Cosa fare con i tuoi social se vuoi andare gli Stati Uniti: la guida per i nuovi controlli

Per entrare negli Stati Uniti, anche i turisti italiani potrebbero presto essere chiamati a dichiarare gli ultimi cinque anni di attività sui social media. È quanto prevede una proposta dell'amministrazione Trump che, se approvata, introdurrebbe un controllo ancora più esteso sulle identità digitali di chi attraversa le frontiere americane. In attesa di capire se il provvedimento diventerà legge, chi sta programmando un viaggio oltreoceano farebbe bene a considerare un controllo accurato dei propri profili digitali, dai social alla posta elettronica. Una sorta di "check" preventivo dell'identità online che potrebbe diventare una tappa obbligata prima di ogni viaggio negli States.
Cosa si dovrà dichiarare per viaggiare negli USA
Secondo la proposta pubblicata sul Federal Register dalla US Customs and Border Protection (CBP), i viaggiatori dei Paesi che aderiscono al Visa Waiver Program, tra cui l'Italia, dovranno integrare la domanda per l'Esta – il visto che garantisce l'ingresso nel Paese ai visitatori non-immigranti – con informazioni molto più dettagliate rispetto al passato. Prima di diventare definitivo, il provvedimento dovrà però attendere ancora 6o giorni, periodo entro il quale, associazioni, politici e cittadini possono proporre delle modifiche.
Ad oggi, tali pratiche richiedono solo le informazioni essenziali relative al passaporto, alla data di nascita, ai dati anagrafici dei familiari, agli identificativi delle email professionali degli ultimi 10 anni (nonché dei contatti telefonici delle aziende nei quali si è lavorato negli ultimi cinque anni), ad alcuni parametri biometrici e all'eventuale presenza di precedenti penali. Se invece dovesse concretizzarsi l'ultima iniziativa del Governo, l'estensione dei controlli includerà la cronologia degli account social utilizzati negli ultimi cinque anni, insieme ai numeri di telefono e agli indirizzi email attivi nello stesso periodo. A ciò si aggiungono i dati anagrafici dei familiari più stretti, gli identificativi email professionali degli ultimi dieci anni e, in prospettiva, alcuni elementi biometrici.
La nuova normativa, che secondo i media statunitensi potrebbe entrare in vigore già all’inizio del 2026, segnerebbe un cambio di passo significativo che renderà più complesso l'ingresso di quella che un tempo era la Land of the Free. Sulla carta, il provvedimento mira ad aumentare la sicurezza del Paese, ma nella pratica rischia di trasformarsi in uno strumento di controllo (l'ennesimo), per soffocare il dissenso e tenere fuori dai confini chiunque si sia dimostrato critico nei confronti dell'amministrazione Trump. Emblematico il caso, riportato da tutte le principali testate internazionali, di un ricercatore francese cui la scorsa primavera è stato negato l’ingresso negli Stati Uniti dopo che gli agenti di frontiera avevano trovato nel suo telefono conversazioni private in cui criticava la politica anti-scientifica di The Donald.
Come vengono effettuati i controlli sui social
L'impianto delle nuove regole andrà a ricalcare procedure già applicate a chi richiede visti di lunga durata per studio o per lavoro. Le linee guida emanate la scorsa estate indicano ai consolati statunitensi di valutare le attività online dei richiedenti per individuare eventuali "segnali di ostilità" verso i cittadini, le istituzioni o i valori fondanti degli Stati Uniti.
Ma come avvengono (o avverranno) questi controlli? Secondo quanto si può leggere nelle FAQ del Dipartimento di Stato, le autorità non richiedono password o accessi diretti ai profili, ma di elencare tutto ciò che può essere utile a identificare in modo univoco gli ultimi cinque anni di "vita" digitale dell'utente. Queste informazioni comprendono tutti gli username, gli handle, gli pseudonimi o qualsiasi altra identità adottata sulle piattaforme social e nelle app di messaggistica.

Una volta inseriti tutti i dati richiesti, le autorità avviano una verifica approfondita insieme a diverse agenzie governative per accertare che il richiedente non compaia nelle liste antiterrorismo, non abbia precedenti penali o violazioni migratorie (come arresti, rifiuti d’ingresso, soggiorni irregolari o espulsioni) e che la documentazione fornita sia regolare. A questo si aggiunge il controllo dei profili social indicati nella domanda.
Anche dopo il rilascio del visto, la polizia di frontiera può comunque effettuare ulteriori accertamenti al momento dell’arrivo negli Stati Uniti. Questi controlli possono essere svolti manualmente, con un agente che richiede di mostrare i propri dispositivi, oppure attraverso strumenti in grado di collegarsi a smartphone, tablet o laptop per copiarne o analizzarne i contenuti. Quest'ultima procedura necessita di un ragionevole sospetto, ma le linee guida prevedono comunque la possibilità di trattenere o escludere un dispositivo non accessibile a causa di blocchi o sistemi di crittografia.
Cosa succede se si dichiara di non avere profili social?
Per aggirare i controlli si potrebbe pensare di non indicare alcun indirizzo o profilo social. Legittimo, anche perché lo stesso form prevede la possibilità di segnalare l'assenza di simili riferimenti. Se però un cittadino Under-40 dichiara di non avere nessun tipo di accesso ai social network, tale mancanza potrebbe essere letta con sospetto e valere il rigetto della richiesta del visto.
Cosa fare con i propri social prima di partire per gli USA
In vista delle possibili novità, chi pianifica un viaggio negli Stati Uniti può già cominciare ad adottare qualche precauzione prima di avviare l'iter per la richiesta dell'Esta. Innanzitutto è utile stilare un elenco completo dei propri profili social, dai più attivi a quelli dimenticati, evitando omissioni volontarie e non scordandosi delle piattaforme associate a vecchie email. Può essere anche l'occasione per fare un po' di pulizia, eliminando gli account inattivi, rivedere la cronologia dei post e delle interazioni pubbliche e archiviare o rimuovere contenuti potenzialmente problematici (anche quelli postati su profili altrui).
Al momento l'America sembra essere piuttosto permalosa su temi come politica e salute. Per chi desidera viaggiare senza complicazioni, può pertanto essere prudente rimuovere critiche, fotomontaggi e persino condivisioni di articoli o contenuti pro-Pal o che mettano in discussione l'operato di Trump e dei suoi collaboratori. La stessa cautela vale per fotografie o tag a immagini che potrebbero essere considerate "lesive" nei confronti delle istituzioni. Naturalmente questo non vuole essere un invito a rinnegare le proprie idee e si può legittimamente scegliere di mantenere il punto e non fare nulla di tutto questo. In tal caso va però messa in conto la possibilità di trovarsi a discutere con le dogane aeroportuali.
Se infine si pensa di aver salvato nell'archivio del PC o dello smartphone qualche contenuto che potrebbe causare delle grane, la soluzione più semplice per proteggere i propri dati resta quella di non portarli con sé: partire con dispositivi "puliti" o privi di contenuti sensibili riduce la possibilità di spiacevoli sorprese ai controlli.