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“Hanno venduto il mio dolore per 350 like”, Danny Lazzarin e il prezzo di vivere con gli hater

Sui social si dà in pasto la vita privata di qualcun’altro pur di aumentare l’hype e i follower. La storia di Lazzarin diventa un punto di partenza per capire come devono cambiare le piattaforme e come contrastare l’hating online.
A cura di Elisabetta Rosso
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C'è stato un momento in cui YouTube era solo una piattaforma dove caricare video di bassa qualità girati con la webcam, e Danny Lazzarin c'era. Portava la sua videocamera in palestra e si filmava tra una panca piana e un'alzata laterale. Era l'inizio della creator economy, quella che avrebbe trasformato la piattaforma in un El Dorado digitale. "Era tutto diverso" spiega Lazzarin, "più sbarazzino, amatoriale, l'aria che si respirava era spensierata, senza regole eppure c'era grande rispetto". YouTube è cresciuta e anche Lazzarin ha cominciato a pubblicare video sempre più professionali "con tanto di camere, luci, e set".

Ma nella metamorfosi, come spesso accade, prendono forma anche le derive pericolose: hater, troll, e aste di gossip. Si può dare in pasto al pubblico la vita privata di qualcun altro per una manciata di like. "Mi è stato fatto uno sgambetto molto molto duro, hanno venduto in una live il dolore della mia famiglia e per questo ho deciso di fare qualcosa. Certe cose non devono più succedere, e per questo ho pubblicato il mio ultimo video". Un flusso di coscienza lungo 17 minuti che ha segnato 2,5 milioni di visualizzazioni, Lazzarin ha tracciato una linea di confine netta sul mondo dei social e porta chiedersi fino a che punto siamo disposti a spingerci pur di ottenere un like.

Partirei dall'inizio. Ti ricordi la prima volta che hai visto YouTube?

Sì, ero nel mio ufficio, stavo navigando su internet e sono approdato in questa piattaforma dove c'erano appunto i primi italiani che cominciavano a caricare video  molto basic con la webcam del computer, i telefoni ancora non registravano video. Era una cosa molto nuova, particolare perché si passava da un programma curato come quello della TV a qualcosa di assolutamente amatoriale e quindi ci fu grande curiosità non solo da parte mia, ma da parte di tutti.

Qual è stato il primo video che hai caricato e pubblicato?

Il mio primo video era un allenamento fatto in una palestra pubblica, non c'erano ancora le norme sulla privacy che ci sono adesso. Era registrato interamente con il telefono, portavo i miei spettatori con me tra le varie macchine della palestra a fare l'allenamento. Era un qualcosa di molto imbarazzante, ma molto, molto genuino.

Stai descrivendo un mondo che non è più quello di adesso. Che aria si respirava all'inizio su YouTube?

Era un'aria spensierata, senza regole anche se c'era grande rispetto verso chi caricava i video. Erano per lo più contenuti genuini che portavano lo spettatore a ridere, c'era un'atmosfera sbarazzina, con ragazzi molto giovani che cominciavano a prendere confidenza con questa nuova tecnologia e caricavano tutto senza filtri.

E invece adesso come è cambiato?

Adesso è cambiato invece tutto. Prima di caricare un contenuto, viene vagliato, rivisto, montato, studiato, non c'è solo la post produzione, ma c'è anche molta attenzione nel scegliere un set, gestire le luci, le camere. È aumentata la professionalità e anche il costo di gestione di un canale, è diventata una vera e propria professione.

Quindi ora il tuo lavoro è diverso.

Beh sì. All'inizio anch'io mi sono avvicinato alla piattaforma in modo molto leggero, come ho detto registravo con un telefono. Mi sono dovuto adeguare, ho cominciato a studiare la parte video dell'attrezzatura al set e ho investito i miei soldi per alzare la qualità. Sentivo la necessità di portare qualcosa di più agli spettatori.

Essere un creator oggi vuol dire esporre sempre di più la propria vita privata?

Facendo il creator ti esponi sicuramente. Ormai ogni singolo spettatore ha la possibilità di commentare, di esprimere un giudizio, di dare un incoraggiamento o una critica che può essere anche costruttiva. Ci sono persone che caricano tutto, portano gli spettatori nella vita privata. Non solo su YouTube, anche su Instagram, che permette di creare contenuti più personali, per esempio con le storie. Un creator però deve capire fino a che punto vuole mostrarsi, quando lo fai ti esponi anche a possibili critiche, purtroppo non tutti sono in grado di gestire lo stress di una risposta negativa da parte del pubblico, quindi è importante capire fino a che punto vuoi arrivare, qual è il tuo limite.

Qual è il tuo?

