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Tom, morto a 22 anni, salva nove vite con i suoi organi, la madre: “Vorrei dirgli che sono orgogliosa di lui”

Tom Wilson è morto a 22 anni a causa di un grave incidente mentre giocava a hockey. Qualche anno prima aveva però indicato il consenso alla donazione dei suoi organi in caso di morte, un gesto che ha salvato la vita ad altre nove persone. Solo negli Stati Uniti ogni giorno 17 persone muoiono perché non riescono a ottenere in tempo l’organo di cui hanno bisogno.
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Tom Wilson aveva solo 22 anni quando, a causa di un grave incidente durante una partita di hockey, ha perso la vita, quella stessa vita che i suoi organi hanno donato a nove persone in tutto il mondo. Oggi a raccontare la sua storia è la madre, Lisa Wilson, che ha trasformato il dolore per la perdita del figlio in una missione: raccontare la scelta di Tom per spingere più persone possibile ad acconsentire alla donazione degli organi dopo la morte, proprio come aveva fatto Tom a soli 18 anni.

La carenza di organi è infatti una delle emergenze sanitarie più urgenti dei nostri giorni: secondo la Fondazione Veronesi soltanto in Italia più di 8.000 persone sono in lista di attesa di un organo. L'organo di cui in assoluto c'è più bisogno è il rene. Ma la situazione non è diversa all'estero: secondo i dati di United Network for Organ Sharing (UNOS), negli Stati Uniti più di 100.000 persone sono in attesa di un trapianto e ogni giorno 17 persone muoiono perché non riescono a ottenere in tempo l'organo di cui hanno bisogno.

La storia di Tom

Alla BBC, la madre di Tom, Lisa Wilson, di Devon, una contea nel Regno Unito, ha infatti raccontato che suo figlio è morto nel 2015, a soli 22 anni, a causa di un grave trauma subito mentre giocava a hockey. Tom infatti faceva parte dell'Old Loughtonians Hockey Club, una squadra dell'Essex. La sera dell'8 dicembre 2015 stava giocando una partita come tante, quando ricevette un colpo di mazza alla nuca. Il colpo è così violento da lesionargli il tronco cerebrale e provocargli un'emorragia cerebrale subaracnoidea, un'emergenza medica molto grave in cui il sangue finisce all'interno dello spazio subaracnoideo, ovvero lo spazio tra le meningi.

Quella stessa sera Lisa riceve una chiamata da un amico e compagno di squadra di Tom che le dice che il figlio ha avuto un incidente. Intanto sotto si sente qualcuno che chiede se Tom respira ancora. Il ragazzo viene portato d'urgenza in ospedale, al Royal London Hospital, ma poco dopo il suo arrivo i medici comunicano a Lisa che per Tom non c'è più niente da fare. Ed è sempre in ospedale che Lisa scopre che suo figlio, qualche anno prima, quando aveva 18 anni, si era iscritto al registro dei donatori. "Avrei voluto svegliarlo per dirgli quanto ero orgogliosa di lui", ricorda oggi Lisa.

Una parte del fegato di Tom – ha spiegato Lisa – è stata donata a una ragazza, Fatima, che oggi ha 12 anni, mentre il suo cuore è stato trapiantato in un uomo che all'epoca dell'intervento aveva 60 anni. La donna ha cercato in tutti i modi di mettersi in contatto con loro e, in occasione dei British Transplant Games, un evento in memoria dei donatori di organi che hanno permesso ad altre persone di vivere, è riuscita perfino a incontrarli: "È stato surreale. Ero accanto a due persone che sono vive grazie a Tom. Il suo cuore batteva lì, proprio vicino a me".

Come funziona il consenso per la donazione degli organi

Quando Tom è morto, nel Regno Unito la donazione degli organi dopo la morte era ancora regolata da un principio di consenso esplicito (opt-in): proprio come accade attualmente in Italia, una persona doveva dichiarare esplicitamente, quando era ancora in vita, la propria volontà a donare gli organi in caso di morte.

Nel 2020, però, la situazione è cambiata, nel Regno Unito infatti è entrata in vigore la Max and Keira’s Law, che ha introdotto un sistema di consenso presunto (opt-out). Con questa legge, in caso di morte, si presume che una persona acconsenta alla donazione dei propri organi, a meno che non abbia espresso un rifiuto esplicito in vita. Nonostante questo, i familiari continuano a essere coinvolti nel processo e possono opporsi alla donazione.

In Italia, invece, nella pratica si applica ancora un principio di consenso o dissenso esplicito. Questo significa che, se una persona non ha manifestato in vita la propria volontà alla donazione, la decisione viene lasciata ai familiari. I cittadini maggiorenni che vogliono indicare la propria volontà su questo argomento possono esprimere il proprio consenso (o dissenso) attraverso diverse modalità: presso la propria ASL o il medico di famiglia, attraverso l'iscrizione alla AIDO, una dichiarazione scritta conservata nei propri documenti o al momento del rinnovo della carta d'identità.

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