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Intelligenza artificiale (IA)

I presidi italiani aprono a ChatGPT: “È come il nucleare, si può creare una bomba o produrre energia”

Il chatbot di OpenAi ha suscitato entusiasmo e paura. Molti studenti lo hanno usato per copiare compiti ed esami, eppure potrebbe arricchire la didattica.
Intervista a Antonello Giannelli
Presidente dell'Associazione nazionale presidi
A cura di Elisabetta Rosso
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La scuola sta giocando ad "acchiappa la talpa" con un esercito di chatbot guidati dall'intelligenza artificiale. Non funzionerà. ChatGPT, capace di scrivere saggi, temi, rispondere a domande e scrivere come un umano, fa paura. Eppure potrebbe diventare una risorsa preziosa, perché il suo potenziale supera tutti i rischi.

È vero gli studenti hanno provato a copiare da ChatGPT e spesso sputa fuori risposte sbagliate o fuorvianti, e poi quando non sa, inventa. Anche i difetti di ChatGPT, però, possono diventare materiale buono per un esercizio di pensiero critico. Non solo, sbloccare la creatività, offrire tutoraggio personalizzato e preparare meglio gli studenti a lavorare insieme ai sistemi di intelligenza artificiale, quelli che daranno forma al mondo che li aspetta fuori dall'aula. Per capire meglio in che direzione sta andando la scuola italiana, abbiamo intervistato Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi.

Lei ha mai provato ChatGPT?

No, io onestamente mai, ma credo che sia un elemento del progresso con il quale dobbiamo fare i conti, nei confronti del quale non dobbiamo avere chiusure. Poi chiaramente bisogna fare in modo che non venga utilizzato per ottenere valutazioni superiori ai propri meriti copiando.

Quali sono quindi i rischi? Partendo proprio dal plagio. 

È chiaro che se è il chatbot a suggerire come svolgere alcuni compiti non va bene. C’è chi sta pensando di tornare alla carta e alla penna, perché se gli studenti lavorano al computer diventa semplicissimo collegarsi a ChatGPT fare copia e incolla e inviarlo al docente. Nelle università americane per esempio il problema degli studenti che copiano è diventato di grande attualità, sono stati i primi a segnalarlo.

E infatti le scuole di New York hanno bandito ChatGPT dalle loro reti.

Io sono in generale contrario alla messa all’Indice. Certe soluzioni drastiche sono inutili, in qualche modo le nuove tecnologie vanno comprese e utilizzate, non bandite. Queste forme di chiusura non ottengono alcun risultato di fatto.

Anche perché poi a casa i ragazzi sui propri smartphone o computer possono usare il chatbot.

Ma sì, non si possono controllare i comportamenti dei singoli e tutti dispongono di dispositivi in grado di interagire con questi sistemi. Bisogna pensare a qualcosa di diverso.

Come integrare ChatGPT nell’insegnamento? 

Assolutamente, bisogna integrarlo capendo cosa si può fare di più e soprattutto cosa si può fare meglio. Non ha senso chiudersi e rifiutare un’innovazione. L’innovazione è neutra dipende dall’utilizzo che ne facciamo. Come per il nucleare, puoi creare la bomba oppure l’energia.

C’è chi per esempio ha suggerito di utilizzare ChatGPT per il tutoraggio personalizzato o per preparare meglio gli studenti a lavorare insieme ai sistemi di intelligenza artificiale. Cosa ne pensa?

Beh questi sistemi possono renderci un servizio quindi perché no, può essere uno spunto. Nella scuola italiana è ancora molto episodico, non è diffuso come negli Stati Uniti, e sarà necessario all’interno delle scuola una riflessione da parte dei docenti di ogni disciplina per capire al meglio come lavorare con questa tecnologia. Lo scopo della scuola è sempre quello di far sì che lo studente impari qualcosa.

Anche perché gli studenti di oggi si affacceranno a un mondo pieno di intelligenza artificiale (IA).

Infatti. Già adesso le transazioni in borsa sono in gran parte dominate da sistemi che si basano sull'IA, quindi è bene cominciare a farci l’abitudine per imparare tutto ciò che questa nuova tecnologia può offrire, guardando oltre i rischi.

A proposito di rischi, ChatGPT non è perfetto, dà anche risposte sbagliate e questo spaventa molti insegnanti.

La scuola dovrebbe concentrarsi sulla capacità di giudizio critico e quindi deve insegnare a non fidarsi ciecamente del prodotto di un chatbot. Lo scopo della didattica è proprio questo, non stimolare un apprendimento mnemonico, ma stimolare lo sviluppo di giudizio critico.

ANTONELLO GIANNELLI | Presidente dell'Associazione nazionale presidi
ANTONELLO GIANNELLI | Presidente dell'Associazione nazionale presidi

E invece per gli insegnanti? Può essere un aiuto per preparare i compiti o correggere i quiz a crocette?

Certo, può per esempio aiutare a elaborare un testo che viene poi assegnato alla classe, farlo diventare uno strumento utile. Oppure può sollevare magari da quei compiti più ripetitivi e lasciare ai docenti la parte più creativa del loro lavoro.

Prima mi parlava di carta e penna reintegrate nelle università. Tanti dicono che ChatGPT cambierà verifiche o esami. Sarà così?

Io credo che cambierà il modo in cui si valutano gli studenti perché bisogna trovare dei sistemi che vanifichino i tentativi di plagio, è chiaro che con carta e penna diventa più difficile la copiatura da ChatGPT, oppure con le interrogazioni orali. Si può anche far produrre un testo al chatbot e poi sottoporre a un’analisi critica in classe e fare delle considerazioni sul prodotto finale.

E diventa anche un modo diverso per fare didattica.

Appunto, deve trasformarsi in un ausilio in più.

Le è capitato di avere segnalazioni da parte degli insegnanti, che magari hanno scoperto gli alunni copiare da ChatGPT?

No, non mi è capitato, credo che il fenomeno in Italia sia ancora abbastanza contenuto.

Ma arriverà.

Sì, sicuramente, e una soluzione potrebbero essere sin da subito gli antidoti per verificare se è il lavoro è stato prodotto o meno da un chatbot. Mi sembra che già ci siano dei sistemi per capire se l'elaborato è stato scritto o meno da ChatGPT, e poi si capisce come inserire il chatbot in classe.

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