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Tutte queste specie migratorie sono rischio estinzione: la colpa è dell’uomo

Il primo rapporto della Convention on the Conservation of Migratory Species of Wild Animals (CMS) ha segnalato come il cambiamento climatico, l’inquinamento e la degradazione dell’habitat stiano mettendo a rischio la sopravvivenza di quasi la metà delle specie migratorie.
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La crisi climatica sta mettendo a rischio la sopravvivenza delle specie migratorie: più di una su cinque è a rischio estinzione. A dare l'allarme è stato il primo rapporto sullo stato delle specie migratorie redatto dalla Convention on the Conservation of Migratory Species of Wild Animals (CMS) – anche nota come Convenzione di Bonn – un'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della conservazione delle specie migratrici e dei loro habitat.

Il quadro che descrive il rapporto è allarmante: il cambiamento climatico, l'inquinamento, la presenza sempre più aggressiva di specie invasive e la conseguente degradazione degli habitat naturali stanno rendendo sempre più impervie e disseminate di minacce le rotte degli animali migratori, che per loro stessa natura percorrono migliaia e migliaia di chilometri per alimentarsi e riprodursi.

Una specie su cinque è a rischio

Ogni anno miliardi di animali migrano via terra, per mare e per aria, attraversando confini nazionali e continenti e viaggiando per migliaia di chilometri. Oltre a essere alla base della loro sopravvivenza, questi lunghissimi viaggi svolgono un ruolo essenziale nel mantenere in equilibrio gli ecosistemi del mondo. Durante le loro traversate, gli animali migratori impollinano piante, trasportano nutrienti chiave, cacciano parassiti e contribuiscono a immagazzinare carbonio. Ecco perché lo stato di salute in cui versano sono un indice del benessere dell'intero Pianeta. Ma i dati attuali parlano di un quadro tutt'altro che rassicurante.

Anche se per alcune specie è stato registrato un trend positivo, la popolazione di quasi la metà (circa il 44%) delle 1.189 specie animali riconosciute dalla CMS sta diminuendo e più di una su cinque (22%) delle specie elencate è stata dichiarata a rischio estinzione. Ma i rischi maggiori interessano i pesci migratori: praticamente tutte di quelle prese in considerazione, bene il 97%, è a rischio.

Il rapporto ha anche indagato quanti sono le specie migratorie a rischio tra quelle non tenute in considerazione dalla Convenzione. Ne è emerso che 399 specie migratorie, principalmente uccelli e pesci, tra cui molti albatros e uccelli canori, squali e razze, sono categorizzate come "minacciate" o "quasi minacciate", pur non essendo ancora elencate nella CMS.

L'azione dell'uomo è tra le cause principali

Tra i dati emersi dal rapporto, uno su tutti richiede – sottolinea il documento ufficiale – un'azione forte da parte della collettività, essendo l'uomo il principale responsabile dell'allarme in atto. Le due maggiori minacce sia per le specie elencate dalla Convezione che per tutte le specie migratorie sono infatti la sovrasfruttamento e la perdita di habitat dovuti all'attività umana. Tra le cause ci sono pratiche, che pur essendo estremamente dannose per l'ambiente e le specie animali che lo abitano, continuano a essere messe in atto. Tra queste rientrano la caccia e la pesca insostenibili, la perdita e la frammentazione dell'habitat causata dall'agricoltura e dall'urbanizzazione incontrollate.

"Il rapporto ci mostra chiaramente che le attività umane insostenibili stanno mettendo a repentaglio il futuro delle specie migratorie – ha dichiarato Inger Andersen, Direttore Esecutivo del Programma Ambientale delle Nazioni Unite – Quando le specie attraversano i confini nazionali, la loro sopravvivenza dipende dagli sforzi di tutti i Paesi in cui si trovano".

Il rapporto rivela infatti come molte delle minacce che colpiscono queste specie sono le stesse alla base del cambiamento ambientale e della perdita di biodiversità del Pianeta. "Pertanto – ribadisce il rapporto – affrontare il declino delle specie migratorie richiede azioni da parte dei governi, del settore privato e di altri attori".

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