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Opinioni

Cosa rischia la Rai per le scarpe di John Travolta: l’esperto spiega qual è il problema con gli influencer

Dal caso delle scarpe di John Travolta al caso Ferragni, in Italia si sta parlando molto dei confini della pubblicità. Fanpage.it ha provato a tracciarli con Giancarlo Cipolla, avvocato esperto di diritto commerciale e industriale.
Intervista a Giancarlo Cipolla
Avvocato esperto di diritto commerciale e industriale
A cura di Stela Xhunga
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Le sneakers di John Travolta a Sanremo, con il presidente del marchio, Franco Uzzeni, seduto in prima fila con indosso le stesse scarpe. “Un errore, nessun accordo commerciale” dicono dalla Rai. L’esposto in procura per il televoto in tilt che avrebbe penalizzato Geolier a Sanremo. I follower falsi degli influencer. Un danno per le aziende, oltre che una pratica illegale e sanzionabile, pari a 1,5 miliardi di dollari nel solo 2020 secondo uno studio condotto dall’azienda di sicurezza informatica CHEQ insieme all'Università di Baltimora.

E ancora, Chiara Ferragni che minaccia di portare in tribunale i brand che l’hanno abbandonata. Il siparietto di “Bruno e Andrea” del celebre marchio di divani (già sponsor del Festival) spacciato per product placement e segnalato all’Antitrust dall’Unione Nazionale Consumatori. Ne parliamo con l'avvocato Giancarlo Cipolla, esperto di diritto commerciale e industriale noto alla stampa per avere stoppato la pratica commerciale dei link sponsorizzati su Google.

Quanto è grave, sul piano giuridico, una possibile pubblicità occulta alla Rai?

Laddove fosse confermata la sospettata pubblicità occulta, la RAI rischierebbe di essere sanzionata dall'Agcom e visto il coinvolgimento della TV di Stato, potrebbe essere necessario l'intervento della Corte dei Conti affinché siano accertati i conseguenti danni erariali.

Finale di Sanremo: linee in tilt per il record di televoti ed esposto in procura per presunta truffa sul televoto. A presentarlo, l’avvocato di Maradona, Angelo Pisani. E ora che succede?

Potrebbe essere chiesto l’intervento di Agcom e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy che è deputato alla promozione delle corrette dinamiche di mercato e alla regolamentazione del commercio. Laddove emergessero violazioni tali da aver condizionato la gara, i partecipanti alla gara canora, i consumatori, gli enti a diverso titolo coinvolti, potrebbero avanzare pretese risarcitorie in sede civile, salvo l’accertamento di eventuali ipotesi penalmente rilevanti.

In Francia con una condotta scorretta l’influencer rischia anche sul piano penale. In Italia che tutele abbiamo?

Non esiste nessuna norma specifica, anche se le ultime vicende giudiziarie legate a Chiara Ferragni hanno fatto emergere le lacune del legislatore nazionale. L’assenza di norme specifiche non esclude comunque la possibilità di ricorrere a taluni istituti giuridici. Consumatori ed imprese, per tutelare i loro diritti, possono infatti fare riferimento alla disciplina della “pubblicità ingannevole” che è stata introdotta dal legislatore, al fine di tutelare, non solo la buona fede e la capacità di spesa (iniziativa economica privata ex art. 41 Cost.) del consumatore medio, ma, altresì, il libero mercato nonché la concorrenza leale tra imprese e professionisti.

Davvero non esistono leggi in Italia che regolamentano l’attività degli influencer?

Nel vuoto legislativo, dal 2019 il Regolamento Digital Chart dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria è l’unico testo normativo di riferimento per le campagne di influencer marketing corrette. Il Regolamento affronta infatti il tema della trasparenza, dell’obbligo di distinguere nei social sempre in maniera chiara e netta i contenuti promozionali da quelli organici, suggerendo le modalità idonee per farlo in sicurezza, e poco altro.

Dopo l’interruzione della collaborazione con Cartiere Pigna, Chiara Ferragni ha minacciato le imprese con cui ha stretto rapporti di collaborazione di azioni risarcitorie nel caso in cui recedessero anticipatamente dai contratti. Su quali basi giuridiche può farlo?

La decisione di Cartiere Pigna spa è stata assunta “nel rispetto del proprio codice etico aziendale, che si può consultare anche sul portale pigna.it, che esclude la collaborazione con "soggetti terzi sanzionati dalle autorità competenti per aver assunto un comportamento non etico, corretto e rispettoso delle leggi”. Secondo Fenice la strumentalità del riferimento al codice etico sarebbe invece tradita dalla dichiarazione resa ai media in data 23 dicembre 2023 dall'Amministratore Delegato di Pigna, che aveva definito la collaborazione “proficua e soddisfacente”. A mio avviso, però, proprio questa ammissione rende evidente la buona fede ed esclude la contestata strumentalità.

