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Mix di farmaci blocca il cancro al seno resistente in test di laboratorio: speranze per cura

Un team di ricerca internazionale ha dimostrato che la combinazione di due farmaci, inibitori di specifici enzimi, è in grado di bloccare la crescita del cancro al seno resistente in cellule in coltura e in modelli murini malati.
A cura di Andrea Centini
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Gli scienziati hanno scoperto che la combinazione di due farmaci simili è più efficace del singolo nel combattere il cancro al seno, la malattia oncologica più diffusa al mondo, con oltre 2 milioni di nuove diagnosi ogni anno. Sebbene le speranze di guarigione sono aumentate sensibilmente negli ultimi anni, ci sono ancora forme della neoplasia resistenti e difficili da trattare, come il carcinoma mammario triplo negativo, inoltre il rischio di recidiva continua a essere significativo, sebbene alcune recenti terapie riescano a ridurlo. Per questa ragione i ricercatori sono costantemente a caccia di nuovi farmaci e combinazioni di principi esistenti per combattere in modo più efficiente la malattia, abbattendo al contempo la tossicità della chemioterapia.

In un nuovo studio è stato scoperto che la combinazione di inibitori CDK2 con inibitori CDK4 o CDK6, farmaci ampiamente utilizzati in oncologia, è efficace nell'arrestare la crescita di tumori mammari che non rispondono al singolo farmaco. A condurre lo studio è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università del Colorado di Boulder, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Guangzhou Laboratory (Cina), del Molecular Oncology Programme – Spanish National Cancer Research Centre di Madrid (Spagna), della casa farmaceutica Pfizer e di altri istituti. I ricercatori, coordinati dalla professoressa Sabrina L. Spencer, docente presso il Dipartimento di Biochimica e dell'Istituto BioFrontiers dell'ateneo statunitense, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver provato le combinazioni di farmaci su colture di cellule tumorali e in topi affetti da cancro al seno.

I ricercatori hanno spiegato in un comunicato stampa che gli enzimi chiamati chinasi ciclino-dipendenti (CDK) sono coinvolti nel ciclo di crescita, nella divisione e nella replicazione di tutte le cellule. Ciascuno dei CDK svolge un ruolo specifico, con CDK4 e CDK6 coinvolti nell'avvio di questi cicli fondamentali. “Quando i CDK diventano sovraespressi o disregolati, possono guidare la formazione del tumore”, spiegano gli autori dello studio. Da alcuni anni le principali autorità sanitarie come la Food and Drug Administration (FDA) e l'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) hanno approvato alcuni farmaci specifici per inibire gli enzimi CDK4 e CDK6, come il Palbociclib, il Ribociclib e l'Abemaciclib. Si tratta di principi efficaci per molti pazienti con cancro al seno, ma alcuni non rispondono al trattamento. Per questo motivo la professoressa Spencer e colleghi hanno iniziato a studiare combinazioni con diversi inibitori, svolgendo ciascuno di essi un ruolo specifico nel ciclo di vita delle cellule, sia quelle sane che quelle malate.

Si sono concentrati sugli inibitori del CDK2, che in passato avevano dato risultati contrastanti in test di laboratorio (inizialmente risultavano efficaci, ma le cellule tumorali nel giro di un paio d'ore riuscivano ad aggirarne gli effetti e a replicarsi con più slancio). Nel nuovo studio gli scienziati hanno scoperto che combinando gli inibitori CDK2 con i CDK4 e CDK6 è possibile fermare la crescita dei tumori sulle piastre di Petri e in modelli murini con carcinoma mammario. Secondo gli autori della ricerca l'uso di CDK2 potrebbe essere raccomandato per quei pazienti che non rispondono ai farmaci già approvati e disponibili da anni. “La nostra ricerca suggerisce che si può potenzialmente avere un trattamento più efficace combinando questi nuovi inibitori CDK2 in fase di sviluppo clinico con un farmaco già esistente”, ha spiegato la professoressa Spencer. Per averne conferma sarà necessario avviare degli studi clinici approfonditi. I dettagli della ricerca “Rapid adaptation to CDK2 inhibition exposes intrinsic cell-cycle plasticity” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Cell.

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