video suggerito
video suggerito

Sviluppato un rene “universale” compatibile con tutti i gruppi sanguigni: i risultati del primo trapianto

Un gruppo di ricercatori tra Canada e Cina ha trapiantato per la prima volta nella storia in una persona cerebralmente morta un rene da un donatore con gruppo sanguigno A convertito in gruppo sanguigno 0. Come potrebbe rivoluzionare il settore dei trapianti qualora venga introdotto nella pratica clinica.
11 CONDIVISIONI
Immagine

La carenza di organi è un'emergenza sanitaria mondiale. Basti pensare che, secondo la United Network for Organ Sharing (UNOS), solo negli Stati Uniti più di 100.000 persone sono in attesa di un organo per il trapianto e ogni giorno 13 persone muoiono perché non riescono a ottenere l'organo di cui necessitano in tempo. Anche in Italia i reni disponibili sono molto meno di quelli di cui si avrebbe bisogno: nonostante i progressi in questo ambito, secondo il Centro Nazionale Trapianti, nel 2024 erano 8.000 i pazienti in lista d'attesa, di cui 6.000 stavano aspettando un nuovo rene.

Ecco perché da anni ormai il mondo della ricerca sta cercando soluzioni alternative per rispondere a questa crescente domanda. Uno degli ambiti di ricerca che negli ultimi anni ha raggiunto risultati significativi è quello degli xenotrapianti, ovvero i trapianti di organi da animali – per lo più maiali – geneticamente modificati per ridurre il rischio di rigetto. Ora, un altro importante risultato è stato appena raggiunto da un team di ricercatori tra Canada e Cina che, attraverso una particolare tecnologia, ha sviluppato il primo "rene universale" funzionante, ovvero potenzialmente adatto a qualsiasi ricevente, a prescindere dal gruppo sanguigno di appartenenza.

Come è stato testato il rene

Si tratta di una prima volta storica nell'ambito della ricerca sulle donazioni di organi. Per la prima volta, infatti, un rene di un donatore con il gruppo sanguigno A è stato convertito al tipo 0 universale – ovvero adatto a qualsiasi ricevente – ed è stato effettivamente trapiantato in un essere umano, funzionando per diversi giorni. L'organo è stato trapiantato in una persona cerebralmente morta, dopo il consenso della famiglia all'intervento. Questo ha permesso ai ricercatori di osservare come si sarebbe comportato il rene e la risposta immunitaria del corpo.

Il rischio, infatti, dato il diverso gruppo sanguigno del donatore, era che subito dopo il trapianto si verificasse un rigetto iperacuto, ovvero una violenta reazione del sistema immunitario che, non riconoscendo l'organo, lo attacca causandone la distruzione in pochi minuti. Ma in questo primo trapianto di un organo convertito, quest'eventualità non si è verificata: per due giorni l'organo ha funzionato e, anche se al terzo c'è stata una lieve reazione, “il danno è stato molto meno grave rispetto a un caso di incompatibilità completa” e i ricercatori hanno osservato alcuni segnali che indicavano che il corpo stava iniziando a tollerare l'organo.

Come convertire il gruppo sanguigno

Questo risultato, che secondo i ricercatori potrebbe rappresentare un "importante passo avanti" per aiutare migliaia di pazienti a ridurre i tempi di attesa per i trapianti di rene, è il frutto – spiegano – di oltre un decennio di studio. La svolta è arrivata nel 2019, quando alcuni ricercatori dell’University of British Columbia hanno scoperto due enzimi capaci di rimuovere gli zuccheri che definiscono il gruppo sanguigno A, convertendolo nel tipo 0. L’appartenenza di una persona a uno dei gruppi del sistema AB0 dipende infatti dalla presenza di specifici zuccheri che si legano alla superficie dei globuli rossi. In linguaggio scientifico sono noti come antigeni: questi si trovano anche sulla superficie degli organi, ed è proprio la loro presenza che, in caso di mancata corrispondenza donatore-ricevente, attiva il sistema immunitario del ricevente. “È come rimuovere la vernice rossa da un’auto e scoprire il primer neutro – spiegano i ricercatori – una volta fatto, il sistema immunitario non vede più l’organo come estraneo”.

Dopo una lunga serie di test ed esperimenti, i ricercatori sono riusciti a convertire, attraverso i due enzimi, il gruppo sanguigno prima nel sangue, poi sui polmoni e infine sui reni, ma ovviamente si trattava di risultati ottenuti soltanto in laboratorio e mai testati su un essere umano. Ecco perché il trapianto in una persona cerebralmente morta ha rappresentato un importante spartiacque. La strada verso l’applicazione di questa scoperta nella realtà clinica è ancora lunga: per prima cosa è necessario ottenere l’approvazione agli studi clinici, ma il potenziale – ribadiscono i ricercatori – è enorme, sia per l’ambito dei trapianti che per quello della donazione di sangue. Se applicato anche al sangue da donazioni, infatti, questa tecnologia potrebbe potenzialmente rimuovere l’ostacolo della compatibilità tra gruppi sanguigni e creare un sangue universale, adatto a tutti.

11 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views