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In Italia è stato creato un esoscheletro per sostenere chi non può camminare: come funziona Twin

Realizzato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) insieme a Inail, questo robot punta a permettere alle persone con capacità motoria ridotta o assente di tornare a stare in piedi di nuovo. Il nuovo esoscheletro potrebbe essere utilizzato nel percorso riabilitativo per migliorare il benessere complessivo del paziente, sia a livello fisico che psicologico.
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IIT - Foto del paziente Alex Santucci durante la fase di test di Twin
IIT – Foto del paziente Alex Santucci durante la fase di test di Twin

"Esoscheletro", parola composta da "eso", ovvero "esterno", e "scheletro". In biologia questo termine indica la struttura ossea esterna tipica di alcuni animali, come granchi o ragni. Proprio come accade in natura, nel settore della tecnologia medica la parola è stata utilizzata per indicare una delle novità più interessanti degli ultimi tempi: gli "esoscheletri" sono strutture robotiche che possono essere indossate con la funzione di aumentare o recuperare il funzionamento di uno o più arti umani. A oggi, queste macchine costituiscono l’unico dispositivo che permette una deambulazione autonoma per pazienti con deficit motori conseguenti a lesioni midollari dovute a traumi o patologie neurologiche.

Una delle applicazioni più innovative degli esoscheletri sono i robot indossabili per coloro che hanno perso, del tutto o parzialmente, l'uso degli arti inferiori. L'Istituto Italiano di Tecnologia – IIT ha appena presentato Twin, la versione aggiornata e migliorata del proprio esoscheletro per arti inferiore, realizzata in collaborazione con il Centro Protesi Inail (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) di Budrio. Dopo circa dieci anni di ricerca, il progetto è entrato nella fase due dell'iter di approvazione indicato dall'Unione europea. Il prossimo step sarà la marcatura CE, con la quale partirà la fase di industrializzazione, ma i risultati ottenuti finora, durante la prima fase dei trial clinici, fanno ben sperare per quanto riguarda il suo utilizzo come strumento di riabilitazione.

Tra i pazienti su cui il robot è stato testato, Alex Santucci, che ha accompagnato i ricercatori nella progettazione del robot, imparando a indossarlo in prima persona, lo ha definito "una grande opportunità per le persone in carrozzina". A Fanpage.it Matteo Laffranchi, responsabile del laboratorio Rehab Technologies IIT INAIL, ha spiegato a che punto sono i lavori e i risultati ottenuti finora.

IIT | Dimostrazione dell'uso di Twin
IIT | Dimostrazione dell'uso di Twin

Com'è nato il progetto che ha portato al vostro esoscheletro?

Il progetto è iniziato nel 2013, quando Inail, ha deciso di finanziare una parte del lavoro con l'obiettivo di favorire il reinserimento dei lavoratore gravemente infortunati in contesti sociali e di lavoro. Con il sostegno economico di Inail è partita la prima fase del lavoro che avrebbe portato a Twin. Man mano che lo testavamo sulle diverse tipologie di pazienti ci siamo però resi conto che potevamo fare ancora meglio e costruire una macchina più efficace. Abbiamo così iniziato a lavorare alla seconda versione di Twin.

Cosa ha in più il nuovo modello rispetto al primo?

Il nostro intento era mantenere tutti i punti di forza del primo, quindi il concept di smontabilità, facilità di utilizzo e gestione, ma migliorando alcuni aspetti. Per farlo abbiamo introdotto motori più potenti, un design migliorato, il tutto abbassando i costi di produzione. La nostra priorità era rendere la nuova versione ancora più facile da usare e ci siamo riusciti migliorando la componente chiave del nostro esoscheletro, ovvero l’attacco rapido. Si tratta in sostanza di un connettore, ma strutturale, che consente alla macchina di essere smontata in tante piccole componenti: dato che si tratta di una macchina di circa 20 chili, il fatto che possa essere smontata e rimontata la rende chiaramente più facile da utilizzare rispetto a come sarebbe stato se fosse stata una struttura monolitica e non “smontabile”.

Chi potrà utilizzare il vostro esoscheletro? 

