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Siamo più vicini a riportare in vita il mammut lanoso entro il 2028

Gli scienziati che vogliono riportare in vita il mammut lanoso hanno fatto un enorme passo avanti nella ricerca. Ecco quale obiettivo hanno e perché siamo più vicini alla “resurrezione” di questi maestosi pachidermi preistorici entro il 2028.
A cura di Andrea Centini
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La società britannica Colossal Biosciences specializza in de-estinzione, che si prefigge di riportare in vita specie estinte a causa dell'uomo, ha fatto un passo in avanti significativo verso il ritorno in vita del mammut lanoso (Mammuthus primigenius). Più precisamente, si tratterebbe di un elefante asiatico (Elephas maximus) geneticamente modificato per esprimere le caratteristiche della specie estinta nel Pleistocene, molto probabilmente a causa della caccia spietata perpetrata dai nostri antenati. Questo animale “risorto” avrebbe infatti lunghe zanne ricurve, peculiari strati di grasso e un folto pelo per proteggerlo dai climi gelidi, dal quale deriva il nome comune. Il sogno della società di Ben Lamm, cofondatore e amministratore delegato di Colossal Biosciences, è quello di riportare in vita i mammut lanosi entro il 2028 e, come indicato, è stato fatto un altro passo verso il raggiungimento verso questo virtuoso (ma anche controverso) obiettivo, che non tutti gli scienziati approvano. Ma cosa è stato fatto effettivamente?

I ricercatori di Colossal Biosciences sono riusciti a riprogrammare le cellule dell'elefante asiatico – che condivide il 99,6 percento del patrimonio genetico con il mammut lanoso – fino a ottenere cellule staminali pluripotenti indotte (iPCS), valse il premio Nobel allo scienziato giapponese Shinya Yamanaka. Quelle di elefante erano considerate un obiettivo particolarmente ostico da raggiungere. Più precisamente, il team dell'azienda britannica ha sviluppato cellule chiamate emiPCS. Si tratta di cellule a uno stato simil embrionale che possono essere trasformate in qualunque altra cellula di un essere vivente. L'obiettivo è creare le cellule germinali dell'elefante asiatico da poter manipolare geneticamente (senza passare per quelle degli animali vivi) per arrivare i risultati / tratti desiderati, fino a riportare in vita il mammut lanoso attraverso i primi cuccioli ibridi.

Riprogrammare le cellule dell'elefante asiatico è stato un percorso estremamente complesso; i ricercatori le hanno ottenute attraverso un processo a due fasi, “utilizzando prima mezzi di induzione a base chimica, seguiti dall'aggiunta dei fattori di trascrizione Oct4, Sox2, Klf4, Myc +/- Nanog e Lin28 e dalla soppressione del percorso p53”, hanno spiegato in un comunicato stampa. “L'approccio – sottolineano gli studiosi – differisce da altri protocolli di riprogrammazione più standard per altre specie, in parte a causa della complessità del percorso TP53 negli elefanti poiché il loro genoma contiene fino a 19 copie dei retrogeni TP53. TP53 è un gene centrale utilizzato dalla cellula per regolare attentamente la sua crescita in modo da non diventare cancerosa”. Nonostante le difficoltà, sono riusciti a riprogrammare la maggior parte delle cellule e ottenere la pluripotenza che può dar vita a cellule di ogni tessuto dell'elefante asiatico, il "mattone" con cui far risorgere il mammut lanoso.

A raggiungere questo risultato straordinario è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati di Colossal Biosciences, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di molteplici istituti. Fra essi la Scuola di Medicina dell'Università di Harvard; il Centro per il cancro Fox Chase; Weill Cornell Medicine e altri. Gli scienziati, coordinati dal dottor Evan Appleton, sottolineano che l'ottenimento di queste cellule pluripotenti, oltre ad avere un impatto sulla de-estinzione del mammut lanoso, può avere molteplici altre applicazioni; dallo sviluppo di terapie cellulari allo screening farmacologico,passando per l'uso delle iPCS in altre specie e altri campi della biologia dello sviluppo.

“Siamo molto entusiasti di utilizzare le cellule che abbiamo sviluppato per far crescere gameti di elefante in una piastra. Sebbene gli elefanti siano una specie impegnativa, questa è stata un’opportunità incredibilmente unica con così tanto da imparare e condividere ora e nel prossimo futuro”, ha dichiarato il dottor Appleton. “Si tratta di un passo epocale, con numerose applicazioni, che siamo orgogliosi di condividere con la comunità scientifica. Ogni passo ci avvicina ai nostri obiettivi a lungo termine di riportare in vita questa specie iconica”, gli ha fatto eco il dottor Lamm. Gli scienziati sono scettici sul riportare in vita questi animali, ma secondo Colossal Biosciences potrebbero essere trasferiti nelle regioni artiche (da cui sono stati strappati) per ripristinare gli ecosistemi originari, offrendo un aiuto anche contro la crisi climatica. La vegetazione plasmata dalla presenza dei mammut sarebbe infatti più efficace nell'assorbire il carbonio. I dettagli della ricerca “Derivation of elephant induced pluripotent stem cells” sono stati pubblicati sul server di prestama BiorXiv, in attesa sulla pubblicazione su una rivista scientifica.

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