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Intelligenza artificiale (IA)

L’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro mette a rischio le donne: i dati

Sebbene le donne iscritte nei corsi di laurea in ambito scientifico stiano aumentando, sono ancora pochissime (15%) quelle che decidono di specializzarsi in ambito informatico, il settore di cui si avrà più bisogno quando la trasformazione del lavoro prodotta dall’intelligenza artificiale sarà concluso. Il punto della situazione in Italia spiegato da Guido Borsani, presidente di Fondazione Deloitte.
Intervista a Guido Borsani
Presidente di Fondazione Deloitte
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Secondo un rapporto pubblicato a luglio 2023 dal McKinsey Global Institute, una società leader nel settore della consulenza finanziaria, entro il 2030 il 30% delle ore attualmente lavorate negli Stati Uniti verranno automatizzate dall'intelligenza artificiale generativa. In termini pratici questo significa una massiccia perdita di posti di lavoro.

Tuttavia, stando alle previsioni attuali, i mutamenti che stanno per investire il mondo del lavoro penalizzeranno alcune categorie più di altre: tra quelle che rischiano di pagare il prezzo più salato ci sono le donne. Se è infatti vero che molti posti di lavoro scompariranno, tanti altri verranno creati proprio dall'introduzione dell'Intelligenza artificiale (Ia). Tuttavia, i profili richiesti a ricoprire questi ruoli saranno quelli con una formazione in ambito informatico, dove le donne sono ancora vittime del gap di genere.

Il tema della scarsa presenza delle donne nelle discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) è noto da tempo: sebbene in ambito scientifico la presenza femminile abbia recuperato terreno – le donne costituiscono il 58% del totale degli studenti in ambito scientifico – resta un forte divario nelle discipline informatiche: qui solo poco più di uno studente su dieci è donna (il 15% del totale).

A Fanpage.it ha spiegato le cause e le possibili soluzioni del problema Guido Borsani, presidente di Fondazione Deloitte, che dal 2021 ha attivato l'Osservatorio STEM. Ogni anno l'Osservatorio Stem fa il punto sullo stato delle studentesse e studenti italiani iscritti ai corsi STEM. A marzo 2024 è stato pubblicato il terzo report, da cui abbiamo ripreso i dati sopra citati.

Nonostante il recupero nelle altre facoltà scientifiche, le donne in ambito informatico continuano a essere in netta minoranza: dove possono essere rintracciate le cause di questa differenza?

Un motivo fondamentale di questo gap risiede nei bias e negli stereotipi di genere che fin dall’infanzia impattano su bambini e bambine con effetti che si ripercuotono sui percorsi e sulle scelte di vita. Per quanto riguarda l’informatica, i modelli di riferimento – finora – sono stati prevalentemente maschili, come Bill Gates, Steve Jobs o Alan Turing. Per questo uno dei nostri progetti più importanti è stato la donazione alla città di Milano della scultura dedicata a Margherita Hack, la prima opera d’arte su suolo pubblico che raffigura una donna di Scienza in Italia.

Dati i cambiamenti nel mondo del lavoro che l'IA apporterà presto, alcuni studiosi hanno sottolineato che saranno proprio le donne le più svantaggiate. È un rischio reale?

In un mondo in cui la conoscenza tecnologica è sempre più importante, il gender gap in ambito STEM risulta particolarmente problematico, perché rafforza le disuguaglianze tra donne e uomini e allontana l’obiettivo della parità. E per quanto riguarda l’ambito Informatica e Tecnologie ICT, purtroppo, il gender gap in Italia è ancora molto ampio.

Speghiamolo con i numeri.

Le donne che si dedicano a questi studi sono una minoranza nella minoranza: in Italia, infatti, gli studenti iscritti a corsi di laurea in ambito “Informatica e Tecnologie ICT” sono solo l’8% del totale degli studenti STEM. E all’interno di questo 8% solo il 15% è costituito da studentesse. Ma nello scenario di oggi è sempre più importante incentivare e valorizzare l’apporto femminile nel mondo della scienza e della tecnologia: la domanda di competenze STEM continuerà ad aumentare e sarà uno dei principali elementi di competitività del Paese.

Fare a meno del talento delle donne in questo ambito significa mancare un’occasione epocale per la crescita e il benessere dell’Italia. Inoltre, in un mondo in cui la trasformazione tecnologica sta plasmando nuovi scenari – si pensi alla grande discussione sull’AI del 2023 – il contributo delle donne è irrinunciabile per orientare lo sviluppo tecnico-scientifico in senso inclusivo e sostenibile.

Dalla vostra ricerca è emerso che persistono i bias di genere in queste discipline: negli ultimi anni le cose stanno migliorando?

Negli ultimi decenni sono stati fatti grandi passi in avanti e la cultura del nostro Paese è molto cambiata. Tuttavia, rimane ancora molta strada da fare: sul totale degli studenti STEM la percentuale di donne è rimasta quasi invariata, dal 2012 al 2022, rimanendo ferma al di sotto del 40% (37%). Inoltre, dal nostro ultimo report emerge che i bias legati al genere sono ancora diffusi: secondo 7 studenti intervistati su 10 esistono ancora stereotipi di genere che ostacolano la partecipazione delle donne ai percorsi STEM. Inoltre, quasi un lavoratore su due (49%) afferma di aver assistito a una qualche forma di discriminazione di genere sul luogo di lavoro.

Le donne laureate nelle professioni STEM hanno voti in media migliori, eppure il mondo del lavoro continua a penalizzarle. Da cosa sono influenzate queste scelte aziendali? 

Le aziende oggi hanno un enorme fabbisogno di competenze STEM e sarebbe paradossale pensare che in queste condizioni ci sia ancora discriminazione tra uomini e donne al momento dell'assunzione. Il gender gap, in effetti, si vede soprattutto quando si sale ai vertici delle organizzazioni: più si va in alto e meno donne ci sono. Si tratta di una dinamica che non riguarda solo le aziende o l'ambito STEM, ma che, certamente, si fa sentire molto in un ambiente che finora è stato a larghissima predominanza maschile, per questo è importante promuovere iniziative a favore delle donne in questo ambito.

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