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“Il golpe in Francia è iniziato”: come il video IA di un ragazzino ha ingannato perfino un capo di Stato

Il video fake creato da un diciassettenne che annunciava un golpe in Francia ha svelato la fragilità delle democrazie e l’impotenza dei governi di fronte alle piattaforme digitali e all’IA. E questo potrebbe essere un grosso problema.
A cura di Niccolò De Rosa
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Un video fake, realizzato con l'intelligenza artificiale e diffuso sui social come una breaking news, è stato sufficiente a convincere milioni di persone che in Francia fosse in corso un colpo di Stato. La bufala è arrivata fino al presidente Emmanuel Macron, che ne è venuto a conoscenza dopo la telefonata di un omologo di un non meglio precisato Stato africano, ansioso di sincerarsi della situazione. L'episodio sembra uscito da una vignetta satirica, ma impone riflessioni molto serie sul potere delle piattaforme digitali e sull’impatto dell'IA nella manipolazione dell'opinione pubblica.

Il video che annunciava un golpe mai avvenuto

Il filmato che ha scatenato il breve momento di panico si presentava come un servizio televisivo urgente di un'inesistente emittente "Live 24". Una giornalista in diretta da Parigi parlava di un colpo di Stato guidato da un colonnello senza nome e persino della possibile destituzione del presidente Macron. Alle sue spalle, una Tour Eiffel illuminata, le luci blu della polizia, un elicottero in volo, militari armati e una piccola folla assembrata dietro all'inviata. Sebbene alcuni indizi ne tradissero l'origine artificiale – la luce irrealistica sulla figura della giornalista, la folla troppo statica, i colori saturi – il video ha iniziato a circolare prima su TikTok e poi su Facebook, dove il contenuto è diventato virale, con oltre 12 milioni di visualizzazioni.

Come già anticipato, la portata della disinformazione è emersa in modo clamoroso domenica, quando Macron ha ricevuto un messaggio da un altro capo di Stato africano. "Caro presidente, cosa sta succedendo nel tuo Paese? Sono molto preoccupato", gli ha scritto, allegando il link al video. In un incontro organizzato dal quotidiano La Provence, a Marsiglia, Macron ha raccontato l'episodio con una certa incredulità, spiegando che inizialmente la notizia lo aveva persino divertito. Ma l'ilarità è durata ben poco.

Dietro il fake, un adolescente e pochi euro

A rendere la vicenda ancora più grottesca è stata la scoperta dell'identità dell’autore. Qualche giorno dopo la diffusione del video si è infatti scoperto che l'ideatore di tutto era un ragazzo di 17 anni del Burkina Faso che ha imparato a usare l'IA seguendo corsi online. Come riportato da France 24, quella che sembrava una strategia per sferrare un attacco politico a una potenza occidentale si è rivelata in realtà un semplice espediente per macinare visualizzazioni e guadagnare con le pubblicità, oltre che per promuovere corsi su come monetizzare contenuti creati con l’intelligenza artificiale.

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Lo scontro con Meta

L'Eliseo ha subito chiesto la rimozione del contenuto, segnalando il video a Meta, la società madre di Facebook. Secondo la piattaforma però, il filmato non violava le regole d’uso. Per giorni il video è rimasto online, accompagnato solo da una vaga etichetta che avvertiva che il contenuto "potrebbe essere stato creato o modificato digitalmente".

Macron non ha nascosto la sua irritazione. "Queste persone si prendono gioco di noi", ha dichiarato senza usare mezzi termini. "Non si preoccupano della qualità del dibattito pubblico, non rispettano la sovranità democratica e ci mettono in pericolo". Il presidente ha ammesso tutta la sua impotenza di fronte ai colossi tecnologici, sottolineando come nemmeno un capo di Stato riesca a ottenere interventi rapidi ed efficaci. Alla fine, il video è stato rimosso non da Meta, ma dallo stesso autore, dopo che la polemica è esplosa in Francia. Il guadagno per il giovane fabbricante di fake? Circa sette euro.

Un caso simbolo del potere delle piattaforme

Questa vicenda evidenzia quanto i social network siano diventati snodi centrali dell’informazione moderna. Pur sostenendo di non selezionare né validare i contenuti che ospitano, sono i loro algoritmi a decidere quali notizie possono diffondersi in tutto il mondo e quali restano invisibili. Una responsabilità enorme, che le piattaforme digitali continuano però a rifiutarsi di riconoscere.

Anzi, complice un vento politico che da qualche anno spira sempre più a favore di un populismo sfrenato, i colossi di Internet stanno progressivamente abdicando al ruolo di "controllori" che un tempo li aveva esposti alle critiche opposte, con accuse di un'eccessiva e spesso maldestra intransigenza. Lo stesso Mark Zuckerberg ha annunciato a inizio 2025 l'eliminazione dei fact-checker e una forte riduzione della censura sui contenuti su Meta. Una mossa dettata da un equivoco principio di "libertà di parola" che è stato nuovamente ribadito in occasione del battibecco con la Presidenza francese.

La disinformazione incontrollata e il pericolo per la democrazia

Al di là del ritardo nella rimozione del video, il caso del falso colpo di Stato conferma i dubbi (e i timori) sull'impatto dell'intelligenza artificiale sulle dinamiche che plasmano il nostro sistema politico e sociale. In un mondo in cui un ragazzino ancora alle scuole può scatenare reazioni diplomatiche con pochi click, resta da chiedersi se le nostre fragili democrazie, fondate per loro stessa natura sugli orientamenti del popolo, siano davvero dotate degli anticorpi necessari per difendersi dagli effetti tossici delle nuove forme di disinformazione.

Soprattutto in assenza di un'adeguata alfabetizzazione digitale, i contenuti falsi ma credibili possono orientare l'opinione pubblica, alimentare sentimenti anti-scientifici, scatenare focolai di panico e persino influenzare le relazioni internazionali e gli scenari economici. Quanti miliardi sarebbero andati in fumo se i mercati avessero creduto, anche solo per qualche ora, alla caduta della Repubblica francese? Cosa potrebbe scatenare un deep-fake di Zelensky che insulta apertamente il permalosissimo Trump?

Il caso del finto colpo di Stato in Francia ha purtroppo dimostrato che la disinformazione non ha più bisogno di grandi apparati o regie complesse. Bastano un computer, un software di IA e una piattaforma disposta a chiudere un occhio per ripetere una bugia il tempo necessario a farla sembrare vera. In questo vuoto di responsabilità, il diritto a un’informazione corretta e verificata rischia di essere compresso, mentre la fiducia nei processi democratici si indebolisce. Non si tratta dunque di una questione tecnologica, ma politica e culturale. Finché le piattaforme continueranno a presentarsi come semplici contenitori neutri, pur agendo come amplificatori globali di contenuti, episodi come questo non resteranno eccezioni, ma anticipazioni di un futuro sempre più difficile da governare.

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