Quante microplastiche si nascondono nell’acqua in bottiglia: il confronto con quella del rubinetto

Chi beve abitualmente acqua in bottiglie di plastica ingerisce in media 90.000 microplastiche in più rispetto ai consumatori di acqua da rubinetto. È quanto emerge da una nuova importante ricerca che ha messo insieme i risultati di oltre 141 studi condotti su questo argomento. Lo studio, pubblicato a inizio settembre 2025, cerca di fare chiarezza sull'incertezza riguardo ai rischi di contaminazione legati al consumo di acqua da bottiglie di plastica monouso.
Non è una novità: le microplastiche (da 1 µm a 5 mm) e le nanoplastiche (inferiori a 1 µm) rappresentano una minaccia non solo per l'ambiente, ma anche per la salute umana. Questi minuscoli frammenti di plastica, che vengono rilasciati per effetto della degradazione di questo materiale, sono un fattore di rischio per la salute umana perché sono così piccoli che riescono a penetrare praticamente in tutti i tessuti e negli organi umani. Sono state rintracciate perfino nelle ossa, nello sperma e nella placenta.
Cosa sappiamo sulle bottiglie di plastica
Anche se in passato diversi studi hanno cercato di misurare l'esposizione alle microplastiche legate al consumo di acqua in bottiglia di plastica, c'erano ancora – chiarisce l'articolo – molte lacune da colmare e dubbi da chiarire.
Per cercare di fare chiarezza su questo fronte, la ricercatrice Sarah Sajedi, della Concordia University, ha ripreso i risultati a cui sono giunti oltre 141 studi sulla presenza di microplastiche nelle bottiglie di plastica e li ha elaborati insieme in un'importante meta-analisi. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Hazardous Materials.
Dai dati così ottenuti è emerso che una persona ingerisce in media tra 39.000 e 52.000 particelle di microplastica all'anno, ma chi beve acqua in bottiglie di plastica rischia di assumerne fino a 90.000 particelle in più rispetto a chi preferisce l’acqua del rubinetto. Tuttavia – specifica l'articolo – c'è ancora molta incertezza e varietà negli studi condotti su questo argomento, anche in termini di metodi impiegati, quindi questi dati devono essere letti come una stima per approssimazione, non come un dato assolutamente certo.
Inoltre, è bene specificare che il confronto è stato fatto tra chi beve acqua dalle bottiglie in plastica e chi dal rubinetto. Vale la pena sottolinearlo a maggior ragione se si considera che qualche mese fa un altro studio aveva suggerito che le bottiglie in vetro possono rilasciare perfino più microplastiche di quelle in plastica.
I rischi per la salute
Anche se l'impatto sulla salute è ancora oggetto di studio, sappiamo con certezza che sul lungo periodo le microplastiche possono rappresentare un fattore di rischio per diverse malattie o condizioni patologiche. Questo possibile impatto negativo sulla nostra salute è ancora più preoccupante se si pensa che le microplastiche sono praticamente ovunque. Ad esempio, vengono rilasciate già durante la fase di produzione delle bottiglie di plastica e per tutta la loro vita. Soprattutto se la plastica è di scarsa qualità, è più probabile che rilascino microplastiche alla minima variazione di temperatura e ogni volta che vengono manipolate.
Certo, non solo le bottiglie di plastica presentano questo problema: qualsiasi oggetto in plastica rilascia queste minuscole particelle, ma le microplastiche che ingeriamo dalle bottiglie d'acqua presenterebbero un problema in più: "A differenza di altri tipi di particelle di plastica, che entrano nell'organismo umano attraverso la catena alimentare, queste vengono ingerite direttamente dalla fonte", si legge in questo commento della Concordia University. E, una volta ingerite, possono superare le barriere biologiche, entrare nel flusso sanguigno e raggiungere organi fondamentali.
Anche se gli effetti a lungo termine sulla salute all'esposizione alle microplastiche sono ancora oggetto di studio, diverse ricerche hanno dimostrato che queste possono causare infiammazione cronica, stress ossidativo a livello cellulare, squilibri ormonali, e quindi aumentare il rischio di sviluppare malattie respiratorie, problemi riproduttivi, neurotossicità e cancerogenicità.