Vaccini nella birra: il controverso esperimento del virologo americano

E se il prossimo vaccino non arrivasse con un’iniezione, ma con una pinta di birra? Per Chris Buck, virologo americano, non è solo un’ipotesi, ma un test che sta portando avanti nel suo laboratorio. Buck non è un nome qualunque nel mondo della virologia: ha scoperto quattro dei tredici poliomavirus umani noti, virus associati a infezioni del tratto urinario e a tumori rari. La sua proposta, tuttavia, va oltre la ricerca tradizionale.
Buck sta testando in autonomia un vaccino polio-like somministrabile per via ora all’interno di una pinta di birra. Per farlo ha sviluppato un ceppo di lievito speciale capace di ospitare particelle simili ai poliomavirus. Queste particelle, analoghe a quelle già testate con successo su macachi rhesus in India nel 2023 – tramite chitosano purificato da insetti – hanno dimostrato di stimolare una risposta di anticorpi significativa.
Tra promettenti risultati e critiche scientifiche
I risultati dei test casalinghi, secondo Buck, sono stati promettenti. Dopo aver bevuto la birra contenente il vaccino sperimentale, nel suo sangue sono comparsi anticorpi contro due sottotipi di BK poliomavirus, raggiungendo livelli considerati sicuri per pazienti trapiantati. Lo stesso esperimento è stato ripetuto con familiari e amici, che hanno assunto la birra-vaccino
La sperimentazione, ovviamente, ha sollevato critiche. Due commissioni del National Institutes of Health hanno espresso preoccupazione per l’uso del vaccino su se stesso, sottolineando i rischi etici e legali. La comunità scientifica è divisa: molti riconoscono la necessità di trovare nuove modalità di somministrazione dei vaccini, ma temono che un approccio così informale possa alimentare le paure dei no vax. “Sperimentare nuovi metodi è urgente, ma rischiamo che il pubblico fraintenda il messaggio,” ha spiegato Arthur Caplan, esperto di etica medica alla NYU.
Etica e percezione pubblica: il dibattito sulla birra-vaccino
Buck, tuttavia, non sembra turbato dalle critiche. In un articolo pubblicato sul suo blog personale, il virologo riflette sulla difficoltà storica della comunità scientifica nel dialogare con i movimenti no-vax. “Abbiamo pensato che standard sempre più rigidi della FDA potessero ricostruire la fiducia pubblica. Ma questa strategia ha avuto l’effetto opposto,” scrive. “È come se testassimo una banana con una tuta Hazmat e pinze: la percezione di sicurezza diventerebbe paradossalmente più inquietante.”
La vicenda di Chris Buck apre dunque interrogativi importanti: fino a che punto l’innovazione scientifica può spingersi? E come bilanciare coraggio sperimentale e responsabilità etica, quando la scienza incontra il pubblico? La birra-vaccino potrebbe non diventare mai un prodotto commerciale, eppire i test condotti da Buck sono un punto di partenza per la ricerca sui vaccini ingeribili.