Io ho deciso di marcare questa linea in modo profondo per non portare i fatti della mia vita privata, in modo da essere, diciamo, cosciente di quello che posso e voglio pubblicare. Per scelta non ho più portato nessun tipo di attrezzatura a casa, non registro mai storie e non metto in mostra la mia sfera intima. Non c'è nessun obbligo da parte di un creator di portare sempre più contenuti personali. Mi sono accorto che raccontando ogni cosa attraverso uno schermo rischiavo di diventare uno spettatore della mia vita.

L'ultimo video che hai caricato, “Vi chiedo aiuto" è un video diverso, i tuoi spettatori sono abituati a vederti sorridere. 

Sì, l'ultimo video che ho caricato è un video totalmente diverso. Un video che in realtà non ho avuto il coraggio di guardare, un video che non mi piace, un video che non fa parte di me. Ho dovuto raccontare un momento difficile della mia vita che avrei preferito affrontare con la mia famiglia e non sui social. Non per vergogna o altro, ma perché è una questione intima e delicata.

Ci vuoi raccontare cosa è successo?

Io e mia moglie abbiamo perso un bambino circa nove mesi fa, e durante un'intervista fatta con un altro creator mi è stato chiesto perché non avessi figli. La domanda mi ha turbato e mi sono allontanato dal set, ho chiesto scusa e dopo qualche minuto ho ripreso la performance. L'errore non stava nella domanda perché chi me l'ha fatta non sapeva cos'era successo, me l'hanno chiesto perché ho una lunga storia d'amore che dura da più di 18 anni, quindi era lecita. Quello che però non avrei immaginato è che la mia risposta, data in un momento di intimità per spiegare la mia reazione sarebbe stata venduta a un'asta di gossip per 350 like.

In che senso un'asta di gossip?

Vendono notizie e gossip in cambio di like, chi l'ha organizzata ha alluso prima in modo goliardico di avere notizie piccanti su di me, dicendo che ero crollato sul set e scoppiato in lacrime. Mentre raccontavano queste cose ridevano e chiedevano più offerte, quando hanno raggiunto l'obiettivo dei like hanno cominciato a raccontare quello che mi era successo. Peccato che non fosse tutta la verità.

E cosa hanno raccontato?

Hanno cominciato a fare galoppare la fantasia degli spettatori, alludendo a tradimenti, e a chissà cos'altro. E oltre alle bugie che sono state dette non c'è stato il rispetto verso il dolore, questo genere di avvenimenti vanno elaborati con con la famiglia, con le persone che amiamo, che ti possono aiutare. Loro invece le raccontavano ridendo e per far ridere gli spettatori che facevano le offerte. È stato uno sgambetto molto, molto duro. Ma è una pratica che sta prendendo piede. Io sono solo una delle tantissime vittime.

Tua moglie come ha reagito? 

Non era a conoscenza di quello che era successo, quel giorno durante il set era appena tornata dall'ospedale dopo una emorragia interna molto grave che l'aveva obbligata a letto per quasi un mese, e non volevo farle vedere quanto mi avesse ferito quell'episodio, cerco sempre di essere forte per lei. Però quando è stato pubblicato il video le persone hanno cominciato a scriverle in privato chiedendole che cosa avessi fatto, con chi l'avevo tradita o se fosse stata lei a tradire me. Quando sono tornato a casa, ricordo bene quel giorno, l'ho trovata in lacrime con il telefono in mano, mi ha chiesto cosa avessi combinato e le ho raccontato cos'era successo. E lì si è mostrata per la donna che è. Ha subito capito e non ha messo in discussione nulla. Mi ha abbracciato e mi ha detto che era fiera di me.

È a quel punto hai deciso di pubblicare il tuo ultimo video? 

Dopo tre giorni, passato nella solitudine assieme a lei a ricevere messaggi di questo tipo e a tenere tutto dentro non ce l'ho più fatta. Ho deciso in piena notte, non stavo dormendo, di andare in studio e registrare quel video mentre lei dormiva. L'ho registrato di getto, l'ho montato in velocità. Mi vergognavo persino di farlo montare dallo staff e quando l'ho caricato mi sono sentito molto meglio. Avevo difeso l'onore mio e di mia moglie, avevo raccontato quale fosse davvero il "fatto piccante". Anche perché una cosa che non ho detto è che nella live dove sono stato venduto hanno anche detto di avere un video integrale, che se lo sarebbero tenuto lì, e che sarebbe tornato utile prima o poi. Ho voluto annullare la forza contrattuale.

Capisco. Non pensi che il modo in cui ti sei mostrato abbia però alzato ancora di più l’attenzione sulla tua famiglia?

Faccio questo lavoro da tanti anni e quando ho caricato quel video sapevo che mi sarei esposto ulteriormente ed ero pronto ad accettare ogni tipo di critica. L'ho caricato con la speranza di sensibilizzare gli spettatori e infatti ho chiesto espressamente di chiudere questo mondo di terrore e di pettegolezzo sterile. Ho chiesto di non seguire chi porta questo genere di odio e di segnalare ogni sopruso che possiamo subire.

E come è stata la reazione al video?

