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La propaganda di Israele entra nei giornali italiani: il caso Avvenire

Il governo israeliano sta utilizzando inserzioni pubblicitarie programmatiche per veicolare la propria narrazione all’interno dei siti di informazione italiani. Al centro della campagna c’è un articolo di Avvenire, sponsorizzato senza il consenso della testata.
A cura di Elisabetta Rosso
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Sulle pagine web di diverse testate giornalistiche italiane è comparso un nuovo banner. Nel titolo si legge: "La sistemica violenza sessuale l'altra arma del 7 ottobre", sotto compare la fotografia di un cimitero con bandiere di Israele piantate nel terreno. Il link rimanda a un articolo di Avvenire nel quale vengono riportati i risultati di un nuovo rapporto del progetto Dinah (gruppo israeliano nato in seguito agli attacchi del 7 ottobre 2023, con l'obiettivo dichiarato di documentare e denunciare le violenze sessuali commesse dai miliziani Hamas). "Lo studio fornisce numerose testimonianze che provano come il gruppo terroristico abbia usato in modo sistematico ed esteso la violenza sessuale come arma durante l’attacco terroristico del 7 ottobre", si legge nel pezzo.

Quello di Avvenire non è però un semplice articolo, il pezzo infatti è diventato uno strumento della propaganda mediatica di Israele. Per questo continua a comparire nei banner pubblicitari delle testate italiane. Da mesi la Israeli Government Advertising Agency (IGAA) – agenzia che opera come gruppo di comunicazione per il governo di Benjamin Netanyahu – sta cercando di manipolare la narrazione con strumenti propri della comunicazione commerciale. L'ultima mossa dell'IGAA è stata sponsorizzare l'articolo di Avvenire a insaputa della testata.

Il caso segna un punto di svolta nella strategia mediatica di Israele. Se finora la narrazione veniva veicolata attraverso video manipolati, falsi telegiornali e contenuti mirati distribuiti via advertising, oggi si assiste a un salto di qualità: la penetrazione diretta nel perimetro dell’informazione giornalistica tradizionale.

GOOGLE | Il banner pubblicitario sponsorizzato da Israele
GOOGLE | Il banner pubblicitario sponsorizzato da Israele

Il caso Avvenire: banner sponsorizzati e manipolazione mediatica

Il banner è stato segnalato su X dalla giornalista Federica D'Alessio. "Sostanzialmente ti arriva la pubblicità mentre tu stai navigando, su qualsiasi sito che tu stia visitando, ma poi se clicchi nel banner rimanda sempre a questa stessa notizia di Avvenire. Io me la sono trovata davanti mentre navigavo su Il Post e sul sito My Personal Trainer…", ha spiegato a Fanpage.it. A Fanpage.it sono anche arrivate segnalazioni sullo stesso banner comparso su il Messaggero.

Il banner segue gli utenti durante la navigazione inserendosi nello spazio visivo con il linguaggio e le tecniche tipiche della pubblicità commerciale. Si tratta di un formato pubblicitario programmatico, pensato per garantire una diffusione estesa e non contestuale: il messaggio viene veicolato indipendentemente dal contenuto del sito che lo ospita, puntando alla massima visibilità attraverso un targeting basato sul profilo dell’utente. L'articolo di Avvenire è infatti comparso anche su pagine che non trattavano il conflitto a Gaza.

Il governo di Israele da mesi porta avanti una campagna pubblicitaria massiccia per manipolare la narrazione e screditare i suoi nemici, come è successo con Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, e l'UNRWA , l’agenzia delle Nazioni Unite che fornisce assistenza ai rifugiati palestinesi. L'ultima campagna di sponsorizzazioni ha un obiettivo chiarissimo: promuovere il progetto Dinah. 

