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Cosa rischia chi si scambia il video intimo di Stefano De Martino: l’avvertimento del Garante

Il Garante della Privacy ha aperto un’istruttoria sul caso dei video intimi di Stefano De Martino e della compagna Caroline Tronelli che sarebbero stati sottratti dal sistema di videosorveglianza di casa. Non saranno puniti soltanto gli hacker che hanno rubato i materiali, ma le sanzioni e le eventuali pene potrebbero colpire anche si limita a condividere questi materiali.
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Non solo chi ha rubato e diffuso online i video privati di Stefano De Martino e Caroline Tronelli, ma anche chi li diffonde o condivide ulteriormente può essere punito con sanzioni di vario tipo. Lo ha ribadito il Garante della Privacy, che dopo la denuncia di De Martino è intervenuto nella vicenda dei filmati che sarebbero stati estratti illecitamente dal sistema di videosorveglianza installato nell’abitazione della compagna del presentatore. Sui possibili responsabili la Procura di Roma ha aperto un'indagine contro ignoti per accesso abusivo a sistema informatico.

Ormai il caso è noto: i filmati sono stati caricati su almeno un sito straniero, poi oscurato, e sono circolati su Telegram e Whatsapp. In questo approfondimento di Fanpage.it un esperto di sicurezza informatica ha provato a ipotizzare come gli hacker siano riusciti a entrare nelle telecamere di videosorveglianza di Tronelli e a rubare i video intimi della coppia. È fondamentale però ribadire che non solo l'atto di impossessarsi di immagini o video privati ottenuti in modo illecito, ma anche quello di condividere questi materiali a contenuto sessuale, contribuendo alla diffusione, può costituire un reato, punibile anche con la reclusione.

Cosa ha detto il Garante della Privacy

Il 16 agosto il Garante della Privacy ha emesso un provvedimento con cui ha ordinato "l’immediata limitazione definitiva del relativo trattamento, disposta nei confronti di chiunque abbia divulgato i predetti filmati" e ha anche avviato "un’istruttoria in merito all’accaduto e all’esito della quale si riserva ogni opportuno provvedimento sia di natura sanzionatoria che correttiva nei confronti di coloro che risultassero responsabili delle violazioni accertate." Nel provvedimento il Garante emette anche un avvertimento ai potenziali utilizzatori: "L’eventuale ulteriore diffusione delle immagini e/o filmati sopra descritti può verosimilmente configurare una violazione delle disposizioni della richiamata normativa e comportare l’adozione dei conseguenti provvedimenti, anche di carattere sanzionatorio, ivi previsti".

Il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) all'articolo 58 riconosce infatti tra i poteri del Garante della Privacy non solo quello di avviare indagini su presunti trattamenti illeciti di dati personali, ma anche poteri correttivi che gli riconoscono l'autorità di imporre il divieto di trattamento e anche quello di infliggere sanzioni amministrative pecuniarie.

Reato per chi condivide o diffonde i filmati

Ma a prescindere dalle eventuali sanzioni che il Garante della Privacy può disporre se riconosce una violazione del GDPR o delle leggi che tutelano la protezione dei dati personali, è bene ricordare che dal 2019 l’eventuale condivisione di materiali attinenti alla sfera intima e sessuale di un individuo senza il suo consenso costituisce per la legge italiana un reato a tutti gli effetti.

Lo stabilisce l'articolo 612-ter del Codice Penale, introdotto con il Codice Rosso, che punisce la "Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti", anche noto come revenge porn. Questo articolo introduce sanzioni non solo per chi ottiene e ruba video o foto a contenuto sessuale, ma anche per chi si limita a condividere materiali di questo tipo.

Secondo quanto stabilito in questo articolo, chiunque diffonda o condivida video o immagini a contenuto sessuale, destinati a rimanere privati, senza il consenso del soggetto interessato e al fine di danneggiare le persone ritratte, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La stessa pena è stabilita per chi li condivide dopo averli realizzati o sottratti.

Non solo, lo stesso articolo al comma 2 riconosce come aggravanti, oltre all'esistenza di una relazione affettiva tra la persona che commette il reato e la vittima, l'utilizzo di strumenti informatici o telematici per la diffusione dei materiali privati. In presenza di queste aggravanti, il Codice penale prevede un aumento della pena prevista.

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