Microplastiche nei fluidi riproduttivi umani, le più rilevate arrivano dalle padelle antiaderenti

Che le microplastiche abbiano invaso anche i fluidi riproduttivi di uomini e donne non è purtroppo una novità, considerando le crescenti evidenze della loro presenza nel liquido seminale e in quello follicolare (il fluido in cui crescono gli ovuli) e del loro accumulo in diversi tessuti, inclusi quelli di organi come cuore e cervello. Un nuovo studio ha però identificato quali sono le microplastiche che più spesso si trovano nel fluidi riproduttivi umani, fornendo informazioni essenziali per valutare i rischi che queste minuscole particelle di plastica possono rappresentare per la nostra salute riproduttiva.
I primi risultati di questa nuova indagine, presentati al 41° Congresso annuale della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE) e anticipati in un abstract pubblicato sulla rivista Human Reproduction, indicano che tra le diverse microplastiche più frequentemente riscontrate nei fluidi riproduttivi umani, quello più spesso rilevato è il politetrafluoroetilene (PTFE), il polimero usato nel rivestimento antiaderente (teflon) di padelle e tegami. La presenza di questo polimero microplastico è stata riscontrata nel 31% dei campioni di liquido follicolare e nel 41% dei campioni di liquido seminale analizzati dagli studiosi, che hanno spesso trovato anche microplastiche di polietilene tereftalato (PET), polistirene (PS), poliammide (PA), polipropilene (PP) e poliuretano (PU), sebbene in percentuali inferiori.
Quali sono le microplastiche trovate più spesso nei fluidi riproduttivi umani
Le microplastiche più frequentemente trovate nei fluidi riproduttivi umani includono un’ampia gamma di polimeri plastici di uso comune, la cui presenza è stata attribuita alla loro facile penetrazione nell’organismo attraverso l’ingestione, l’inalazione e il contatto cutaneo. Queste microplastiche includono il politetrafluoroetilene (PTFE) che, come detto, è stato il polimero plastico più frequentemente riscontrato, ma anche il polistirene (PS), il polietilene tereftalato (PET), la poliammide (PA), il polipropilene (PP) e il poliuretano (PU).
Ciò che ha però sorpreso i ricercatori, più della loro presenza nei fluidi dell’apparato riproduttivo umano, è stata la frequenza con cui queste microplastiche sono state identificate: su 51 campioni di fluidi riproduttivi umani (29 donne e 22 uomini), le microplastiche erano presenti nel 69% dei campioni di liquido follicolare e nel 55% dei campioni di liquido seminale.
In particolare, dalle analisi sui campioni di liquido follicolare è emerso che:
- il polimero più frequente è il politetrafluoroetilene (PTFE), presente nel 31% dei campioni
- il polipropilene (PP), il polimero ampiamente utilizzato nella produzione di imballaggi (bottiglie, contenitori, tappi, pellicole, sacchetti per alimenti…) ma anche nell’edilizia (tubi), nell’arredamento e elettronica, è il secondo polimero microplastico più comune, riscontrato nel 28% dei campioni;
- seguono il polietilene tereftalato (PET), il più popolare materiale di bottiglie di platica e contenitori per alimenti, presente nel 17% dei campioni, quindi la poliammide (PA), il polietilene (PE), il poliuretano (PU) e il polistirene (PS), rilevati rispettivamente nel 14%, 10%, 10% e 7% dei campioni.
Nei campioni di liquido seminale maschile:
- Il PTFE è emerso nuovamente come il polimero più diffuso, identificato nel 41% dei campioni;
- Altri polimeri rilevati includevano PS (14%), PET (9%), PA (5%) e PU (5%).
Microplastiche nei fluidi riproduttivi umani e rischi per la fertilità
Gli effetti delle microplastiche sulla salute riproduttiva umana sono ancora in fase di studio, sebbene alcune prove abbiano già suggerito che queste minuscole particelle di plastica possono avere diversi impatti negativi nei tessuti in cui si accumulano. “Quello che sappiamo dagli studi sugli animali è che le microplastiche possono indurre infiammazione, formazione di radicali liberi, danni al DNA, senescenza cellulare e alterazioni endocrine – ha precisato l’autore principale dello studio, il dottor Emilio Gomez-Sanchez del laboratorio di riproduzione assistita Next Fertility di Murcia, in Spagna – . È possibile che possano compromettere la qualità degli ovuli o degli spermatozoi negli esseri umani, ma non abbiamo ancora prove sufficienti per confermarlo”.
Il team guidato dal dottor Gomez-Sanchez prevede di estendere la propria analisi a una coorte più ampia, includendo questionari dettagliati sullo stile di vita e sull’esposizione ambientale, con ulteriori fasi del progetto che esploreranno anche la potenziale relazione tra la presenza di microplastiche e la qualità degli ovociti e degli spermatozoi.
“In questa fase, non c’è motivo di allarmarsi – ha aggiunto l’esperto – . Le microplastiche sono solo uno dei tanti elementi che possono svolgere un ruolo nella fertilità, anche se è sensato considerare i modi per ridurre la nostra esposizione a queste particelle. Semplici accorgimenti, come utilizzare contenitori di vetro per conservare e riscaldare gli alimenti o limitare la quantità di acqua che consumiamo da bottiglie di plastica, possono aiutare a minimizzarne l’ingestione”.