Non ho letto i commenti, però sono stato contattato subito da altri creator che avevano subito lo stesso tipo di trattamento. Alcuni di questi sono finiti in terapia, altri hanno fallito, hanno chiuso l'attività o venduto il canale, non sono riusciti a superare quel momento difficile, questi mostri terribili e quasi imbattibili. Il modo migliore per riuscire a sconfiggerli è aprirsi, raccontare, denunciare. Mi sono ripromesso è che quello che è successo a me non deve succedere a nessun altro. E la cosa che mi fa arrabbiare è che purtroppo succede tutti i giorni. Ma le altre persone magari non hanno una cassa di risonanza grande e forte come la mia.

Perché il dolore attrae così tante persone sui social?

Il dolore ha sempre attratto tantissime persone. Il gossip, il pettegolezzo, ci fa sentire bene perché noi tutti viviamo momenti di difficoltà e quando abbiamo la possibilità di vedere che queste difficoltà e questo dolore appartengono anche ad altri, in un certo qual modo ci rincuora, ci fa sentire meno sfortunati. Ma ci sono molte altre forme per alleviare questi dolori.

Per esempio?

Di sicuro la comunicazione, parlare, confrontarsi, i social possono essere un mondo meraviglioso per raccontarsi, crescere, creare connessioni e trovare incoraggiamenti. Bisogna cominciare a capire fino a che punto ci si possa spingere, perché la satira non è sempre una giustificazione. La satira non è sempre uno scudo da poter usare quando abbiamo fatto soffrire qualcuno, ma spesso viene usata in questo modo dagli hater.

Quindi cosa bisognerebbe fare?

Mettere una specie di regola e tutelare le persone sulle piattaforme, sia chi ci lavora, sia gli spettatori. Sempre più spesso ragazzi vulnerabili non riescono a superare questo genere di attacchi e compiono gesti estremi. Questa cosa deve essere fermata. Ognuno deve poter vivere i social con serenità e soprattutto deve avere il diritto di scegliere cose pubblicare e cosa far rimanere nella propria sfera privata. A me questa scelta non è stata data.

Prima hai citato gli hater, chi sono?

Gli hater non sono altro che ragazzi come noi, ragazzi normali, ragazzi che vanno a scuola, ragazzi che hanno una fidanzata, un fidanzato, ragazzi che lavorano, padri di famiglia o madri. Sono solo persone che non hanno capito quanto sia forte la loro arma. Quello che per loro è un semplice messaggio che gli permette magari anche di sfogarsi dopo una brutta giornata, per qualcun altro potrebbe essere un proiettile.

E secondo te perché odiano?

In realtà io credo che non odino. Credo che nessuno odi davvero. Non è altro che una forma di sfogo tutelata, perché quando noi commentiamo sotto un post, quando noi offendiamo qualcuno online, lo facciamo convinti di non essere visti e speriamo in qualche modo di turbare la serenità di una persona che secondo noi è più felice.

Tu hai conosciuto i tuoi hater?

Sì, ho avuto modo di parlare con chi mi aveva accusato in privato, ma una volta davanti mi sono accorto che erano persone normalissime. Li ho anche portati a casa mia, a quel punto si sono aperti a loro volta e mi hanno chiesto scusa, qualcuno ha anche pianto, per quello prima ti ho detto che secondo me l'hater non esiste. È solo un aggettivo, un comportamento, anche io potrei essere un hater se scrivessi certe cattiverie sui social.

C'è però una differenza tra chi critica e chi invia messaggi d'odio. 

C'è una profonda differenza. La critica può essere anche costruttiva, una persona si espone per commentare quello che fai, o quello che non gli piace. Gli hater invece spesso nascondono la propria identità, la maggior parte delle volte creano un profilo fake per tutelarsi, e puntano a minare la stabilità mentale della vittima, l'hater è minuzioso, vuole far crollare la persona che sta attaccando.

Il messaggio d'odio che ti ha fatto più male?

Non so se riesco a dirlo ad alta voce. È stato proprio in questi giorni, dopo aver fatto uscire il mio video. Un n ragazzino molto giovane ha scritto a mia moglie: "Sto godendo sulla tomba di tuo figlio morto".

Terribile.

Già.

Cosa vorresti che succedesse ora, dopo l'uscita del tuo ultimo video?

Mi piacerebbe che non solo i creator meno puliti, ma gli spettatori stessi capiscano che dall'altra parte dello schermo ci sono persone, vulnerabili come loro. Il web ha messo un filtro che distacca le persone dalla realtà. Io credo che nessuno incrociando uno sconosciuto per strada si sentirebbe libero di esprimere certe cattiverie e giudizi. La nostra libertà finisce nel momento in cui noi invadiamo quella di un altro. Questo è l'obiettivo del video, voglio essere d'aiuto perché, come mi è stato detto, posso raggiungere tante persone e dopo quello che mi è successo mi sono sentito obbligato a fare qualcosa.

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