Gli occhiali smart per potenziare la memoria sembrano usciti da un episodio di Black Mirror

Periodicamente sul mercato vengono lanicate nuove tecnologie che sembrano essere uscite da un episodio di Black Mirror. È il caso delgi occhiali Halo. La startup Brilliant Labs ha presentato i suoi nuovi smartglasses potenizati con intelligenza artificiale. "Saranno in grado di capire ciò che (il cliente) sente e vede nell’ambiente circostante e rispondere con informazioni contestuali in tempo reale.”
Non solo. Tra le novità più interessanti c’è “Narrative”, un sistema di memoria agentica che sfrutta i dati raccolti da fotocamera, microfoni e interazioni per creare una “base di conoscenza privata e personalizzata.”
Per esempio, gli occhiali saranno in grado di ricordare il nome di una persona incontrata in precedenza e di recuperare dettagli di conversazioni passate. Vi ricorda qualcosa? Se avete un vuoto di memoria – e non c'è uno smart glass a portata di mano – consiglio “The Entire History of You” , prima stagione di Black Mirror, episodio 3.
Cosa sappiamo sui nuovi smart glasses di Brilliant Labs
Quello degli smart glasses è un mercato in crescita, con aziende come Brilliant Labs, Meta e EssilorLuxottica che investono sugli occhiali intelligenti. Secondo Zuckerberg sono l'interfaccia ideale per l'IA, in grado di elaborare input visivi e uditivi e rispondere in tempo reale. La corsa è giù inziata, la gara la vince chi trova le funzioni più "intelligenti" da applicare ai suoi smart glasses. E quella di Halo sicuramente lo è.
A differenza dei dispositivi di Meta, che si affidano principalmente a segnali audio, gli Halo utilizzano un micro-display OLED a colori da 0,2 pollici, che proietta un’interfaccia in stile “arcade retrò” nella visione periferica dell’utente. L’audio viene trasmesso tramite altoparlanti a conduzione ossea integrati nelle aste degli occhiali, per garantire maggiore privacy. In più Narrative, la funzione per potenziare la memoria.
Infine, Brilliant Labs ha introdotto una funzione sperimentale chiamata “Vibe Mode,” che consente di creare applicazioni personalizzate tramite semplici comandi vocali in linguaggio naturale. Noa genera così app su misura, per esempio un navigatore adattato alle preferenze di chi lo usa, evitando di dover cercare tra decine di app negli store.
Alcuni dettagli tecnici sui nuovi Halo
Il nuovo modello è in vendita a 299 dollari (si avvicina al prezzo degli occhiali entry-level di Meta, i Ray-Ban Stories). e sono disponibili in preordine (quantità limitata) sul sito ufficiale di Brilliant Labs, con un design ispirato ai classici Ray-Ban Wayfarer, ma solo in finitura nero opaco. La spedizione è prevista per fine novembre 2025.
La batteria assicura fino a 14 ore di autonomia, grazie anche a una fotocamera a basso consumo e a un chip AI dotato di un’unità di elaborazione neurale dedicata (NPU). Nonostante un peso leggermente superiore rispetto ai Frame dello scorso anno, gli Halo peseranno poco più di 40 grammi.
L’assistente offre anche un controllo ampliato degli occhiali: con comandi vocali si può mettere in pausa il microfono o mettere in standby gli Halo.
Smart Glasses, Memoria e Privacy: a che prezzo l’innovazione?
La promessa di Brilliant Labs è rendere gli smart glasses più intelligenti, utili e accessibili. Tutto molto bello ma anche un po' spaventoso. Se da un lato gli smart glasses rappresentano una nuova frontiera per l’interazione uomo-macchina, dall’altro sollevano interrogativi tutt’altro che marginali. Per esempio: fino a che punto siamo disposti a delegare la nostra memoria, la nostra attenzione e persino la nostra privacy?
La funzione “Narrative”, per esempio, raccoglie informazioni dall’ambiente circostante – documenti, case, volti, conversazioni intimem- per costruire una sorta di memoria digitale personalizzata. Non a caso ricorda l’episodio “The Entire History of You”, in cui le persone possono rivedere ogni istante vissuto tramite un chip impiantato nel cervello — con conseguenze tutt’altro che utopiche.
In un momento storico in cui la protezione dei dati personali è sempre più fragile, l’idea di indossare un dispositivo che registra ciò che vediamo e sentiamo apre le porte – nella migliore delle ipotesi – a forme di sorveglianza pervasive, anche involontarie.