Perché allora Chiara Ferragni arriva a tali minacce?

Ritengo che questo messaggio rivolto, all’evidenza, a tutti gli altri partner commerciali, non deponga a favore dell’influencer e tradisca piuttosto nervosismo. Forse la comunicazione andrebbe ponderata al meglio valutando soprattutto le conseguenze, fin troppo ovvie, di un inasprimento dei rapporti economico commerciali tra il “mondo Ferragni” e partner, consumatori, associazioni di categoria ed ogni altro soggetto che possa qui avere titolo per avanzare pretese e lamentare violazioni di legge.

Cioè? Quali conseguenze rischia Ferragni?

Il tentativo di ribaltare le posizioni opponendo ragioni di danni e paventando violazioni di norme di diritto non individuate, potrebbe essere letto come un’ulteriore condotta censurabile e, comunque, commercialmente discutibile.

Oggi le aziende in cerca di content creator e influencer si affidano a Modash, Fasthosts, InBeat, Upfluence e altre piattaforme che si offrono di scovare follower falsi. Cosa rischiano gli influencer con follower falsi?

Se mai i dati forniti sul diffuso malcostume di acquistare followers falsi fossero corretti, anche solo parzialmente, i contratti stipulati con gli influencer potrebbero essere annullati ex art. 1439 c.c., dal momento che il consenso negoziale risulterebbe viziato da informazioni errate sulle reali potenzialità del partner commerciale. Nello specifico, il contratto potrebbe essere giudicato annullabile, se non nullo, perché perfezionatosi sulla base di informazioni artefatte che hanno indotto in errore una delle parti.

Insomma, siamo ancora al “Lei non sa chi sono io” di Totò.

Siamo messi ben peggio. A qualunque influencer o impresa che, per fini speculativi, abbia prospettato una reputazione social artefatta e, quindi, una potenzialità commerciale non corrispondente alla realtà, potrebbe essere contestato il reato di truffa.

Spacciare una reputazione social non vera quanto è grave? Cosa si rischia?

Le conseguenze sono più gravi di quanto si possa immaginare perché ledono i diritti di molti che, a diverso titolo, possono avanzare pretese per la riparazione dei danni subiti. Intravedo infatti la violazione delle norme del Codice del consumo che sanzionato le pratiche commerciali scorrette e quelle del Codice civile in materia di concorrenza sleale. Tra i danneggiati vedo anche gli altri influencer che, al contrario di chi usa pratiche discutibili, si pongono sul mercato in modo corretto. Nel caso in cui si assista a un vero e proprio “doping” illegale rispetto alle iniziative di social media marketing, potrà farsi riferimento alla disciplina in materia di concorrenza sleale di cui al combinato disposto degli articoli 2598, 2599, 2600 e dall’art. 2601 del Codice civile.

Quali sono gli effetti di questo doping?

Per effetto di queste interazioni social non autentiche gli influencer acquisiscono maggior potere contrattuale a chiaro danno per gli altri influencer concorrenti e per le imprese che li ingaggiano.

Il problema è avere le prove certe. Questi siti che scovano profili fake non condividono nulla degli algoritmi che utilizzano e a loro volta potrebbero essere potenzialmente dei truffatori.

In realtà il tema della compravendita di followers o di like a beneficio di speculatori social non è nuovo. Anche nel nostro paese il fenomeno è ben radicato tanto che, secondo il report di HypeAuditor del 2019, quasi il 70% degli influencer italiani avrebbe fatto ricorso ad attività che possono essere definite sospette. I numeri sono ancor più preoccupanti in paesi come il Brasile e l’India, che sono dei veri e propri “mercati neri” di fake follower. Insomma, non è certo un mistero se l’influencer marketing deve fare i conti con soggetti che vendono e comprano follower, like, visualizzazioni e commenti non autentici così danneggiando brand e aziende con cui chiudono collaborazioni.

Ci sono dei casi già accertati di brand che hanno lavorato insieme a influencer con follower falsi?

Points North ha stilato una classifica dei brand che più sono stati vittime di fake influencer: classifica secondo la quale Ritz-Carlton, la catena di hotel di lusso, avrebbe almeno il 78% di influencer finti così come L’Occitane (9%), Pampers (32%), Crocs (25%), Magnum (20%). Da questi dati, ormai risalenti negli anni, emerge chiaramente che il fenomeno è diffuso a livello globale e che gravi sono i danni subiti dai malcapitati partners commerciali di influencer “fasulli”.

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