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Apre in Italia il primo sportello gratuito per le vittime di revenge porn: “Ha gli stessi effetti di uno stupro”

Il 70% delle vittime di revenge porn sono donne, il 16% ha pensato al suicidio. Il servizio è stato creato da PermessoNegato e Tconsulta.
A cura di Elisabetta Rosso
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"Il revenge porn è simile a uno stupro. Ci siamo interfacciati con persone vittime di questo tipo di violenza e gli effetti sono quelli. Perdita di controllo su di sè, perdita di fiducia verso le persone, perdita dell'autostima". A parlare sono gli esperti di Tconsulta, la startup che insieme all'associazione PermessoNegato ha inaugurato il primo sportello di supporto psicologico gratuito per tutte le vittime di revenge porn, ovvero la diffusione senza consenso di immagini o video intimi con l’intento di denigrare la persona ritratta. Il servizio viene offerto senza distinzione di genere. Si chiama Primo Soccorso Psicologico, si può contattare via smartphone ed è sempre disponibile.

Il 16% delle vittime di revenge porn ha pensato al suicidio o ha fatto ricorso all’autolesionismo. Ma le conseguenze di questa violenza sono anche altre: “Gli effetti collaterali sono isolamento, stigma sociale, familiare e lavorativo, vergogna, depressione, disturbo post traumatico, atti autolesivi e azioni suicidarie”, spiega la start up Tconsulta. PermessoNegato è la maggiore associazione europea contro la pornografia non consensuale mentre Tconsulta è una startup di consulenza psicologica online.

Hanno scelto il 10 ottobre per inaugurare il Primo Soccorso Psicologico, perché è la Giornata mondiale della salute mentale. “È un messaggio per rimarcare quanto il revenge porn abbia effetti negativi e pericolosi sulla salute mentale delle persone, e il nostro obiettivo è tutelare e aiutarle a superare un momento complicato”, spiega Tommaso Signorini, co fondatore di Tconsulta.

Come funziona Primo Soccorso Psicologico

Primo Soccorso Psicologico vuole essere un “luogo sicuro” online. È possibile prenotarsi 24 ore su 24 e sette giorni su sette nella helpline di PermessoNegato. Tutti potranno usufruire del servizio gratuitamente, “ci saranno tre consulenze virtuali, se necessario le vittime potranno anche accedere a un counseling aggiuntivo, Tconsulta ha offerto 60 consulenze gratuite per accompagnare le vittime in un percorso di riabilitazione", aggiunge Signorini.

"Spesso gli effetti collaterali colpiscono per le conseguenze dirette dell'abuso, ma c'è anche poi una fattore secondario. Sono le risposte sociali e comunitarie, il senso di stigma di vergogna. Se mancano le strutture per sostenere queste persone è impossibile per loro rielaborare il trauma e superarlo, rimangono schiacchiate", sottolineano gli esperti che lavorano nella startup.

PermessoNegato e Tconsulta

PermessoNegato è la più grande associazione europea per il contrasto della pornografia non consensuale. È composta da un team di esperti di tecnologia, cybersecurity, legali e criminologi, e offre sostegno interamente gratuito alle vittime del fenomeno. Tconsulta invece è una startup nata nel 2020, durante la pandemia, con l'obiettivo di offrire supporto psicologico alle aziende e ai loro dipendenti. “Abbiamo incontrato il team di PermessoNegato a un evento, ci siamo subito riconosicuti simili negli intenti è così è iniziata la collaborazione”, spiega Signorini, “è da inizio estate che progettiamo il servizio e ora sarà aperto a tutti”.

Pornografia non consensuale: i numeri

I numeri della pornografia consensuale raccontano una storia difficile. Secondo l’ultimo report di Permesso Negato, il 16% delle vittime ha pensato al suicidio o ha fatto ricorso all’autolesionismo e il 70% del totale sono donne. Nei mesi di maggio e giugno è stata condotta un’analisi su un campione di 2 milioni di persone. Il 4,1% degli italiani è stato vittima di pornografia non consensuale, quasi il 9% conosce una persona a cui è succeso. L’età media è 27 anni.

C’è anche un problema di percezione. Gli italiani sanno cos’è il revenge porn, secondo l’indagine il 75% ne ha almeno sentito parlare ma molti sono convinti che non sia un reato. Il 35% delle vittime infatti non sa che è penalmente perseguibile. Questo spiega come mai la metà di loro non ha fatto denuncia.

Non solo, la mancata consapevolezza spinge all’isolamento, al silenzio che innescano ansia, stati depressivi, e stress. Spesso le vittime di revenge porn sono spinte a cambiare le proprie abitudini sociali, la propria quotidianità, spesso sono schiacciate dal senso di vergogna e dalla solitudine. “Vogliamo sfondare la parete del tabù in più ambienti e per più persone, anche per le vittime di revenge porn”.

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