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Scoperto buco nero mostruoso: è 32,7 miliardi di volte più massiccio del Sole

A 2,7 miliardi di anni luce dalla Terra si annida un vero e proprio mostro: un buco nero ultramassiccio con una massa 32,7 miliardi di volte quella del Sole e un orizzonte degli eventi di 195 miliardi di chilometri.
A cura di Andrea Centini
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Credit: ESA/Hubble, Digitized Sky Survey, Nick Risinger (skysurvey.org), N. Bartmann
Credit: ESA/Hubble, Digitized Sky Survey, Nick Risinger (skysurvey.org), N. Bartmann

Nel cuore di una galassia sita a 2,7 miliardi di anni luce dalla Terra si trova un buco nero mostruoso, con una massa pari a circa 32,7 miliardi di volte quella del Sole. È un vero e proprio gigante cosmico, un "cuore di tenebra" che va ben al di là della portata dei già colossali buchi neri supermassicci, come Sagittarius A* – da 4 miliardi di masse solari – sito al centro della Via Lattea. Fa parte dei cosiddetti buchi neri ultramassicci, tra gli oggetti più grandi che si annidano nello spazio profondo. Il gigante era già stato individuato nel 2004, tuttavia fino ad oggi non si conosceva la sua reale portata. Grazie a tecniche di indagine più sofisticate e simulazioni al computer è stato determinato che la sua massa è almeno 7 miliardi di masse solari più grande di quanto stimato in precedenza. Ciò lo rendo uno dei 10 più grandi buchi neri mai scoperti.

A determinare che a 2,7 miliardi di anni luce dalla Terra si trova un colossale buco nero da 32,7 miliardi di masse solari è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati britannici dell'Università di Durham, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Istituto Max Planck di Astrofisica di Garching (Germania) e del Centro di ricerca Ames della NASA (Stati Uniti). I ricercatori, coordinati dal professor James Nightingale, docente presso il Centro di Astronomia Extragalattica del Dipartimento di Fisica dell'ateneo britannico, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a confronto le immagini catturate dal celebre Telescopio Spaziale Hubble con i risultati di simulazioni condotte col supercomputer DiRAC HPC COSMA8.

Credit: Dhuram University
Credit: Dhuram University

Il buco nero ultramassiccio, sito nel cuore di un ammasso di galassie chiamato Abel 1201, è stato “pesato” grazie a un'affascinante tecnica chiamata lente gravitazionale. In parole molto semplici, la luce emessa da un oggetto lontanissimo mentre viaggia verso la Terra può essere deformata e amplificata da oggetti intermedi di grande massa, che fungono da vere e proprie lenti (da qui il nome). Analizzando le distorsioni della luce prodotte dallo spazio-tempo i ricercatori possono determinare la massa degli oggetti sullo sfondo. Proprio così hanno identificato il buco nero ultramassiccio nell'ammasso di galassie, nello specifico nella galassia centrale e più luminosa chiamata Abell 1021 BCG, una galassia ellittica diffusa. Il professor Nightingale e i colleghi hanno condotto migliaia di simulazioni con il supercomputer testando buchi di neri di massa variabile, fino a quando non ne hanno trovato uno della massa che riesce a spiegare le distorsioni della luce osservabili nelle immagini di Hubble: è appunto un colosso da 32,7 miliardi di masse solari. Per capire quanto è grande, basti sapere che il suo orizzonte degli eventi ha un diametro di circa 1.300 unità astronomiche (195 miliardi di chilometri). Una UA è infatti pari alla distanza che separa la Terra dal Sole, ovvero circa 150 milioni di chilometri.

“Questo particolare buco nero, che è circa 30 miliardi di volte la massa del nostro Sole, è uno dei più grandi mai rilevati e al limite superiore di quanto crediamo grande i buchi neri possono teoricamente diventare, quindi è una scoperta estremamente eccitante”, ha dichiarato il professor Nightingale in un comunicato stampa. Grazie alla tecnica impiegata è possibile studiare buchi neri supermassicci e ultramassicci di galassie lontanissime, anche inattivi, proprio grazie alla distorsione alla luce indotta da fenomeni gravitazionali. “Il lensing gravitazionale rende possibile studiare i buchi neri inattivi, qualcosa che attualmente non è possibile nelle galassie lontane. Questo approccio potrebbe consentirci di rilevare molti più buchi neri oltre il nostro universo locale e rivelare come questi oggetti esotici si siano evoluti più indietro nel tempo cosmico”, ha chiosato l'esperto. I dettagli della ricerca “Abell 1201: detection of an ultramassive black hole in a strong gravitational lens Get access Arrow” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica specializzata Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

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