Quando i medici non credono al tuo dolore: cos’è il gaslighting medico

L'endometriosi, la vulvodinia e più in generale il dolore pelvico cronico colpiscono molte più donne di quanto si possa pensare. Anche se negli ultimi anni l'attenzione a queste malattie esclusivamente femminili è cresciuta, per effetto dell'affermazione della medicina di genere, secoli di pregiudizi sulla salute sessuale delle donne hanno ancora un peso importante su milioni di persone in tutto il mondo.
Diversi studi hanno infatti mostrato come sono ancora molte le donne che non riescono ad avere una diagnosi e quindi una cura di successo, con un impatto che può riflettersi su ogni ambito della loro vita, non solo quello della salute fisica. In questo articolo su The Conversation le ricercatrici, Elisabetta Hintz e Marlene D. Berke, come a peggiorare le cose contribuisca ancora spesso il mancato riconoscimento del dolore da parte del personale medico. Si tratta di quel fenomeno che negli ultimi anni è stato chiamato "gaslighting medico".
Cos'è il gaslighting medico
Il termine gaslighting nasce nell'ambito delle relazioni, soprattutto quelle di coppia, per indicare il comportamento manipolatorio di un partner che non riconosce i sentimenti o le opinioni dell'altro a tal punto da spingerlo a credere che non siano davvero reali o che comunque non abbiano ragione di essere espressi. Negli ultimi anni, anche se con un'accezione diversa e meno colpevolizzante, in alcuni ambienti di ricerca questo termine è stato applicato anche all'ambito medico.
In questo contesto "indica – spiega questo articolo di Harvard Health Publishing – quelle situazioni in cui gli operatori sanitari sembrano invalidare o ignorare le tue preoccupazioni". Può essere collegato a diagnosi mancate, ritardi nelle cure e, sebbene possa riguardare qualsiasi paziente, alcune ricerche suggeriscono che chi appartiene a una minoranza (comprese donne e neri) ha più probabilità di subire gaslighting medico.
Perché le donne sono più colpite
Lo sviluppo della medicina di genere sta producendo un lento miglioramento, ma fino a non troppo tempo fa i disturbi o le condizioni femminili legate alla loro salute sessuale erano quasi sempre trattate come conseguenza di un problema di natura psicologica o, come si è detto a lungo, "isterica". Ora, fortunatamente, l'origine biologica di questi disturbi è stata riconosciuta, eppure – spiegano Hintz e Burke – ancora resiste una forma di pregiudizio sull'argomento. Tant'è che molto più spesso di quanto si pensi alle donne che convivono con dolori cronici viene suggerito di provare a rilassarsi.
Uno studio del 2024 che ha raccolto l'esperienza di pazienti con dolore vulvovaginale cronico ha rilevato che al 45% è stato detto che "avevano solo bisogno di rilassarsi di più" e il 39% si sono sentite trattate come pazze. Frustrate da questo atteggiamento, più della metà, il 55%, aveva preso in considerazione l'idea di rinunciare alle cure. Un'altra ricerca in due città, sempre negli Stati Uniti, ha evidenziato come la maggior parte delle pazienti con questo tipo di problemi aveva dovuto vedere più medici nella speranza di avere una diagnosi e la maggior parte di loro non l'avevano mai ricevuta.
Il ritardo della medicina di genere
Anche in Italia il problema esiste: sebbene il dolore pelvico cronico colpisca il 26% delle donne, ben una paziente su tre non ottiene una diagnosi. Anche chi soffre di vulvodinia o endometriosi spesso non ha un percorso facile, sebbene siano tutt'altro che rare: si stima che in Italia soffrano di endometriosi circa tre milioni di donne.
Parliamo di condizioni che possono avere un impatto davvero importante sulla vita della donna: chi soffre di dolore pelvico cronico (un sintomo comune anche dell'endometriosi) vive con disagio moltissime situazioni, dal lavoro alla vita personale. Spesso chi soffre di questi disturbi rinuncia perfino ad avere rapporti sessuali. Tutto questo può avere ripercussioni gravi anche sul piano psicologico.
Ovviamente, le cause quasi mai hanno a che fare con la bravura del medico, ma con il ritardo che la medicina ha accumulato per secoli nei confronti delle malattie tipicamente femminili, un problema che riguarda ancora spesso il mondo della ricerca: un report del 2025 delle National Academies ha dimostrato che la ricerca sulle malattie che colpiscono soprattutto le donne riceve meno finanziamenti rispetto a quella che ha per oggetto le malattie che riguardano per lo più la popolazione maschile.