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Intelligenza artificiale (IA)

Cosa manca nella prima legge italiana sull’intelligenza artificiale

La nuova legge italiana sull’intelligenza artificiale definisce un quadro normativo per l’uso dell’IA in settori strategici come sanità, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, scuola e sport. Tuttavia la legge lascia aperti importanti vuoti normativi: non introduce un’autorità indipendente, non prevede strumenti di ricorso per decisioni automatizzate e non disciplina l’uso dell’IA per riconoscimento facciale.
A cura di Elisabetta Rosso
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Dopo oltre un anno di attesa e tre votazioni il Senato ha approvato in via definitiva la nuova legge italiana sullintelligenza artificiale. L'obiettivo dichiarato del provvedimento è conciliare innovazione e tutelare i diritti fondamentali, affrontando in maniera strutturata i principali ambiti di applicazione dell’IA. Tra questi: sanità, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, scuola e sport. E fin qui tutto bene. Il problema infatti, come spesso succede non è tanto cosa c'è scritto, ma cosa manca all'appello.

La legge, presentata come un pilastro normativo per regolare l'intelligenza artificiale, non è piaciuta a tutti. Anzi. Sembra infatti che abbia lasciato dei vuoti normativi in materia di tutela dei diritti umani. La governance sarebbe troppo vicina al Governo, non c'è un'autorità indipendente a garantire equità e trasparenza. Mancano poi gli strumenti di ricorso per chi subisce decisioni automatizzate, infine la la legge non regola l’uso dell’IA per riconoscimento facciale o altre forme di identificazione biometrica.

I principi generali della nuova legge

Il pacchetto di norme è stato sviluppato in conformità ai principi previsti dall’AI Act, il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, e in linea con il GDPR, il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, spiega il comunicato stampa diffuso dal dipartimento per la trasformazione. “L’Italia è il primo Paese UE con un quadro nazionale pienamente allineato all’AI Act", ha dichiarato il Sottosegretario Alessio Butti. “Alle imprese diciamo con chiarezza: investite in Italia. Troverete una governance affidabile, regole trasparenti e un ecosistema pronto a sostenere progetti concreti in tutti i settori chiave del Paese”.

La legge definisce anche la Strategia nazionale per l’IA, favorendo collaborazioni tra pubblico e privato, ricerca e formazione. Due autorità principali, l’AgID e l’ACN, supervisionano rispettivamente la sicurezza dei sistemi, le notifiche e l’uso pratico dell’IA sul territorio. La legge attiva un programma di investimenti da 1 miliardo di euro a favore di startup e PMI nei campi dell’IA, della cybersicurezza e delle tecnologie emergenti, sostenendo trasferimento tecnologico e filiere strategiche.

Cosa prevede la legge italiana sull'IA punto per punto

Capo I – Definisce i principi guida e gli obiettivi dell’uso dell’intelligenza artificiale nei settori produttivi e della difesa, sottolineando l’importanza di un approccio trasparente e rispettoso dei diritti fondamentali.

Capo II – Disciplina l’applicazione dell’IA in ambiti come sanità, ricerca scientifica, lavoro, pubblica amministrazione e giustizia. Il focus è sulla protezione dei dati personali e sui sistemi per prevenire le discriminazioni. Prevede inoltre una delega al Governo per stabilire norme organiche sull’uso di dati, algoritmi e modelli matematici per l’addestramento dei sistemi di IA.

Capo III – Regola la Strategia nazionale per l’IA, incentivando la collaborazione tra pubblico e privato, la ricerca scientifica e la formazione. Non solo, l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) assumono ruoli chiave: ACN vigila sulla sicurezza e sull’affidabilità dei sistemi, mentre AgID gestisce le notifiche e promuove casi d’uso sicuri per cittadini e imprese. Il Governo è delegato a armonizzare la normativa italiana con l’AI Act europeo.

Capo IV – Introduce regole a tutela della privacy e dei diritti d’autore. Pone l'accento sull’uso dell’IA per l’estrazione e la manipolazione di contenuti. Include modifiche alla legge sul diritto d’autore per estendere la protezione anche alle opere create con l’ausilio di sistemi di IA.

Capo V – Aggiorna il codice penale per sanzionare l’uso illecito dell’IA, rendendo perseguibili chi diffonde contenuti ingannevoli generati con IA, come i deepfake, o chi utilizza l’IA in modi che compromettano la sicurezza o l’integrità di persone o sistemi.

Capo VI – Contiene le disposizioni finanziarie, tra cui la clausola di invarianza, e norme finali che consentono all’ACN di stabilire collaborazioni con soggetti privati italiani, europei o, se autorizzati, di Paesi NATO.

I punti deboli della legge: quali sono le criticità

La nuova legge italiana sull’intelligenza artificiale, approvata il 17 settembre 2025, ha suscitato preoccupazioni tra le organizzazioni per i diritti digitali. Secondo la Rete per i Diritti Umani Digitali – coalizione di organizzazioni della società civile formata da The Good Lobby, Amnesty International Italia, Hermes Center, Period Think Tank, Privacy Network e Strali – il testo consegna troppo potere al Governo, senza prevedere garanzie efficaci per la tutela dei cittadini. "Le autorità incaricate di regolare l’intelligenza artificiale sono affiliate al Governo. Non sono stati previsti meccanismi di difesa dagli errori dei sistemi di IA." Non solo, a preoccupare l'assenza di una legge che regola l’uso dell’IA per riconoscimento facciale o altre forme di identificazione biometrica. In pratica, il Governo ha mano libera per estendere la sorveglianza in luoghi pubblici come stadi, piazze, ospedali e stazioni. Anche la trasparenza sull’uso di sistemi biometrici da parte delle forze di polizia è assente.

"Si sacrifica in tal modo la prospettiva di un’IA in grado di generare fiducia nella cittadinanza, avvalorando al contrario la sensazione di poter essere sottoposti a sorveglianza di massa e a sfruttamento dei propri dati dichiara Laura Ferrari, responsabile relazioni istituzionali della Rete per i Diritti Umani Digitali.

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