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Covid 19

Scoperta nuova variante iper mutata del coronavirus: ha 113 mutazioni, più del doppio di Omicron

I ricercatori hanno scoperto una nuova variante del coronavirus SARS-CoV-2, con 113 mutazioni di cui 37 sulla proteina spike. Non sono note le condizioni del paziente colpito, ma si ritiene che il ceppo iper mutato sia figlio di una forma cronica di Covid.
A cura di Andrea Centini
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Particelle virali del coronavirus su cellule. Credit: NIAID
Particelle virali del coronavirus su cellule. Credit: NIAID
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Scoperta in Indonesia una nuova variante del coronavirus SARS-CoV-2 caratterizzata da ben 113 mutazioni. Per fare un confronto con la variante Omicron, principale motore della pandemia di COVID-19 dall'inizio del 2022, quest'ultima ne ha meno della metà, circa 50. Quando Omicron venne identificata per la prima volta in Sudafrica alla fine del 2021 fu presentata come “super mutata” rispetto alle varianti di preoccupazione che l'avevano preceduta, come l'Alpha, la Beta e la Delta. I ricercatori si preoccuparono immediatamente per le sue caratteristiche peculiari, in particolar modo per le caratteristiche delle 32 mutazioni sulla proteina S o Spike, il grimaldello biologico che permette al patogeno pandemico di legarsi alle cellule umane, scardinare la parete cellulare, riversare all'interno l'RNA virale e dare il via al processo di replicazione, alla base dell'infezione e della malattia chiamata COVID-19. Gli scienziati, infatti, ritenevano che quella particolare conformazione avrebbe favorito l'immunoevasività agli anticorpi del vaccino anti Covid e a quelli innescati dalle precedenti infezioni naturali. E così è stato, soprattutto con le sue sottovarianti ricombinanti. Ora che ci troviamo innanzi a una nuova variante con addirittura 113 mutazioni dovremmo preoccuparci? Non esattamente.

A spiegarne i motivi è il professor Ian Jones, docente di virologia dell'Università di Reading, che ha rilasciato un'intervista esclusiva al Mail Online sulla scoperta della nuova variante “iper mutata”. Il nuovo ceppo del coronavirus SARS-CoV-2 è stato identificato nel campione biologico di un paziente ricoverato a Jakarta e la sequenza virale è stata depositata in una banca dati internazionale all'inizio di luglio 2023. Non sono stati diffusi né il nome della banca dati né le caratteristiche del paziente (genere, età, condizioni di salute etc etc). Tuttavia, secondo il professor Jones, la nuova variante ha generato così tante mutazioni – 37 solo sulla proteina spike – poiché si è sviluppata nel cuore di un'infezione cronica, di quelle che solitamente colpiscono pazienti con deficit immunitari come quelli scaturiti dalla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) o dai cicli di chemioterapia per la cura di un cancro.

In queste condizioni il virus continua a replicarsi continuamente nell'organismo dell'ospite, che non riesce a liberarsene; ciò permette al patogeno di sviluppare continuamente nuove mutazioni (attraverso un processo casuale) che a loro volta possono – o non possono – garantire un adattamento immunitario e la maggiore immunoevasività. Ma questo processo ha anche un prezzo per il virus, come spiegato dal professor Jones al Mail. “La preoccupazione per le infezioni croniche è che il virus sta mutando in un individuo che ha già generato l'immunità. In altre parole, il virus deve quasi avere mutazioni che possono sfuggire a tale immunità”, ha affermato lo scienziato. Tuttavia, prosegue l'esperto, “tali mutazioni sono spesso compensate da un ‘costo di fitness‘, il che significa che il virus generalmente non cresce bene e, nel complesso, il rischio di un tale virus è basso”. In parole semplici, non è assolutamente detto che pur avendo così tante mutazioni questo virus sia in grado di infettare agevolmente le altre persone e diffondersi come ha fatto Omicron o Delta, generando ondate di Covid più o meno mortali. Potrebbe semplicemente restare confinato nel singolo paziente, sino alla guarigione o alla morte dello stesso.

Al momento siamo innanzi a un'unica sequenza in un singolo paziente e non sappiamo se questo ceppo sia in grado di fare il salto di qualità. Ciò che preoccupa gli esperti in questo momento è la frequenza delle sequenze rilevate, un segnale che ci dice se il virus si sta diffondendo nella popolazione e alimentando contagi. “Quello che stai veramente cercando non è la strana, curiosa sequenza qua e là, ma un rapido aumento della frequenza di una particolare sequenza che suggerisce che sta prendendo piede. Fino ad allora tutti i campanelli d'allarme dovrebbero rimanere spenti”, ha spiegato il professor Jones. Insomma, non dobbiamo preoccuparci della nuova variante su un solo paziente, ma è fondamentale continuare a monitorare i lignaggi del coronavirus SARS-CoV-2 proprio per determinare l'emersione e la diffusione di nuove, subdole sequenze.

Come spiegato al mail dal virologo Lawrence Young dell'Università di Warwick, le indagini genetiche per monitorare il patogeno si sono ridotte rispetto alle fasi più critiche della pandemia e rischiamo che nuovi lignaggi possano passare sotto traccia, mentre iniziano a diffondersi. La pandemia non è ancora finita e anche se non si corre alcun rischio di nuovi lockdown e altre misure draconiane, è doveroso continuare a prestare attenzione. Quest'anno, tuttavia, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) potrebbe decretare l'uscita dalla fase pandemica.

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