Propaganda nascosta: la risposta di Avvenire

Avvenire ha pubblicato un comunicato chiarendo che la sponsorizzazione dell’articolo è avvenuta senza consenso e a insaputa della redazione, e che a promuoverlo è stato il governo israeliano: 

Come segnalato da diversi lettori e lettrici, che ringraziamo, il contenuto, di natura puramente giornalistica, è stato oggetto di una sponsorizzazione da parte di Igaa, che da ricerca online risulterebbe essere l’Agenzia di pubblicità del governo israeliano. Né la redazione né gli uffici amministrativi di Avvenire hanno intrattenuto rapporti con Igaa, né tanto meno percepito alcun compenso per la realizzazione del contenuto in questione e per la sua diffusione. Quell'articolo, lo ribadiamo, è semplicemente frutto di una valutazione giornalistica, è stato inserito nella cronaca che puntualmente offriamo del conflitto in Medio Oriente e con cui cerchiamo di presentare ai lettori i diversi punti di vista delle parti in esso coinvolte.

Il caso dell’articolo di Avvenire, inserito senza consenso all’interno di una campagna sponsorizzata dal governo israeliano, è allarmante. L’obiettivo è chiaro: dare maggiore autorevolezza a una narrazione governativa, facendo leva sulla fiducia che i lettori ripongono in testate riconosciute.

Cosa sappiamo sul nuovo report del progetto Dinah

Il progetto Dinah è un gruppo israeliano fondato in seguito agli attacchi per chiedere giustizia per le vittime di violenza sessuale. È guidato dalla giurista Ruth Halperin-Kaddari e da Sharon Zagagi-Pinhas, ex procuratore capo militare delle Forze di Difesa Israeliane, e opera sotto il Centro Ruth ed Emanuel Rackman per la Promozione delle Donne presso l'Università Bar-Ilan. Una settimana fa ha pubblicato un rapporto sulle violenze sessuali di Hamas durante l'attacco del 7 ottobre.

Il team del progetto Dinah ha raccolto le testimonianze di 15 ostaggi, 17 testimoni oculari e da 27 soccorritori intervenuti durante l'attacco del 7 ottobre. "I racconti mostrano come Hamas abbia utilizzato la violenza sessuale in modo diffuso, sistematico e tattico come arma di guerra", si legge nel rapporto.

Il rapporto del Dinah Project arriva dopo un report del Consiglio per i diritti umani, un organismo sostenuto dalle Nazioni Unite, pubblicato a marzo di quest'anno in cui Israele veniva accusato di "uso sistematico di violenza sessuale, riproduttiva e di altra violenza di genere" nella Striscia di Gaza.

Non solo, Reem Alsalem, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne e le ragazze, ha dichiarato in una nota che la commissione speciale delle Nazioni Unite "non è stata in grado di verificare in modo indipendente specifiche accuse di violenza sessuale e di genere a causa dell'ostruzionismo israeliano alle sue indagini. A quanto ho capito, né la Commissione né alcun altro meccanismo indipendente per i diritti umani ha stabilito che la violenza sessuale o di genere sia stata commessa contro gli israeliani il 7 ottobre o a partire da quel momento come strumento sistematico di guerra o come strumento di genocidio".

La campagna mediatica dietro al progetto Dinah

Israele sta cercando in tutti i modi di promuovere il progetto Dinah e il nuovo rapporto pubblicato. E infatti, l'articolo di Avvenire è parte di una campagna mirata più ampia. Attraverso la nostra analisi sul portale Ads Transparency di Google, abbiamo scoperto che la Israeli Government Advertising Agency ha iniziato l'8 luglio una sponsorizzazione dedicata al progetto Dinah. Ha realizzato un video ad hoc targhettizzandolo sotto la categoria Arte e intrattenimento. "Hamas non ha solo invaso, ha fatto uso di violenza sessuale come arma di guerra", spiega il filmato.

Non è la prima volta. Su piattaforme come Instagram, Facebook, TikTok e YouTube, sono infatti comparsi falsi telegiornali che annunciano attacchi di Hamas mai avvenuti, insieme a video che promuovono quella che viene definita “una delle più grandi operazioni umanitarie al mondo da parte di Israele”. Le clip mostrano bambini palestinesi che abbracciano scatoloni di aiuti, mentre si parla della distribuzione di “milioni di pasti” al giorno e dell’arrivo di “migliaia di camion” nella Striscia di Gaza. Questi contenuti sono stati inseriti come annunci pubblicitari anche all’interno di video di influencer e content creator italiani. 

GOOGLE AD TRANSPARECY | Le sponsorizzazioni per il progetto Dinah
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