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Ora sappiamo in che modo le lucertole perdono la coda

Lo ha scoperto un team di ricerca internazionale, osservando al microscopio le superfici interne lungo il piano di rottura dell’appendice lasciata cadere da questo piccolo rettile.
A cura di Valeria Aiello
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Perché le lucertole perdono la coda? E come fanno queste appendici a staccarsi rapidamente in caso di emergenza? Una risposta a queste domande arriva da un team di ricerca guidato dal professor Yong-Ak Song, bioingegnere presso la New York University Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti, che insieme ai colleghi ha osservato al microscopio le superfici interne della coda di questi piccoli rettili, rivelando la presenza di un meccanismo di “sgancio rapido” che si innesca come strategia di difesa e che, al contempo, permette alla coda di restare saldamente attaccata durante le normali attività. “Deve avere la giusta quantità di adesione, in modo che non si stacchi facilmente, ma deve anche potersi staccare ogni volta che è necessario – ha spiegato Song – . È un ottimo equilibrio”.

I dati al microscopio, pubblicati nel dettaglio in un articolo su Science, mostrano che le superfici interne lungo il “piano di frattura” della coda sono costituite da fasci di muscoli e che, nel punto in cui si staccano, presentano una microstruttura a forma di cono ricoperta da nanopori, che i ricercatori hanno descritto come delle spine che si adattano alle prese corrispondenti, costituite da pareti relativamente lisce.

I punti di connessione "spina e presa", ovvero lungo i piani di frattura, tra ciascun segmento della coda di una lucertola (uno dei quali è illustrato nel cerchio) / Credit: Shiji Ulleri/Wise Monkeys
I punti di connessione "spina e presa", ovvero lungo i piani di frattura, tra ciascun segmento della coda di una lucertola (uno dei quali è illustrato nel cerchio) / Credit: Shiji Ulleri/Wise Monkeys

Per scoprire la funzione di questa struttura, che si ripete in una serie di segmenti lungo la coda, i ricercatori hanno utilizzato un modello di emulazione, esaminando le forze che permettono una presa così salda dell’appendice. E scoprendo che questi micropilastri hanno caratteristiche micro e nanometriche che si sono evolute per consentire alla coda di restare attaccata e resistere a piccoli urti e oscillazioni.. Tuttavia, quando la lucertola muove la coda in un certo modo, la curvatura gioca un ruolo cruciale nel dare il via alla caduta dell’appendice, creando una piccola fessura permette alla coda di staccarsi.

Questa strategia di difesa, chiamata autotomia (o auto-amputazione), non è una prerogativa delle sole lucertole nel regno animale. Anche alcuni insetti (lasciando cadere le zampe), così come alcuni granchi (con le loro chele), molluschi, stelle marine e pesci, tra i quali il regaleco, utilizzano questo sistema per difendersi dai predatori. Recentemente, è stato scoperto che anche alcune  lumache di mare (sacoglossa) sono in grado di autodecapitarsi e rigenerare l’intero corpo nel giro di venti giorni. La parte vitale lasciata cadere, continuando a muoversi, confonde i predatori, mentre una riserva di cellule molto duttili, capaci di moltiplicarsi e dare origine ai tessuti più svariati, ricostruisce le strutture perse.

La comprensione di un meccanismo di rilascio così rapido ed efficace potrebbe avere applicazioni legate all’adesione, come il miglioramento di innesti cutanei e la guarigione delle ferite, oltre a fornire spunti fondamentali per la robotica morbida e la biostampa 3D. “L’autotomia si rivela uno strumento di sopravvivenza di successo nel mondo naturale e la sua prevalenza nel regno animale supporta un possibile utilizzo in applicazioni scientifiche e ingegneristiche – dicono gli autori dello studio – . In particolare nella robotica, nella tecnologia stealth, nelle protesi e per il funzionamento sicuro di molti impianti critici, un collegamento ottimizzato simile a quello della coda della lucertola può fare molto per proteggere un componente o un dispositivo costoso da spostamenti o incidenti imprevisti”.

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