Da dove partono le chiamate delle truffe che ci stanno intasando il telefono

Le truffe online sono un problema in tutto il mondo, anche in Italia. Spesso iniziano con un semplice messaggio WhatsApp, una chiamata o un sms. A volte simulano un'offerta di lavoro, altre una sanzione amministrativa da pagare, altre volte ancora mettono in scena vere e proprie relazioni sentimentali. Per limitarle in Italia l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) ha appena lanciato il blocco alle chiamate da call center stranieri che simulano numeri di cellulare italiani.
Tuttavia, in pochi conoscono l'oscuro mondo che si nasconde dietro le truffe online. Spesso queste infatti non sono una minaccia solo per le potenziali vittime, ma spesso anche per gli esecutori materiali. Negli ultimi anni sono emersi infatti veri e propri centri truffa sparsi per il mondo, in cui spesso i lavoratori sono a loro volta vittima di un sistema di minacce o torture. Molti di questi hanno però sede nel sud-est asiatico, tra Cambogia, Laos e Myanmar: è da qui che secondo il Dipartimento del Tesoro negli Stati Uniti sarebbe partita la maggior parte delle truffe subite dai cittadini americani, con un danno economico di dieci miliardi soltanto nel 2024.
Cosa sono i centri di truffa online
Secondo il New York Times, i centri truffa nel sud-est asiatico, proliferati durante la pandemia, incassano ogni anno miliardi di dollari truffando le persone in tutto il mondo. Solo qualche settimana fa, a ottobre, un'indagine congiunta da Regno Unito e Stati Uniti ha portato al più grande sequestro in criptovalute mai eseguito finora, pari ad almeno 14 miliardi di dollari. Tutte erano collegate a Chen Zhi, un sedicente imprenditore cinese naturalizzato cambogiano nel settore finanziario e immobiliare che avrebbe costruito la sua ricchezza sfruttando il lavoro forzato.
Si tratta di complessi enormi che all'apparenza sembrano normali edifici residenziali o uffici. Invece, al loro interno, centinaia di persone sono costrette ad attuare truffe in ogni parte del mondo. Molti di questi vengono allestiti nelle zone a confine con la Thailandia, così da permettere ai criminali di appoggiarsi alle reti elettriche e di telecomunicazioni del paese. A volte – spiega il New York Times – i lavoratori arrivano in Thailandia, attirati dalla promessa di un impiego nel settore informatico, ma poi finiscono in questi complessi, dove a volte sono costretti a rimanere anche attraverso minacce e violenze.
Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti spiega che a volte gli operatori in questi centri truffa sono vittime del traffico di esseri umani: "Sono sottoposti a metodi di controllo barbari per mano dei loro rapitori, tra cui abusi fisici, isolamento, restrizioni della loro libertà, multe e tasse arbitrarie, minacce di sfruttamento sessuale e confisca di documenti personali ed elettronica".
Come funzionano le truffe
Da questi centri truffa nel sud-est asiatico partono truffe di ogni tipo, da quelle che simulano investimenti in fondi di criptovalute alle truffe romantiche. Truffe di questo tipo sono diventate frequenti anche in Italia. Su Fanpage.it abbiamo raccontato la storia di Paolo, scampato per un soffio a una truffa che partendo da un finto lavoro online finiva a simulare investimenti su finte piattaforme di trading online.
Molte delle truffe che promettono investimenti in criptovalute si servono della tecnica del "pig butchering", letteralmente "macellazione di maiale". Questa consiste nel creare nella prima fase della truffa un rapporto di fiducia con la vittima, sfruttando anche la componente emotiva. Una volta ottenuta la sua fiducia, il truffatore presenta alla vittima l'opportunità di un investimento molto vantaggioso, spesso in criptovalute, su finte piattaforme in realtà controllate dai truffatori. Alla vittima viene fatto credere che l'investimento sta andando bene, simulando sulla finta piattaforma rendimenti davvero allettanti. Così la vittima continua a inviare i propri soldi fino a quando, da un momento all'altro, il truffatore scompare con l'intera somma.
Perché è così difficile risalire ai mandanti delle truffe
Nonostante gli sforzi di diversi Paesi per contrastare il fenomeno, i centri truffa continuano a proliferare. Jason Tower, un esperto della Global Initiative Against Transnational Organized Crime, un gruppo di difesa di Ginevra, ha spiegato al New York Times che uno degli ostacoli maggiori per risalire ai criminali che muovono le fila di questo enorme impero di truffe e violenza è la difficoltà nel tracciare il denaro, spesso riciclato dietro proprietà di lusso e portafogli Bitcoin crittografati.
Anche quando si riesce a risalire ai mandanti, come nel caso dell'imprenditore cambogiano, non è detto che ci sia la collaborazione delle autorità dei Paesi coinvolti: quando l'indagine congiunta di Regno Unito e Stati Uniti ha fatto uscire il nome di Chen Zhi, il governo cambogiano ha replicato alle accuse dicendo che sperava si fondassero su elementi sufficienti, specificando inoltre che a loro detta il gruppo di Chen Zhi avrebbe soddisfatto tutti i requisiti legali per operare nel Paese.