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Sviluppata in laboratorio una “cartilagine artificiale”: come può migliorare il trattamento dell’artrite

Nei test in laboratorio il nuovo materiale, ancora in fase sperimentale, ha riconosciuto i cambiamenti del corpo associati all’infiammazione propria dell’artrite: come potrebbe essere usata in ambito clinico.
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I ricercatori della Cambridge University hanno elaborato un nuovo materiale che potrebbe migliorare il trattamento di una condizione che colpisce milioni di persone nel mondo: l'artrite. Si tratta di una malattia infiammatoria cronica che causa infiammazione a carico delle articolazioni e si manifesta con dolori anche molto intensi che possono compromettere la mobilità.

Il nuovo materiale è stato messo a punto dai ricercatori del gruppo di ricerca guidato dal professor Oren Scherman del Dipartimento di Chimica "Yusuf Hamied" di Cambridge. Si presenta come un materiale polimerico elastico, una sorta di gel, progettato per percepire i cambiamenti nel corpo associati alla riacutizzazione dell'artrite e rilasciare farmaci antinfiammatori in modo tale da bloccare l'infiammazione e quindi i sintomi che causa.

Come funziona il nuovo materiale

Quando un'articolazione si infiamma – spiegano i ricercatori di Cambridge – diventa leggermente più acida del tessuto circostante, ovvero il suo pH cambia. Il nuovo materiale è stato progettato in modo tale da poter essere arricchito con i farmaci antinfiammatori e riuscire a riconoscere queste variazioni nel pH: quando queste si verificano, ad esempio durante una riacutizzazione dell'artrite, il materiale dovrebbe quindi diventare più morbido e gelatinoso e rilasciare le molecole di antinfiammatori integrate al suo interno.

Finora il materiale è stato testato soltanto in laboratorio e non con farmaci ma con un colorante fluorescente per imitare come potrebbe comportarsi un vero farmaco. Dai test in laboratorio è emerso che, con livelli di acidità simili a quelli riscontrabili in un'articolazione colpita da artrite, il materiale si è attivato rilasciando una quantità maggiore di sostanza. Questo ha portato i ricercatori a dedurre che il materiale potrebbe fare lo stesso con i farmaci.

I possibili vantaggi

Come ha spiegato il professor Scherman, materiali di questo tipo sono da tempo oggetto di studio come possibili alternative alla cartilagine naturale in tutte quelle condizioni in cui quest'ultima si usura o è compromessa. Ma alle caratteristiche note di questi materiali, questa volta è stata aggiunta una caratteristica in più, ovvero la possibilità di integrarli con dei medicinali: "Combinarlo con la somministrazione altamente mirata di farmaci è una prospettiva davvero eccitante", ha detto il ricercatore.

Il materiale è ora ancora allo stato sperimentale, ma qualora venisse ufficialmente introdotto nella pratica clinica potrebbe essere usato come una sorta di "cartilagine artificiale" da inserire proprio nelle articolazioni colpite da artrite. In questo modo, la sostanza potrebbe attivarsi solo quando effettivamente è in corso uno stato infiammatorio, rilasciando i farmaci solo quando e dove sono necessari. Questo potrebbe da una parte garantire il trattamento continuo dell'artrite, dall'altra ridurre il rischio di effetti collaterali associato all'assunzione di antinfiammatori.

Inoltre, per i ricercatori questo approccio potrebbe avere numerose applicazioni anche nel trattamento di molte condizioni mediche che richiedono un trattamento mirato: "È un approccio estremamente flessibile, quindi potremmo in teoria incorporare sia farmaci ad azione rapida che ad azione lenta e avere un singolo trattamento che dura giorni, settimane o addirittura mesi", ha spiegato Stephen O'Neill, primo autore dello studio.

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