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Venere sembra avere una superficie “morbida” che si rigenera regolarmente

Lo suggerisce un nuovo studio basato sui dati della missione Magellano della NASA che ha esaminato i processi che modellano la superficie del pianeta.
A cura di Valeria Aiello
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Illustrazione della grande corona di Quetzalpetlatl situata nell'emisfero meridionale di Venere / Credit: NASA/JPL-Caltech/Peter Rubin
Illustrazione della grande corona di Quetzalpetlatl situata nell'emisfero meridionale di Venere / Credit: NASA/JPL-Caltech/Peter Rubin

Venere è il pianeta del Sistema solare più simile alla Terra per dimensioni e massa, eppure è per molti aspetti un mondo molto diverso dal nostro. Una di queste differenze risiede nella litosfera, il duro guscio esterno del pianeta, che sulla Terra è frammentata e mobile, suddivisa in placche tettoniche che modellano la sua superficie, disperdendo il calore interno del pianeta. La litosfera di Venere, al contrario, non ha placche tettoniche, per cui il modo in cui il pianeta perde il suo calore e quali siano i processi che modellano la sua superficie sono da tempo oggetto di studio.

Una nuova ricerca, rilanciata dalla NASA in prossimità della nuova congiunzione astrale tra Venere e Giove, suggerisce che il nostro “gemello” sembra avere una litosfera relativamente “morbida” che riaffiora regolarmente. Queste caratteristiche, dettagliate in un articolo pubblicato su Nature Geoscience, sono state dedotte utilizzando i dati raccolti dalla sonda spaziale Magellano tre decenni fa, all’interno dei quali pare proprio fossero custodite le risposte a lungo cercate dagli scienziati planetari.

L’analisi di questi dati, in particolare, ha suggerito che la litosfera venusiana sia molto più sottile e più attiva di quanto finora ritenuto.

La superficie "morbida" di Venere

Per così tanto tempo siamo rimasti bloccati all’idea che la litosfera di Venere fosse stagnante e densa, ma ora la nostra visione sta evolvendo” ha affermato Suzanne Smrekar, ricercatrice senior presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA che, insieme ai colleghi, ha riesaminato le immagini della superficie di Venere catturate dalla sonda Magellano, coordinando l’analisi approfondita delle strutture vulcaniche, chiamate corone, delle trincee e delle creste che le circondano. E scoprendo che, dove le creste sono più vicine tra loro, la litosfera è probabilmente piuttosto sottile e flessibile, spessa in media circa 11 chilometri.

Immagine radar della missione Magellano della NASA che mostra modelli di fratture circolari che circondano la corona "Aine", situata nell'emisfero meridionale di Venere. La corona è larga circa 200 chilometri e mostra varie caratteristiche che possono essere associate all'attività vulcanica / Credit: NASA/JPL-Caltech.
Immagine radar della missione Magellano della NASA che mostra modelli di fratture circolari che circondano la corona "Aine", situata nell'emisfero meridionale di Venere. La corona è larga circa 200 chilometri e mostra varie caratteristiche che possono essere associate all'attività vulcanica / Credit: NASA/JPL-Caltech.

I modelli suggeriscono che il flusso di calore attraverso la superficie è maggiore in questi punti rispetto a quanto avviene sulla Terra. “Sebbene Venere non abbia una tettonica simile alla Terra, queste sottili regioni di litosfera sembrano consentire la fuoriuscita di quantità significative di calore, analogamente a quanto accade nelle aree in cui si formano nuove placche tettoniche sul fondo marino terrestre” ha precisato l’esperta. La continua perdita di calore in queste regioni indica la presenza di un’attività geologica in corso, mentre il magma si agita appena sotto la superficie. Ciò conferirebbe a Venere un aspetto “giovanile”, probabilmente dovuto all’attività vulcanica che favorisce la riemersione regionale.

Una finestra sul passato della Terra

La cosa interessante è che Venere ci fornisce una finestra sul passato che può aiutarci a capire meglio come la Terra appariva oltre 2,5 miliardi di anni fa. Questo perché si trova in uno stato che si prevede si verifichi prima che un pianeta formi placche tettoniche” ha aggiunto Smrekar, che è anche ricercatrice principale della prossima missione della NASA su Venere, la Venus Emissivity, Radio science, InSAR, Topography, And Spectroscopy (VERITAS) che riprenderà l’osservazione del pianeta da dove interrotta dalla sonda Magellano.

Il lancio è previsto entro un decennio, con l’obiettivo di acquisire nuovi dati e migliorare quelli già esistenti grazie all’impiego di un radar all’avanguardia che creerà mappe globali 3D e uno spettrometro nel vicino infrarosso per capire di cosa è realmente fatta la sua superficie. VERITAS misurerà anche il campo gravitazionale di Venere per determinare la struttura interna del pianeta.

I suoi strumenti, nell’insieme, permetteranno quindi di ricostruire la storia dei processi geologici passati e presenti del pianeta. “VERITAS sarà un geologo orbitante, in grado di individuare dove si trovano queste aree attive e di risolvere meglio le variazioni locali nello spessore litosferico – ha spiegato Smrekar – . Saremo persino in grado di catturare la litosfera mentre si deforma e determineremo se il vulcanismo sta davvero rendendo la litosfera abbastanza “morbida” da perdere tanto calore quanto la Terra, o se ha in serbo più misteri”.

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