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L’Europa sta diventando grigia, il report: “Perdiamo 600 campi da calcio di verde al giorno”

Un’indagine condotta da un gruppo internazionale di 41 giornalisti, con la collaborazione di esperti e istituti di ricerca, ha calcolato quante aree naturali e coltivate ha perso l’Europa in cinque anni: “Il motore di tutto questo è la ricchezza, non l’aumento della popolazione”.
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In cinque anni l'Europa ha perso circa 9.000 chilometri quadrati di verde, tra aree naturali e campi coltivati, a causa della cementificazione. Parliamo dell'equivalente di 600 campi da calcio al giorno. A lanciare l'allarme sui rischi del consumo di terre in Europa è il report "Green to Grey", letteralmente "da verde a grigio", realizzato dall'Arena for Journalism in Europe (Arena), un progetto di giornalismo internazionale a cui hanno aderito 41 giornalisti e un totale di 11 testate di tutta Europa.

I dati preoccupanti emersi da questa indagine internazionale sono diversi. Per prima cosa, i risultati di questo lavoro mostrano che "le terre non sviluppate in Europa stanno scomparendo a una velocità 1,5 volte superiore a quella stimata dall'Agenzia Europea per l'Ambiente (AEE)", anche se la maggior parte dei terreni tolti alla natura (o alle aree coltivate) sono destinati alla costruzione di case o strade pubbliche, in più casi il consumo di terre è finalizzato a progetti edilizi lussuosi ed eccentrici a beneficio di una stretta minoranza, spesso anche occupando aree protette.

Cosa ha rivelato l'indagine

L'indagine, condotta dal gruppo Arena, in collaborazione con la Norwegian Broadcasting Corporation (NRK) e il Norwegian Institute for Nature Research (NINA), ha analizzato come sono cambiate le aree verdi in Europa (non solo l'Unione europea, ma anche la parte europea della Turchia) non solo quelle naturali ma anche quelle occupate dai campi coltivati negli ultimi anni, misurando quante di queste sono state trasformate in aree "grigie", ovvero in spazi destinati alla cementificazione. Secondo quanto riferisce il report, tra gennaio 2018 e dicembre 2023, abbiamo perso circa 9.000 chilometri quadrati, un'area delle dimensioni di Cipro.

Di questa enorme superficie, la maggior parte è rappresentata dalle aree naturali, che in base a quanto visto nei cinque anni di osservazione vengono distrutte con un ritmo stimato di circa 900 chilometri quadrati all'anno, ma una parte significativa è rappresentata anche dai terreni agricoli. Di questi infatti perdiamo circa 600 chilometri quadrati all'anno. Questo significa rinunciare non solo a spazi vitali per la fauna selvatica e per gli ecosistemi, ma anche ad aree che finora erano destinate alla produzione di cibo.

I danni causati dalle costruzioni su piccole scale

I dati emersi da questa indagine rivelano un'emergenza anche più grave di quella che si potrebbe stimare dall'attività di monitoraggio condotta finora dall'Agenzia europea per l'ambiente. Gli autori del report spiegano infatti che i metodi impiegati da quest'ultima tengono conto soltanto di progetti di costruzione su larga scala, escludendo le aree inferiori a 50.000 metri quadrati, l'equivalente di circa cinque campi da calcio. Mentre nel loro lavoro i giornalisti di Arena e gli esperti che hanno collaborato al progetto hanno sviluppato una tecnologia in grado di "catturare costruzioni molto più piccole, così come molte strade e ferrovie strette". Questo permette di misurare nell'insieme "i gravi impatti delle perdite della natura e dei terreni agricoli su piccola scala". Un problema che Jan-Erik Petersen, esperto di ecosistemi dell'AEE, ha definito "a combustione lenta".

"Se permettiamo a queste perdite su piccola scala di accadere continuamente, rischiamo di portare il sistema a un collasso completo. Stiamo letteralmente rischiando la nostra salute e sicurezza", ha commentato Guy Pe'er, biologo della conservazione del German Centre for Integrative Biodiversity Research (iDiv).

Oltre ai rischi legati alla costante eliminazione di spazi naturali, sia in termini di perdita di biodiversità che di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, il report pone l'attenzione su un dato: non sempre gli spazi verdi, sia naturali che coltivati, vengono soppiantati da opere di interesse pubblico. Nei cinque anni analizzati non sono mancati i casi in cui la distruzione di aree verdi, spesso anche in contesti incontaminati, a volte perfino in aree protette, è servita a realizzare opere che rispondono agli interessi, economici o di svago, di minoranze molto piccole.

Da cosa vengono sostituite le aree verdi distrutte

Il report cita centri commerciali, industrie e hotel lussureggianti. Tra quelli più eclatanti ci sono un resort per golf costruito in una riserva naturale in Portogallo, un porto per yacht di lusso in una zona umida in Turchia, ma a minacciare le aree verdi europee sono anche gli interventi su piccola scala, come quelli segnalati in Lapponia per soddisfare le richieste dei turisti. Il turismo è un problema anche in Italia: "I giornalisti – scrivono -hanno scoperto che il Lago di Garda, un hotspot di biodiversità di fama mondiale, viene invaso da sviluppi in nome del turismo sostenibile".

Anche se la costruzione di alloggi e strade resta la prima causa dietro la distruzione delle aree verdi e il consumo della terra, diversi esperti intervistati nell'ambito del report sostengono che il vero motore dietro a questo fenomeno sia la ricchezza, e non l'aumento della popolazione, che spinge alla costruzione "non solo di cose essenziali, ma anche di cose inutili, dai campi da golf a piste da sci artificiali". Peter Lacoere, docente e ricercatore in architettura all'University College di Ghent, è uno di questi: "Queste immagini sono la rappresentazione dura di come lottiamo per contenere il consumismo occidentale".

I Paesi che consumano più terre

L'analisi condotta su questi cinque anni ha permesso anche di calcolare quale Paese sta consumando più terre. Nella classifica stilata nel report, il Paese che in assoluto ha perso più terreno è la Turchia, con 1.860 chilometri quadrati persi, seguita da Polonia e Francia. L'Italia è al sesto posto con 479 chilometri quadrati di terre naturali distrutte nei cinque anni considerati, dal 2018 al 2023. Ma dallo studio è anche emerso chiaramente che nessun Paese è immune da questo processo, con tutti i Paesi europei che continuano a perdere le loro aree naturali e coltivate.

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