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L’inquinamento acustico fa molto male agli animali: le conseguenze e come proteggerli

L’inquinamento acustico rappresenta un problema significativo per la nostra salute e quella degli altri animali. Cosa rischiano e cosa possiamo fare.
A cura di Andrea Centini
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Uno studio danese pubblicato nel 2021 sull'autorevole rivista scientifica The British Medical Journal ha dimostrato che le persone esposte all'inquinamento acustico (nello specifico a quello del traffico stradale e ferroviario) hanno un rischio superiore di sviluppare il morbo di Alzheimer, la principale e più diffusa forma di demenza al mondo. La ricerca “Noise exposure and public health” ha invece evidenziato che esistono diverse prove scientifiche sul legame tra l'esposizione al rumore e varie condizioni di salute, che spaziano dai problemi all'udito all'ipertensione, passando per stress, disturbi del sonno e cardiopatia ischemica, fino all'impatto negativo sul rendimento scolastico e lavorativo. Per tutte queste ragioni i rumori potenzialmente dannosi (come quelli di un concerto o di un cantiere) sono rigidamente regolamentati per proteggere la salute umana. Anche gli animali soffrono le conseguenze dell'inquinamento acustico determinato dalle attività umane, spesso molto più di noi, ma senza ricevere le medesime “attenzioni” per tutelarli.

La ricerca in questo campo è approfondita solo per alcuni animali (ad esempio i cani), ma un nuovo studio pubblicato su Frontiers in Veterinary Science ha voluto far luce su come il suono può danneggiare gli animali domestici e confinati, come quelli ospitati nei rifugi, negli zoo e nelle fattorie. I ricercatori coordinati dalla professoressa Fay E. Clark, membro del Gruppo di ricerca sull'ecologia comportamentale dell'Anglia Ruskin University di Cambridge (Regno Unito), non si sono limitati a valutare l'intensità del suono (i decibel, in pratica), ma anche l'impatto delle varie sorgenti sonore, la frequenza e la durata del disturbo. In un articolo pubblicato su The Conversation gli scienziati hanno sottolineato che nel Regno Animale la percezione uditiva spazia “dall'ecolocalizzazione degli ultrasuoni a frequenza molto alta (>20.000 Hz) nei pipistrelli e nei delfini agli infrasuoni a frequenza molto bassa (<20 Hz) negli elefanti”, mentre quella umana si trova praticamente nel mezzo, tra ultrasuoni e infrasuoni.

A causa degli studi limitati si sa poco su come l'inquinamento acustico influenzi le singole specie, ma sono state fatte scoperte piuttosto significative. Nei topi, ad esempio, un rumore forte può danneggiare l'udito in modo permanente, esattamente come può avvenire nell'uomo (in guerra tra i traumi più comuni figurano proprio quelli all'udito, ad esempio a causa delle esplosioni). Durante questa esperienza i topi provano dolore poiché si comportano in maniera diversa se trattati con o senza antidolorifici. L'esposizione ai rumori riduce anche le capacità cognitive, la memoria e l'apprendimento. Negli animali selvatici, spiegano la professoressa Clark e i colleghi, i forti rumori possono avere un impatto negativo sulla fertilità e sulle rotte migratorie, oltre a essere fonte di stress cronico che può comportare altri problemi di salute. Gli animali selvatici nella maggior parte delle circostanze possono allontanarsi (non senza conseguenze) dalle fonti di disturbo, mentre quelli allevati e confinati sono “obbligati” a sopportare. I forti rumori li espongono al dolore, alla paura e ai disturbi cognitivi, spiegano gli autori dello studio.

Nei pesci ospitati negli acquari, ad esempio, le vibrazioni sonore possono danneggiare la vescica natatoria, con conseguenze su galleggiamento e udito. Il trasporto stradale del bestiame compromette in modo significativo il benessere a causa delle significative vibrazioni, mentre i forti rumori possono far bloccare dalla paura le galline. Tutti i proprietari cani conoscono bene gli effetti nefasti dei temporali sui nostri amici a quattro zampe, che iniziano a cercare riparo e conforto. A causa dei rumori prolungati animali come rane e uccelli possono “alzare il volume” delle vocalizzazioni per farsi ascoltare, ma questi cambiamenti nel comportamento (non ancora del tutto compresi) possono avere conseguenze significative.

Lo studio “Management of noise fears and phobias in pets” indica che ci sono diversi metodi per proteggere i propri animali domestici dai forti rumori, come feromoni sintetici e giocattoli specifici, ma è possibile ridurre i rischi anche adottando comportamenti più attenti, ad esempio durante le pulizie di casa e il giardinaggio. Durante gli eventi che producono molto rumore (come i temporali e gli odiati botti di Capodanno) è importante creare degli spazi isolati acusticamente, utilizzando tessuti morbidi e spessi per attenuare la propagazione delle onde sonore. Materiali come vetro e metallo ne favoriscono la diffusione, mentre cuscini e coperte le attutiscono, per questo gli scienziati suggeriscono di “arredare” le cucce degli animali con oggetti idonei.

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