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Uccisa da un’ameba mangia-cervello dopo un lavaggio nasale, i sintomi in pochi giorni non le hanno dato scampo

Una donna di 71 anni ha sviluppato gravi sintomi neurologici dopo un lavaggio nasale con l’acqua del rubinetto di un camper in Texas: le analisi hanno evidenziato un’infezione da Naegleria fowleri, un’ameba mangia-cervello che l’ha uccisa in due settimane.
A cura di Valeria Aiello
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Naegleria fowleri, un'ameba mangia-cervello nel liquido cerebrospinale / Credit: James Roberts/Children's Healthcare di Atlanta
Naegleria fowleri, un'ameba mangia-cervello nel liquido cerebrospinale / Credit: James Roberts/Children's Healthcare di Atlanta

Una donna di 71 anni, in precedenza in buone condizioni di salute, è morta in Texas dopo aver contratto un’infezione da Naegleria fowleri, un microrganismo noto anche come “ameba mangia-cervello”: due settimane prima, aveva utilizzato l’acqua del rubinetto di un camper per un lavaggio nasale, una pratica che – secondo quanto ricostruito – la donna aveva eseguito in diverse occasioni.

Quattro giorni dopo l’ultimo lavaggio, la donna ha iniziato a manifestare i primi sintomi dell’infezione, tra cui febbre, mal di testa e alterazioni dello stato mentale, che sono rapidamente progrediti in convulsioni. Gli esami di laboratorio avevano confermato l’infezione da Naegleria fowleri ma, nonostante le cure tempestive, la donna è deceduta 8 giorni dopo la comparsa dei sintomi.

La tragica vicenda, dettagliata in un rapporto pubblicato sul Morbidity and Mortality Weekly Report, ha riportato l’attenzione sui rischi legati all’uso dell’acqua del rubinetto per i lavaggi nasali: nonostante gli esperti raccomandino di utilizzare solo soluzioni sterili o acqua precedentemente bollita e raffreddata, i lavaggi nasali con acqua del rubinetto non sterile continuano ad essere la principale via di infezione amebica, in particolare negli Stati Uniti.

Nuovo caso di ameba mangia-cervello dopo un lavaggio nasale

Il caso della donna di 71, morta in Texas per un’infezione da Naegleria fowleri (ameba mangia-cervello) dopo un lavaggio nasale con l’acqua di un rubinetto di un camper è l’ultimo di una serie di infezioni segnalate negli Stati Uniti, dove la quasi totalità dei casi registrati negli ultimi anni è legata a questa pratica.

Questi microrganismi, chiamati così perché – una volta entrati nell’organismo – distruggono rapidamente il tessuto cerebrale, causando una malattia spesso mortale, sono normalmente presenti nel suolo e in molti tipi di acqua, principalmente in quelle dolci di fiumi e laghi, ma possono trovarsi anche nell’acqua di sorgenti termali o in quella piscine e del rubinetto quando la disinfezione (clorazione) non è adeguata.

Nel caso della donna, le indagini condotte dal Dipartimento dei Servizi Sanitari dello Stato del Texas hanno mostrato che la signora “non era stata esposta per scopi ricreativi all’acqua dolce, non avendo fatto il bagno in fiumi o laghi, ma – si legge nel rapporto – aveva eseguito diversi lavaggi nasali utilizzando l’acqua del rubinetto di un camper in un campeggio del Texas durante i quattro giorni precedenti alla comparsa dei sintomi”.

Le analisi dei funzionari si sono pertanto concentrate sull’acqua del serbatoio del camper, che veniva utilizzata quando non era disponibile l’acqua proveniente dalla rete idrica, ma anche sull’acqua dell’impianto idrico del campeggio che la donna aveva collegato tramite un tubo flessibile e un filtro dell’acqua al camper, bypassando il serbatoio.

I campioni, prelevati 23 giorni dopo l’uso dell’acqua  per il lavaggio nasale, non hanno però fornito alcun riscontro positivo per la Naegleria fowleri. “Tuttavia, i livelli di cloro totale e monocloramina (ovvero disinfettante) nel campione prelevato dalla rete idrica del campeggio erano inferiori ai livelli minimi residui di disinfettante raccomandati” ha evidenziato il report, ricordando come livelli di disinfezione non ottimale possano portare alla crescita di patogeni, contribuendo alla presenza dell’ameba mangia-cervello, sebbene questo microrganismo non sia stato rilevato nei campioni testati.

Le condizioni ambientali al momento del campionamento, potrebbero essere state diverse da quelle presenti al momento dell'infezione – ha precisato il rapporto – . In alternativa, l patogeno potrebbe essere stato presente al momento del campionamento, ma a livelli inferiori al limite di rilevabilità”.

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