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La Luna è destinata a diventare un cimitero spaziale: la teoria dei prossimi 20 anni

Con oltre 400 missioni pianificate, gli scienziati avvertono: senza regole condivise la superficie lunare rischia di essere invasa dai satelliti schiantati.
A cura di Elisabetta Rosso
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Nei prossimi vent’anni la Luna potrebbe cambiare volto. Oltre a basi scientifiche e laboratori robotici, assisteremo a un numero crescente di satelliti in orbita destinati a “morire” sulla superficie lunare. Una volta esaurito il carburante, infatti, le opzioni sono limitate: senza un’atmosfera in grado di bruciarli come accade sulla Terra, rischiano di schiantarsi sulla Luna, trasformando lentamente il paesaggio in un cimitero tecnologico.

Il pericolo non è solo estetico. Le collisioni di satelliti abbandonati potrebbero danneggiare strutture scientifiche, siti storici come le impronte dei primi astronauti e aree di grande interesse per la ricerca. Inoltre, gli impatti generano intense vibrazioni e nuvole di polvere abrasiva, capaci di compromettere strumenti delicati e telescopi.

La situazione si fa ancor più complessa se si considerano le oltre 400 missioni lunari previste nei prossimi due decenni. Tra queste figurano il Lunar Gateway, la stazione spaziale in orbita lunare guidata dalla NASA, e il base camp Artemis sulla superficie, mentre Cina e Russia progettano una seconda base. Anche l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) si prepara all’espansione: nel 2026 lancerà il satellite Lunar Pathfinder, primo passo verso la costellazione Moonlight, destinata a essere operativa entro il 2030. Già oggi gli ingegneri studiano come smaltire Lunar Pathfinder al termine della sua vita utile, stimata in otto anni.

La Luna rischia quindi di trasformarsi in un deposito di detriti spaziali. La comunità scientifica internazionale dovrà definire regole condivise per proteggere non solo il patrimonio culturale e scientifico, ma anche il futuro della colonizzazione del nostro satellite naturale.

Tre strategie per “riciclare” i satelliti lunari

Gli operatori hanno a disposizione diverse strategie per gestire i dispositivi a fine vita, ma nessuna è semplice. Una possibilità è quella di inviarli in orbita solare, allontanandoli definitivamente dalla Luna, ma questa soluzione richiede un’unità di propulsione potente e grandi quantità di carburante, con costi molto elevati. In alternativa, i satelliti potrebbero essere spostati su orbite lunari più alte e meno affollate, tuttavia, la conformazione irregolare del campo gravitazionale della Luna rende questa manovra estremamente complessa e difficile da controllare. Infine, l’opzione più praticabile resta quella di crasharli in modo controllato sulla superficie, un’operazione che necessita di pianificazione accurata per evitare danni a siti scientifici, storici o a missioni in corso.

Sarah Boyall, responsabile dell’Ufficio Regolazione presso il UK Space Agency, ha confermato che organismi internazionali come l’UN Action Team on Lunar Activities Consultation (Atlac) e l’Inter-Agency Space Debris Coordination Committee (IADC), di cui il Regno Unito è attualmente presidente, stanno lavorando per stabilire linee guida condivise.

I “cimiteri spaziali” come soluzione

La creazione di zone designate per il crash dei satelliti, i cosiddetti “cimiteri spaziali”, è al momento la soluzione più concreta. "Indicare regioni specifiche come zone d’impatto limiterebbe la dispersione di artefatti umani, preservando altre aree per la ricerca e le future operazioni", ha spiegato al Guardian Ben Hooper, project manager del Lunar Pathfinder presso SSTL, azienda inglese produttrice di satelliti.

Secondo John Zarnecki, professore di scienze spaziali dell’Open University, gli impatti controllati potrebbero anche essere utili: generano onde sismiche prevedibili che aiutano a studiare la struttura interna della Luna, trasformando un problema in un’opportunità scientifica.

"Non è un problema immediato, considerando la vastità della superficie lunare", ha spiegato Ian Crawford, astrobiologo dell’Università di Londra "ma più satelliti ci saranno, maggiore sarà la probabilità di incidenti in zone sensibili".

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