno l’intelligenza artificiale entri davvero nei programmi scolastici eppure prima o poi il sistema granitico della scuola italiana dovrà scontrarsi con tutte le tecnologie che viaggiano veloci nel mercato digitale.

Fanpage.it ha intervistato Francesco Profumo per capire come l’università sta affrontando tutti i cambiamenti che stanno arrivando nel mondo del lavoro, soprattutto per le professioni più legate al settore digitale. Ex ministro dell’Istruzione, ex rettore del Politecnico di Torino, ex presidente del CNR, ora Profumo è il rettore di OPIT – Open Institute of Technology, un’istituzione accademica che si occupa di corsi di Enterprise Cybersecurity, Digital Business e Responsible Artificial Intelligence.

A Jesi l’intelligenza artificiale è arrivata anche nelle scuole superiori. Ha fatto notizia perché è il primo caso in Italia, forse uno dei pochi.

Questa mi sembra una bella notizia. C’è una certa attenzione su tematiche di frontiera che possono essere ostiche per la struttura della scuola. La seconda cosa interessante è che questa sperimentazione non avviene in una grande città ma in una parte del nostro Paese, in una realtà medio piccola.

Il percorso scolastico in Italia è molto rigido, almeno fino alla Maturità. Cosa possono fare le scuole per innovare la loro offerta?

Le scuole hanno a disposizione una quota rilevante di orario per le sperimentazioni, sono progetti che vengono decisi dal corpo docente. La difficoltà è legata al fatto che i dirigenti scolastici e gli insegnanti sono oberati dalla quotidianità del lavoro. Hanno poco tempo per studiare progetti innovativi, testarli ed applicarli. A questo si potrebbe ovviare con maggiori investimenti in Ricerca e Sviluppo del modello educativo scolastico da parte del Governo.

Che futuro ha questo modello?

La scuola intesa come gerarchia ha fatto il suo tempo. Penso all’università. Dobbiamo diventare una scuola basata sulla ricerca che parte da una comunità educante dentro l’università e arriva alle aziende che vivono realtà di frontiera. È un percorso che bisogna accompagnare con calma perché non in tutte le scuole ci sono docenti che hanno l’attitudine di procedere in questa direzione.

Le competenze che servono per il mercato del lavoro stanno cambiando. Ormai anche dopo una laurea c’è bisogno di fare formazione.

Qui il tema è complesso. Ci sono due comunità di persone che si rapportano con il mondo della formazione. Ci sono gli studenti che seguono il percorso tradizionale  ma che hanno bisogno di acquisire competenze aggiornate e applicate e poi i lavoratori. Chi si è già formato può avere bisogno di due cose: un upskilling per rimanere rilevante sul mercato del lavoro migliorando le proprie competenze o un reskilling, se invece si vuole riposizionare in un nuovo settore.

Il Covid ha trasformato molto del mondo del lavoro. L’università italiana invece sembra essere passata indenne.

Sì, il Covid ha introdotto una modalità di lavoro ibrida, che mischia attività in presenza a in remoto.  Fare università online o con un modello ibrido, non vuol dire però solo mettere online le lezioni. Bisogna anche ripensare da capo il modello educativo, per offrire un’esperienza educativa pensata per l’online, coinvolgente, di qualità ed inclusiva.

Come cambiano le lezioni quando sono online?

I docenti possono vedere i volti degli studenti solo durante le lezioni in presenza e ciò rende più difficile capire se stanno seguendo o se si stanno annoiando. È necessario fare lezioni più brevi, e complementare lezioni con quiz, esercizi e verifiche continuative, introdurre meccanismi di verifica della qualità più stringenti, analizzare i dati, formare i professori per garantirne l’efficacia anche in un contesto online, avere responsabili amministrativi che coordinino la classe.

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