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I genitori pubblicano in media 300 foto dei figli in un anno, e questo è un problema

Uno studio della SIP, Società Italiana di Pediatria ha messo in luce i rischi del fenomeno, tra questi la pedopornografia online e la violazione della privacy del minore.
A cura di Elisabetta Rosso
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Da anni sui social appaiono foto di bambini che mangiano, dormono, giocano, spengono le candeline sulla torta o salutano con il sorriso sdentato. I genitori pubblicano gli scatti e subito i post si gonfiano di like e cuori. C’è anche chi ci ha visto lungo e ha costruito un business sui figli che fanno cose. In poche parole sono riusciti a monetizzare anche la pappetta della domenica sera. Il fenomeno a un certo punto diventa talmente diffuso che si merita un nome: sharenting. Contrazione di sharing (condivisione) e parenting (genitorialità) ed è stato battezzato ufficialmente a giugno 2022 dall’Oxford English Dictionary.

Ora uno studio della SIP, Società Italiana di Pediatria, ha tradotto in numeri la tendenza. Ogni anno i genitori pubblicano 300 foto dei figli sui social, e prima del quinto compleanno ne hanno già condivise quasi 1.000. Insieme alle foto però senza volerlo fanno circolare anche informazioni personali che potrebbero mettere a rischio l’immagine, e la salute fisica e psicologica dei bambini.

Cosa dicono i pediatri

Lo studio è stato pubblicato online e sarà presentato sulla rivista Journal of Pediatrics, dell'European Pediatrics Association, il primo autore è Pietro Ferrara, Responsabile del Gruppo di Studio per i diritti del bambino della SIP. Sul podio dei social più utilizzati dai genitori ci sono Facebook, dove finiscono il 54% degli scatti, il 16% su Instagram, e il 12% su Twitter. I ricercatori hanno anche analizzato i contenuti, vengono pubblicate soprattutto fotografie dei bambini mentre dormono, giocano o mangiano, ci sono anche gli scatti per immortalare le ricorrenze per esempio compleanno, Natale, battesimo, o il primo giorno di scuola.

"Non va sottovalutato però che questa pratica può associarsi ad una serie di problematiche che principalmente ricadono sui bambini", spiega Pietro Ferrara. "Spesso, infatti, i genitori non pensano che quanto condiviso sui social media, a volte anche molto personale e dettagliato, esponga pericolosamente i bimbi ad una serie di rischi, primo fra tutti il furto di identità”, ma non solo, le immagini potrebbero anche essere caricate su siti pedopornografici. Un’indagine dell’eSafety Commission australiana ha mostrato che il 50% del materiale presente su queste piattaforme proviene proprio dai social.

I problemi e i rischi dello sharenting

Oltre ai rischi legati alla sicurezza del minore gli scatti, spiegano gli autori, potrebbero anche creare imbarazzo al bambino, una volta diventato adulto. E a quel punto sarebbe molto difficile riuscire a eliminare le foto dal web. Non solo, la condivisione di fotografie sul social da parte dei genitori potrebbe “togliere ai bambini il loro diritto a determinare la propria identità". Dal punto di vista psicologico, infatti il rischio è di sviluppare un Falso Sé. Essendo esposti sin dall'infanzia sui social i ragazzi potrebbero sviluppare delle barriere difensive che compromettono l’autenticità. D’altronde non possono imparare la differenza tra pubblico e privato, quando tutto, persino le loro foto sulla tazza del water, viene postato sui social.

In generale, come spiega Ferrara il problema è figlio di una mancanza di consapevolezza. I genitori non tengono in considerazione il diritto alla privacy del bambino. "Nel nostro ordinamento l'immagine della persona è tutelata da diverse norme: la legge sul diritto d'autore che prevede che nessun ritratto di una persona possa essere esposto senza il consenso di quest'ultima, l'articolo 10 del codice civile, che consente la richiesta di rimozione di un'immagine che leda la dignità di un soggetto con conseguente possibilità di risarcimento danni. Va, però, anche evidenziata un'ambiguità delle normative che proteggono l'immagine in quanto si parla di ‘consenso dell'interessato' che, nel caso di minore, deve essere offerto dal suo rappresentante legale (articolo 316 del Codice Civile), cioè proprio il genitore".

La proposta di legge in Francia e le prospettive in Italia

Quello della SIP non è l'unico studio sul fenomeno, il rapporto del Children’s Commissioner for England del 2018 ha stimato che “un bambino appaia in media in 1.300 fotografie pubblicate online prima dei 13 anni, sui propri account, su quelli dei genitori o dei familiari”. Secondo l’Observatoire de la Parentalité & de l’Éducation numérique nelle società occidentali oltre il 40% dei genitori pubblica foto o video dei propri figli. Tutto questo ovviamente avviene senza il consenso dei figli, il motivo è banale, non hanno l'età per darlo. Come spiega Save the Children le foto o i video sui social sono “tracce digitali, su cui i bambini non hanno controllo, ma che vanno a sedimentarsi in rete diventando parte dell’identità digitale dei ragazzi”.

Su queste basi il Parlamento francese ha approvato il disegno di legge proposto dal deputato Bruno Studer per garantire ai minori il diritto alla loro immagine. Il tema sta trovando terreno fertile anche in Italia, e il caos francese potrebbe diventare un precedente per adottare misure più stringenti sui social. Già a novembre 2022, l’Autorità garante per i diritti dell’infanzia ha sottoposto la questione al governo.

I suggerimenti della SIP

La SIP in allegato con la ricerca ha anche elencato i consigli per non sottovalutare il fenomeno. Per prima cosa bisogna essere consapevoli che pubblicando le fotografie dei propri figli si crea un dossier digitale senza il consenso del bambino. È anche necessario essere attenti sui contenuti che si condividono perché potrebbero rivelare informazioni e esporre i minori, per esempio guardando una foto del primo giorno di scuola, potrebbe essere semplice intuire quale istituto frequenta il bambino. I pediatri raccomandano anche di evitare fotografie di nudi, che potrebbero essere strumentalizzate e utilizzate sui siti pedopornografici, e di attivare le notifiche per avvisare quando il nome del figlio appare sui motori di ricerca.

Infine riprendendo l’articolo 31 della Costituzione che "protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo" e la Convenzione Internazionale sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza invitano a rispettare il consenso e il diritto alla privacy dei minori. "I pediatri sono figure centrali per sensibilizzare i genitori sui pericoli associati alla condivisione online. Per proteggere la privacy dei bambini, alle famiglie può essere spiegato quali siano le possibili strategie difensive. È importante supportare le mamme e i papà, bilanciando la naturale inclinazione a condividere con orgoglio i progressi dei figli con l'informazione sui rischi connessi alla pratica dello sharenting", afferma la Presidente SIP Annamaria Staiano.

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