All’inizio di questo progetto abbiamo avuto diversi scambi con ospedali e pazienti che hanno portato alla realizzazione di una serie di tecnologie chiave per permettere l’utilizzo dell'esoscheletro in semi-autonomia per le persone con lesione midollare completa. Ora, a distanza di anni, siamo riusciti ad ampliare l’utilizzo di Twin a persone con diverse tipologie di disabilità motoria, estendendola anche a chi ha una capacità motoria residua.

Nello scenario che immaginiamo, il nostro esoscheletro potrà essere utilizzato dalle persone con possibilità di recuperare l’uso degli arti, che hanno quindi una lesione parziale, ma anche dai pazienti che hanno avuto una perdita totale dell’uso delle gambe. Anche questi potranno infatti utilizzarlo come strumento di terapia per ottenere tutta una serie di benefici sia a livello fisico che psicologico. Tra questi ci sono la possibilità di ripristinare una buona funzionalità intestinale e vescicale – che per chi è in carrozzina è spesso un problema – una maggiore vascolarizzazione e ovviamente anche il recupero del tono muscolare e il potenziamento della densità ossea.

Qual è l'iter che dovranno seguire i pazienti prima di utilizzarlo?

Proprio come accade per le protesi, sia quelle passive che quelle bioniche, anche per l’esoscheletro, prima di indossarlo sarà necessaria una fase di traninig, un addestramento pratico all’utilizzo della macchina. Per quanto riguarda il tempo necessario, è impossibile stabilire una durata uguale per tutti: alcuni pazienti con una preparazione fisica maggiore riescono a utilizzarlo con confidenza anche nell’arco di tre o quattro sedute. Ad esempio, il nostro paziente, Alex Santucci, ha recuperato anche un uso parziale delle gambe, utilizzando l'esoscheletro, ma non è detto che sarà per tutti così.

Non è nemmeno scontato che tutti riescano a utilizzarlo: imparare a usare l’esoscheletro non è semplice e richiede determinazione. Eppure, nonostante sia impegnativo, chi lo usa lo fa regolarmente, perché vede un miglioramento importante sul suo benessere complessivo.

Quanto dovremmo aspettare ancora per la sua introduzione?

L’iter di approvazione del dispositivo è lo stesso indicato dall’Unione europea per l’introduzione dei nuovi farmaci. Dopo aver superato le prove di conformità sulla sicurezza elettrica e meccanica, ora ci troviamo nella fase due, ovvero quella della sperimentazione pilota, con la quale stiamo testando la qualità del dispositivo sui pazienti per verificarne l’usabilità e la sicurezza generale.

Il prossimo step sarà la fase tre, ovvero i trial clinici di secondo tipo, il cui obiettivo sarà determinare in modo quantitativo l’efficacia clinica del dispositivo medicale. Per farlo dovremmo sperimentarlo su un pool più ampio di pazienti in modo da ottenere risultati staticamente validi. Solo superati questi step e concluso l’iter di approvazione, passeremo alla commercializzazione, una volta ottenuta la marcatura CE.

È possibile immaginare un futuro in cui gli esoscheletri sostituiranno le carrozzine?

Bisogna sfatare il mito per cui l’esoscheletro sostituirà la carrozzina. Nessuno dei pazienti che usa strumenti esoscheletrici ha mai pensato di farlo: la carrozzina è uno strumento valido, veloce e soprattutto è socialmente accettata, al contrario dell’esoscheletro che invece deve ancora superare questa soglia di accettazione da parte della società. Bisogna piuttosto puntare a un uso combinato di questi due dispositivi: l’esoscheletro va immaginato come uno strumento di supporto e ausilio nel percorso di riabilitazione delle persone che hanno avuto una perdita totale o parziale dell’uso delle gambe.

Per quanto riguarda i costi invece?

Per l’argomento costi, ovviamente queste macchine hanno un valore economico importante che si aggira anche sui 100.000 euro a pezzo. Questo ci porta a pensare che almeno una prima fase sarà difficile una copertura da parte del sistema sanitario nazionale, diverso è il discorso che possiamo fare con le assicurazioni, come Inail, che hanno possibilità economiche maggiori.

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